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Saper bere...


a cura di Luciano Giacomello

In Francia è chiamato “nouveau”, in Spagna “nuevo”, in Italia novello: è quel tipo di vino rosso dal profumo fruttato e aromatico che compare sulle nostre tavole dopo il sei Novembre.







 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sono molti anni che viene prodotto questo tipo di vino, ma è presumibile pensare che sia stato il primo bevuto dall’uomo. Quando i clan, passati da nomadi a stanziali, ebbero la necessità di raccogliere i frutti della terra per nutrirsi ma anche di conservarli durante il periodo in cui la natura non produceva, misero i grappoli d’uva in recipienti di fortuna. Per ovvia rottura degli acini, avvenne che una certa quantità di mosto, depositandosi e fermentando, provocasse il formarsi di anidride carbonica e quindi le condizioni per ottenere un vino, diverso dalle caratteristiche di quello che normalmente conosciamo, ma pur sempre un vino.
Passarono millenni prima che lo scienziato francese Lavoisier (1743-1749) descrivesse il processo della fermentazione senza peraltro scoprire quale fosse la causa del fenomeno. Fu un suo conterraneo, il biologo Pasteur (1822-1895), che durante i suoi studi sulla conservazione degli alimenti, scoprì che la causa della fermentazione era dovuta all’azione di un numero infinito di micro-organismi, i lieviti e intuì che il vino poteva essere prodotto anche in ambiente anaerobico, sotto l’azione dell’anidride carbonica.
L’intuizione di Pasteur sulla possibilità di produrre vino in ambiente anaerobico, fu ripreso solo mezzo secolo dopo dalla Stazione enologica di Marbonne, centro vinicolo del Midi della Francia e il primo "nouveau" cominciò ad apparire nella zona di Beaujolais, a sud della Borgogna, dove l’uva Gamaj che già produceva il celebre vino da secoli, sembrò essere la più adatta a produrre anche il "nouveau".

La tecnica di vinificazione

In Italia, attualmente, la più diffusa tecnica per produrre il vino novello prevede che le sue uve siano riposte delicatamente in grappoli interi nelle apposite autoclavi, chiuse e sottoposte all’azione dell’anidride carbonica apportata artificialmente. La temperatura non deve superare i 35 gradi centigradi e con temperature attorno ai 20-22 gradi, la macerazione sarà portata a termine in 10-12 giorni.
Il mosto prodotto per schiacciamento naturale dei grappoli sottostanti si lascia depositare sul fondo per almeno due giorni: comincia a fermentare, produce a sua volta anidride carbonica, quindi viene tolto e vinificato a parte. Poi, giorno per giorno, il liquido che si depositerà verrà svinato. Il colore dell’acino durante la macerazione migra dalla buccia alla polpa per effetto delle trasformazioni enzimatiche.
Finita la fase di macerazione carbonica, delicatamente si spreme l’uva e si innescano subito, quasi sempre, sia la fermentazione alcolica sia, alla fine, quella malolattica, che trasforma il restante acido malico in acido lattico (aiutata da un’acidità maggiore rispetto ai mosti tradizionali, con un ph di 0,1-0,15 unità in più).
Se si vuole interrompere la fermentazione, si refrigera il mosto come per le vinificazioni in bianco a –4 gradi centigradi per alcuni giorni: in questo modo si otterranno novelli più fruttati. Il prodotto viene poi chiarificato tramite inoculo di sostanze proteiche (caseinati o albume d’uovo) per togliere anche l’eccesso di tannini ceduti dai raspi. Quindi si esegue una filtrazione, per evitare la formazione di cristalli salini, si imbottiglia.

Le caratteristiche organolettiche

La macerazione carbonica presenta il vantaggio di rendere il vino estremamente caratterizzato e ricco nella gamma aromatica. Le temperature di fermentazione più basse permettono di salvaguardare gli aromi primari delle uve impiegate, quindi un vino novello manterrà molto le caratteristiche dell’aroma del vitigno utilizzato. Inoltre gli aromi secondari (quelli che si formano in seguito alla fermentazione) si moltiplicano e si raffinano, poiché la polpa dell’uva è arricchita dalle sostanze prelevate dalla buccia durante la macerazione. Il loro sviluppo si deve alla decomposizione intracellulare che vede la comparsa, in conseguenza della reazione enzimica, di alcool amilico e isoamilico, trasformati poi in acetato per azione dei lieviti.
L’acetato di isoamile è responsabile dell’aroma di banana e anche di quello eventuale di caramella o big-bubble, marasca molto intensa e a volte dell’acetone e dello smalto per unghie; il cinnamato di etile offre inconfondibili sentori di frutti rossi: fragola, mora, lampone, ribes rosso; l’aldeide cinamica conferisce sentori di speziato orientali: cannella e chiodi di garofano. Senza il caratteristico profumo di cannella si può pensare di aver di fronte un "falso novello" prodotto solo con vino nuovo.
Il novello è un vino dal corpo medio, rotondo, morbido con tannicità mai violenta. Il grado alcolico non supera quasi mai gli 11% vol…
La macerazione carbonica è una fermentazione che rende il vino molto stabile.
Il novello, affinché manifesti le sue caratteristiche odorose, dev’essere bevuto giovane, ma invecchia piuttosto lentamente e anche se perde le sue prerogative, resta comunque un prodotto che difficilmente deperisce in breve tempo.

Il novello che resiste con le sue caratteristiche particolari più a lungo, è quello che contiene tra il 70 e l’80% di vino ottenuto mediante macerazione carbonica. La fase manuale di riempimento e svuotamento delle autoclavi, lunga e lenta, fa lievitare il costo di questo vino.
Se la percentuale di macerazione carbonica è elevata i costi alla cantina si aggirano sui tre euro e cinquanta centesimi a bottiglia. Prodotti venduti sotto tale cifra sono senz’altro derivati da basse percentuali di macerazione carbonica.
La temperatura di servizio è leggermente più bassa di uno o due gradi rispetto a quella di un normale vino rosso giovane.