La pagina di Rosetta
di Mario Meggiato

La filosofia è un modo di vivere, una scienza, cioè, che sta sempre con l’uomo, e che sempre l’accompagna, questa scienza risulta essere
la scienza più antica.


Socrate

 

Il sapere non è un sapere e basta… ma un saper-vivere.
Questa frase è di Pierre Hadot, uno dei massimi specialisti contemporanei nel campo degli studi di filosofia antica, in Che cos’è la filosofia antica?(1) ed il vero problema non è dunque il sapere questa o quella cosa, ma l’essere in questo o in quel modo. L’autore si rifà, dunque a Socrate il quale esercita il suo essere non soltanto con le sue domande, la sua ironia, ma soprattutto con il suo modo di vivere ed il suo modo di morire. Se questo sapere, la filosofia, è un modo di vivere, una scienza, cioè, che sta sempre con l’uomo, e che sempre l’accompagna, questa scienza risulta essere la scienza più antica. Non esiste, però, un sapere se non nella scoperta personale che proviene da dentro di sè stessi: infatti vera scienza è soltanto quel sapere che conferisce il giusto ordine all’anima e rende migliore e felice colui che ad esso si dedica…: questo saper e è un bene solo quando è ricondotto e riferito a noi stesi quando diviene propriamente nostro. E’ un bene solo il sapere con il quale siamo in grado di ricercare e trovare, di volta in volta, la giusta misura delle nostre azioni e di noi stessi,(2). Il ruolo del filosofo allora consiste essenzialmente nella promozione del sapere, che, peraltro, è già dentro all’uomo; la funzione del filosofo, inteso socraticamente, è quello di realizzare il bene, meglio ancora l’amore per il bene che si concretizza nella cura di sé e cura degli altri. Emerge, allora, un altro aspetto della filosofia di Socrate, cioè di una filosofia che presuppone la piena partecipazione nella vita della città: Il bene si realizza soltanto all’intermo della città e la cura di sé non si oppone, dunque, alla cura della città. Socrate stesso dirà: io amo imparare, ma la campagna e gli alberi nulla mi insegnano; imparo invece dagli uomini della città.(3)
Non vi è quindi un filosofo che si chiude in sé stesso per trovarvi il bene; il giusto e il buono non può essere , infatti, realizzato in solitudine: non si può essere giusti da soli, poichè se si è giusti da soli si cessa di essere giusti; la cura di sé è dunque indissolubile dalla cura (o preoccupazione) per gli altri. Il filosofare non come attività intesa dai sofisti, ma come attività che ha presente il proprio senso di inadeguatezza e che presuppone il desiderio di saggezza a tal punto di mettere in discussione sè stessi tale atteggiamento, talvolta, può comportare solitudine e dolore, tanto che non può essere conseguenza di un progetto elaborato a tavolino. Inoltre il filosofo va oltre il saggio, in quanto consapevole della propria non saggezza, sa che non potrà mai raggiungerla ma, soltanto, progredire nella sua direzione. Il filosofo assomiglia, dunque, ad un senza dimora, come Eros e come Socrate, sempre sulla strada, sempre, mancante, ma cosciente della mancanza (sa di non sapere).
Come allora percorrere questa strada?; certamente non attraverso un atteggiamento di disimpegno dal nostro mondo, ma assumendosi un compito, ben più gravoso della fuga, non accettando come ‘destino dell’epoca’ al quale è impossibile opporsi, la frammentazione e la spersonalizzazione di noi stessi: significa, ognuno come può, ognuno con la forza che possiede, ognuno portandosi dietro le proprie debolezze, vedere negli uomini e nelle donne che incontra mai una categoria sociale, un ricco, un povero, un insegnante, un imprenditore, ma sempre un uomo unico e irrepetibile, chiamato come noi, al compito irrinunciabile a realizzare sè stesso, rimanendo sempre aperto alle infinite possibilità che ognuno ha dentro di sè e che spesso vengono alla luce sorprendendo perfino noi stessi. Credo tuttavia che questo traguardo sia facilitato dal fatto di avere, come privilegio, maestri od amici che ti aiutino a percorrere tale strada. Maestro è colui che è dotato di amore e che sa accogliere e rispettare la nostra persona, con tutti i suoi limiti e debolezze. Maestro è anche colui che da l’esempio, ma l’esempio deve essere dato dalla vita visibile e non solo dai libri, e, pertanto, come insegnavano i filosofi della Grecia, più con l’impressione, il comportamento, il vestito, il cibo e i costumi che non con il parlare o addirittura con lo scrivere. Per quanto riguarda l’amico, amico è colui che cerca di rendere migliore l’amico, non è certo colui che ti adula ma spesso ti confuta e la confutazione deve essere accettata tanto che Socrate, dialogando con Gorgia, diceva: ritengo che l’essere confutati sia un bene più grande,perché l’essere liberato dal male maggiore è bene più grande del liberarne gli altri…e, per contro, Montaigne sosteneva che: occorrono orecchie molto forti per sentirsi giudicare con franchezza, siccome pochi possono sopportarlo senza ferirsi, coloro che arrischiano di farlo nei nostri confronti ci danno una singolare prova di amicizia; in infatti, è amare in modo sano accingersi a ferire ed offendere per fare del bene.(4)

1) Pierre Hadot: Che cos’è la filosofia Antica, Biblioteca Einaudi

2) A. Biral: Platone e la conoscenza di sé, Laterza

3) A. Biral: idem

4) Montagne: Dei libri, dell’amicizia, dell’esperienza, Marietti I Rombi

Dai libri non si impara nulla! Ma quanto importante è leggerne a migliaia.

La filosofia è null’altro che la comprensione di quello che ciascuno è. (A. Biral)