Dintorni di Mestre

Da un documento fornito dalla Biblioteca di Zelarino.


a cura di Aldo Ghioldi

Mestre negli anni 1950 - 60 raddoppiò, giungendo alla entità di centomila abitanti. Questo aumento di abitanti innescò un processo di urbanizzazione anche nella zona della Cipressina. Com’era questa località, prima degli anni ‘60, lo testimonia ai “Quaderni del gruppo storico culturale Jacopo Filiasi di Trivignano” don Giuseppe Marigo, allora (1960) parroco di Cipressina.























































La Villa alla Cipressina









































Molino Ronchi - anni ‘60






























Pira piroea = falò propiziatorio di buon raccolto.

Pan e vin = cerimonia propiziatoria di buon raccolto del grano e dell’uva.

Borea = gioco ormai smesso. Con la grossa e pesante boccia di legno si tentava di abbattere i 3 "soni" (birilli) posti ad una certa distanza dal punto di lancio. Occorrevano forza e abilità.

Entriamo nel nostro Quartiere dopo il passaggio a livello VE-TS. Sulla destra dopo 70 metri e dalla Castellana distante 50 metri c’era la villa Bellinato con vista sulla statale. La villa era padronale: aveva la gradinata in marmo era costituita da seminterrato, piano rialzato, primo piano e sottotetto. Davanti alla villa c’era un giardino e un boschetto di carpini con un vialetto centrale.
A destra e adiacente alla villa c’era la fabbrica della Barchessa. Poco prima del termine della barchessa c’era un portico alto per il passaggio dei carri, proseguendo si arrivava davanti alle stalle. Dopo le stalle c’era l’abitazione della famiglia Scaggiante detta "Ferro" che lavorava la proprietà a mezzadria.
Si accedeva al complesso da un viale ampio e carrabile: questo viale ora è la sede stradale di via Olivolo. Si ricorda che l’accesso alla villa non era mai chiuso: c’era un ponte sul fossato, due grossi pilastri in pietra e i cancelli in ferro battuto che erano sempre aperti. L’ultima proprietaria abitante la villa fu Bellinato Margherita Maria da tutti chiamata "paronsina": morì nubile nel 1955, il 12 settembre.
I Bellinato erano proprietari terrieri provenienti da Trivignano. La campagna della "paronsina" confinava a est con la linea ferroviaria e a nord con la campagna del cugino Emilio che aveva come confine est il Terraglio. Tutto il complesso fu demolito nel 1956 e al posto della vecchia villa ora c’è la nuova villa Bellinato.
Il fossato a destra della villa Bellinato segnava il confine con villa Elena e l’annessa Chiesetta: l’edificio e il terreno circostante sono di proprietà del Demanio e concessi in uso alla Curia Patriarcale. La Chiesetta, dedicata a S. Antonio, funzionò prima come "curazia" con don Antonio Sembiante, poi con don Giuseppe Marigo fu sede provvisoria della "parrocchia" prima intitolata a S. Gregorio Barbarigo. Vi si celebrarono le SS. Messe fino al 1962. Nello stesso anno fu inaugurata la nuova chiesa parrocchiale di Cipressina dedicata a "S. Lorenzo Giustiniani" in via Olivolo.
Villa Elena fu un deposito militare di igiene e profilassi; durante la prima guerra mondiale funzionò come ospedale militare, quindi fu per molto tempo un deposito sanitario.
Ora è denominata "Casa Card. Urbani" e funziona come pensionato femminile e centro di incontro e di studi per il clero veneziano. Dietro e oltre la detta proprietà demaniale, tutto era della "paronsina" Bellinato la cui tenuta arrivava sino a poco prima di via del Gazzato.
Dove ora esiste un condominio con negozi (dopo villa Elena) c’era una casetta affittata dalla "paronsina" ai sigg. Scattolin e De Lazzari. Nel cortile c’era un pozzo con la "vera" in marmo semplice, con il ferro e la carrucola.
Si arriva in via del Gazzato, sul lato destro, c’era la famiglia Vianello, commercianti di frutta e verdura che però, per il trasporto, si servivano di terzi; poi la famiglia Niero Romeo che faceva la raccolta del latte, presso le famiglie della zona, e che poi portava al Consorzio di via S.Donà a Carpenedo.
Risiedevano, più avanti, le famiglie Mazza-ro-Zancanella la cui abitazione si trova tuttora tra le attuali scuole elementari "Munaretto" e la palestra della nuova media "G. Marconi".
Poi si incontrava la casa della famiglia Vesco, agricoltore (avevano anche molti animali liberi: capre, pecore, pavoni, oche, colombi, faraone, ecc.). Oltre c’era l’abitazione di... detto "Cian". Poi tutto scoperto-coltivato sino alla fine della strada.
Fronte strada c’erano e vi sono le famiglie Scantamburlo detti "Prussia", carriotti, trasportatori di materiali vari con carri e cavalli.
