Racconti | |||||
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di Milo Polles | |||||
Riportiamo due racconti e
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30 righe / 60 battute. | ||||
Buongiorno – e sorride. Ricambio sorridendo. Al tavolo porge il foglio dattiloscritto e aggiunge: 30 righe, vero? Di 60 battute. Annuisco. Allora sono in regola – conclude – Di nuovo e va. Di nuovo e brava! – le sorrido mentre esce. Usiamo un’aula di Scuola Media per raccogliere i racconti brevi di allievi, e degli adulti che frequentano i corsi di recupero per l’attestato finale di 3^ media; altri durante la settimana frequentano incontri a scelta. Il Sig. Preside prevede la caduta della nostra iniziativa Nessuno – sentenzia- usa più la penna per formulare in grafia una sua fantasia. Ma io collaboratore e il prof. che oculatamente cura questa Educazione Permanente siamo presenti. Oltre i vetri delle alte finestre scorrono le numerose macchine automobili sull’asfalto producendo rumori d’intensità distinti, e, per le sirene, si evidenziano Autoambulanze e Vigili del Fuoco. Finisce il pomeriggio. Nessuno arriva. Sono teso. Cerco distrazione. Sosto alla finestra, guardo il via-vai asincrono sulla strada; la luce ha perduto chiarità. Penso di fare la conta delle automobili (Sono imbecille? Forse no, però…). La campanella trilla elettrica: per gli allievi altra ora andata; essi snobbano il tempo, adesso; corrono la vita: la felicità è a pochi passi e le compagne… così graziose! Veloce passa una sirena: smosse sono le foglie più basse dei platani. Un merlo planato sul davanzale occhieggia. Mi avvicino al vetro, ma l’uccello nero vola via; non ha trovato da beccare, eppure ha lasciato un ricordino sul marmo. Cagone…! Il prof. entrando: Dicevi?. A mezza voce io: Oh, salutavo! Chiede: Quanti oggi? Rispondo: Una! Ci guardiamo zitti. Poi usciamo dall’aula. |
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D’ESTATE |
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Spinea, giugno ’96. |
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Estate; già notte, notte bella. L’amico viene ad informarmi dell’incontro anticipato a domani, mentre esco dal portone del condominio. C’incamminiamo nell’ombra artificiale degli alberi tra i fanali che illuminano il marciapiedi un poco dissestato e ravvivano il verde dell’erba nel piazzale.
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Milo Polles nasce nel 1936 nella campagna veneta (proprio al confluire di tre Province: Venezia, Treviso, Udine) da genitori piccolo borghesi. Frequenta le scuole medie a S.Donà di Piave e il ginnasio-liceo a Portogruaro, si iscrive per due anni all’Istituto di Architettura in Venezia. Stabilitosi a Mestre, dal ‘56 lavora a Porto Marghera. Ora vive a Spinea. Malgrado le paure e i terrori dell’ultimo periodo fascista, malgrado l’alunnato nei gruppi cattolici, malgrado la buona educazione familiare, malgrado molti anni di lavoro routinario, ancor ora resta attonito di fronte a quanti accettano passivamente la regola; egli l’accetta solo come momento da superare. E si stupisce sempre di fronte al sole che nasce o tramonta e di fronte ai bambini, inesauribili inventori di vita. E’ polemico: usa la polemica come metodo di chiarimento verso il problema, quindi non polemica sterile e a posteriori, ma come tecnica di ricerca e volontà di sintesi. Questo metodo (in ambito democratico, ricercato e voluto perennemente, e sollecitato da uno smodato desiderio di libertà) attuato quotidianamente, gli crea talvolta intoppi pratici e ripercussioni pure psicologiche (il tutto è detto sinteticamente dai giovani: casini!). Ha svolto anche attività politica. Scrive fin da ragazzo, promuove attività culturali e allestisce mostre (gratuitamente) per gruppi e amici validi artisticamente. E’ scettico su come cambiare il mondo, ma crede che si possa vivere insieme. |