Sul lato sinistro di via del Gazzato c’erano tutti campi fino alla fine della strada dove abitavano le famiglie già nominate. Si deve aggiungere che sulla sinistra delle case Scantamburlo, c’era una servitù di passaggio per l’abitazione dei Bovo, contadini-ortolani. Durante la seconda guerra mondiale la via del Gazzato era rifugio della popolazione locale specie per le incursioni dei "Pippo", aerei inglesi ricognitori.
Da via del Gazzato sino all’attuale via Magnasco c’era, sul bordo della strada, una siepe sempre ben curata. All’interno, da via del Gazzato fino all’attuale negozio di ottica Chinellato era tutto pioppeto, custodito dalla famiglia Franzolin Emilio, agricoltore. Ad una decina di metri dall’abitazione del sig. Franzolin c’era, sulla Castellana, una fontana a base quadra.
La casa abitata dal Franzolin era di proprietà del notaio Roncalli Giacomo. Detta casa padronale aveva due piani, era dipinta di rosso, aveva merlature a castello e poggioli in legno colorati di verde. Si accedeva alla proprietà dalla Castellana a mezzo di un ponte di pietra oltre il quale un cancello di color verde con sopra una campanella era sostenuto da due pilastri in mattoni. Davanti alla casa-palazzo c’era il pozzo con la vera di marmo, in mattoni sfaccettati, l’arco in ferro battuto.
Si passa alla villa "La Cipressina". Allora era di proprietà del prof. Volo (otorinolaringoiatra) primario all’ospedale di Mestre. Il giardino era sempre ben curato con rose di vario tipo.
Subito dopo c’erano campi coltivati a produzioni varie con bellissimo vigneto attrezzato a "Biussera", il terreno era ottimo per le varie coltivazioni, essendo di "Caranto".
Questi campi erano condotti a mezzadria dalle famiglie Pistolato detti "Bijetto" le cui abitazioni erano situate a 500 metri dalla Castellana. La casa colonica era grande, con portico a barco. I proprietari furono i sigg. Paccagnella sino al 1948, poi i fratelli Monti di Maserada.
Oltre detta abitazione colonica, c’è la linea ferroviaria Venezia-Treviso.
Si ritorna alla ferrovia Venezia-Trieste e si esamina il lato sinistro della strada Castellana verso Zelarino.
Dopo la ferrovia c’erano campi sino alla casetta di Tombacco Natale ex dipendente delle Ferrovie. Un ponte sul fossato, portava alle abitazioni delle seguenti famiglie:
- Simionato Berto che lavorava alla "Pedavena" presso il deposito di Mestre in via Manin; -Maguolo Giuseppe, car-riotto "dipendente della ditta Scantamburlo Ennio";
- Scantamburlo Aurelio che con carri e cavalli trasporta di tutto un po’. Il sig. Aurelio esigeva dai suoi dipendenti la massima pulizia del piazzale antistante la propria
abitazione: aveva circa quaranta animali da tiro (cavalli e muli) e lo sterco doveva essere sempre e subito eliminato. I carri erano trainati dai cavalli, il mulo si agganciava al di fuori della pariglia per lo "sprint" iniziale.
Questa ditta ha contribuito a costruire il cavalcaferrovia di Trivignano con il trasporto di materiale vario. La linea ferroviaria fu costruita dai tedeschi nel periodo bellico e il cavalcavia risale al 1945.
L’abitazione del sig. Scantamburlo Aurelio, con gli anni è stata trasformata in trattoria "da Favaron" detto "Ice" con bar e tabacchi.
Il sig. Favaron Gino, già carabiniere, poi calzo-laio a Mestre, fu proprietario della omonima trattoria.
Oltre queste abitazioni c’è il fiume Marzenego e una parte del suo corso, in questo luogo, era detto il gorgo "dei 7 negai" (annegati).
Seguivano campi seminati a erba sino all’attuale tangenziale dove c’era un grande fossato che serviva da scolmatore nei periodi di piena del Marzenego.
Dopo qualche decina di metri, la prima casa che si incontra era abitata da Milan Fausto, noto per la bella voce da baritono e dalla moglie signora Rita Carnio nota come ricamatrice: morirono assieme al figlio, la nuora e il nipote in un incidente stradale sulla tangenziale nel 1980.
Si giunge in via del Gaggian - sul lato destro c’è l’entrata della famiglia Ferrante.
Il capo famiglia era noto per la sua motocicletta rossa "Benelli". Poi vi erano le varie abitazioni occupate dai sigg. Deppieri, Cacco, Vecchiato, Coi, Franchi, Mares, Bertocco e Cinto.
Al centro e al termine della strada c’è l’edificio del mulino "Carpenedo".
La Società tranvie di Mestre installò sulla riva destra del Marzenego una turbina per la produzione di energia elettrica necessaria alla sua rete avendo realizzato la linea Mestre-Treviso. Detta turbina fu utilizzata però per soli due anni: 1910-1911. Dati i costi, la S.T.M. rinunciò a produrre in proprio l’energia, risultando più conveniente allacciarsi alla rete della società elettrica "Cellina".
La turbina faceva funzionare anche il mulino.
Viene raccontato che prima del 1910 per l’assistenza e la manutenzione degli ingranaggi del vecchio mulino si chiamava l’artigiano sig. Pupinato di Quinto di Treviso che si fermava per settimane, talvolta un mese, e si doveva provvedere a lui e agli operai della sua squadra per il vitto e l’alloggio. Si doveva pure procurare il legno adatto: di melo o di sorbo.
Nel 1938 il mulino fu acquistato dal sig. Carpenedo Pietro proveniente da Mogliano, via Casoni, commerciante. La venditrice fu la signora Prevedello che lo aveva avuto in eredità dai fratelli. Allora il fittavolo-mugnaio era il sig. Tonello Aquilino e il contratto scadeva nel 1942. Nel 1943 subentrò a condurre il mulino il proprietario sig. Carpenedo Pietro che lavorò usando della forza motrice della Turbina fino al 1950 circa.
Poi si allacciò alla rete elettrica e negli anni cinquanta cercò di potenziare la sua attività.
I Carpenedo avevano un mulo e un carro con le ruote di gomma per la distribuzione della farina a Mestre: vendevano a panifici e a negozi. Nel dopoguerra l’edificio è stato ristrutturato così da non essere ora facilmente riconoscibile. Il mulino lavorò fino al 1972 quando cessò ogni attività.
Dopo il 1972 l’edificio è stato affittato alla ditta Vescovo Valter che lo usò quale deposito di piastrelle sino al 1983/84. Oltre il mulino c’erano le famiglie Longo e Deppieri Nino che avevano la barca sul Marzenego.
Il lato destro di via del Gaggian era tutto scoperto coltivato.
Rientrando sulla Castellana, la prima casa che si trova era abitata dalla famiglia detta "Noè", commerciante di frutta. Dove c’è l’attuale rivendita vini "Premaore-Noale" di Baldan, esisteva un negozio di alimentari gestito da Franchi; nel viottolo laterale abitavano le famiglie Santinon, Neckerman Giuseppe, ex falegname della ditta "Herion" della Giudecca; un autotrasportatore della ditta "Barbato"; Marietto "Venessian" che lavorava presso la ditta "Domenichelli" e Minto operaio alla "Breda".
Si prosegue sulla Castellana e si trovano la famiglia Rebeschini, meccanico, e Trevisanello macellaio a Mestre. In questo posto è sorta la soffieria "Stella". Tra questa casa e l’osteria "da Goea" c’era una casa abitata dalla famiglia Ronchin Mario, operaio alla SAVA, e Trabucco Mario, autotrasportatore.
Dove c’è l’attuale trattoria-taverna "da Baldan" c’era un’osteria detta "da Goea" gestita da Longo "Gegia" dal figlio Longo Giacomo e dalla moglie Favaron Adalgisa "Cisa".
Si accedeva alla proprietà per mezzo di una "passada" (ponte) sul fossato.
C’era uno spiazzo antistante l’edificio.
In questo spiazzo all’Epifania si bruciava la "pira-paroea" e si teneva il "pan e vin".
A metà Quaresima inoltre si bruciava la "vecia" con la lettura del testamento che interessava tutti i clienti abituali dell’osteria.
All’interno dell’osteria il bancone per la mescita era a destra, a sinistra i tavoli per gli avventori. La cucina era a destra dopo il bancone. Sul retro c’era una porta, si scendevano 3-4 gradini e c’erano da un lato il gioco delle bocce e della "borea" e dall’altro un pergolato di viti secolari di uva "Bacò" alla cui ombra trovavano posto tavoli e sedie in legno. La caratteristica di questa osteria era che vi si servivano piatti di stagione: trippa, "bovoletti", "folpi", "seppe", "sparesi coi vovi", "bigoli in salsa" e pasta e fasioi. Il "cesso" era a ridosso del Marzenego, fatto di tavole, con fogna a perdere.
Dall’osteria sino a 100 m. dal passaggio a livello Ve-Tv era terreno tutto coltivato da Trabucco detto "Eti". Poi c’era la casa dei Pavan-Pistolato, calzolaio della zona, oltre c’era terra coltivata, sino al casello ferroviario abitato dai Pagotto.
Allora esisteva la Fermata-Stazioncina per i treni locali (come la stazione di Carpenedo).
Quando si andava al lavoro si portava con sé polenta e fichi, un po’ di "formagella" molle molle, con due tre fette di salame. A volte assieme alla polenta si portava "el scopeton" o "renga" e mezza bottiglia di vino.
Prima della guerra 1940-45 si andava dal "casoin" anche a Trivignano da Mario Antonello detto "Beisato" a "proveder" con il libretto e si pagava ogni 15 giorni o a fine mese.
Durante e dopo la guerra si avevano le tessere annonarie e più di tanto non si poteva comperare, comunque sempre poco per le necessità di una famiglia. Il pane si comperava nel panificio Saccarola che era situato in una vecchia casetta a fianco dell’osteria "Beisato" di Antonello Cesare a Zelarino.
Per la carne si andava a Martellago in una "beccaria" dove si trovava la carne buona, oppure sulla via Selvanese da "Peosin" al confine con Olmo di Maerne.
La farina si prendeva anche al mulino "Cagnin" di proprietà dei Fabris.