Pellestrina,
un paradiso tra laguna e mare, ricca di orti e piccole case. Per noi che
ci siamo stati è veramente una perla della natura, un luogo ricco
di fascino e di antiche culture legate a una terra di pescatori. Ancora
oggi, benché in numero molto ridotto, le merlettaie casalinghe si
raccolgono sulla porta di casa per eseguire sul tombolo
il saltellante fusello, attorniate da profumi intensi e dimenticati, presso
un lungo laguna da cui si possono ammirare tramonti schianta-cuori, con
Venezia a fare da quinta lontana, attendendo i propri uomini che tornino
dal mare, magari con un magro bottino di pesca.
Nella sua porzione nord occidentale l’Adriatico si addentra in un’ampia
insenatura, limitata da una costa alluvionale bassa e piatta, orlata da
lagune, da isolotti, appena affioranti sulla superficie delle acque, e
bordata da cordoni litoranei che si sono formati col tempo in seguito all’apporto
di materiali che, trasportati dai fiumi, sono giunti fino al mare e si
sono depositati accumulandosi sul fondo marino a breve distanza dalla linea
di costa. Moto ondoso e direzione prevalente di correnti marine, mosse
dallo spirare dei venti del I° e II° quadrante, accumularono detti
materiali in maniera particolare sì da costruire quegli scanni che,
dapprima subacquei, poi emergenti dal mare, formarono gli allungati cordoni
litoranei, che limitarono quello specchio d’acqua, la Laguna, dall’aperto
mare.
Questi sono i Litorali di Sottomarina, di Pellestrina, del Lido e del Cavallino,
interrotti da ampie bocche, chiamati “porti”, quali quelli di Chioggia,
di Malamocco, e del Lido, attraverso i quali vengono i diuturni intensi
scambi di acqua tra mare e laguna, dovuti all’alterno gioco della marea.
Nell’Alto Adriatico l’amplitudine di marea raggiunge i valori massimi...
Il fenomeno della così detta “acqua alta” nella laguna di Venezia
si verifica però in condizioni eccezionali: o per un repentino abbassamento
della pressione barometrica con forti venti di II° quadrante (sud-est)
o per cause idrodinamiche (sesse) che provocano un ingolfamento d’acqua
nell’alto Adriatico, che, unite alla normale marea, ne modificano le oscillazioni.
All’inizio del XIV sec. Venezia iniziò la difesa dei lidi con opere
che furono dapprima molto semplici, opere in terra e sabbia, poi fascinaggi
e “palade”, di moli di pietra gettanti in mare. Ebbe così inizio
quella secolare lotta tra l’uomo e il mare ed il paesaggio lagunare venne
man mano modificato e umanizzato. Dopo diverse mareggiate e relative distruzioni
delle opere di difesa, fu soltanto nel 1716 che Padre Vincenzo M. Coronelli,
illustre cosmografo della Serenissima, proponeva la costruzione verso il
mare di una muraglia di blocchi di pietra, posta in luogo delle insufficienti
e poco solide “palade” (palafitte, imbottite di sassi) a difesa non solo
dei piccoli abitati litoranei, ma soprattutto di Venezia e della sua laguna.
Così, alcuni anni dopo, il 23 aprile 1744, sotto il dogado di Pietro
Grimani, per opera dell’architetto Bernardino Zendrini, matematico della
Repubblica, veniva posta la prima pietra dei così detti “murazzi”,
opera coraggiosa a difesa della laguna veneta. I “murazzi”, verticali verso
la laguna e grondanti verso l’Adriatico, vennero costruiti con blocchi
di pietra d’Istria, lavorati in forma grossolana, cementati con malta idraulica
di pozzolana e poggianti su strati compatti di ciottoli e palafitte. La
poderosa struttura dei “murazzi”, con uno sviluppo di circa 20 chilometri,
ha uno spessore di quasi 14 metri con un’altezza di 4,30 metri sopra la
media marea. Guai dunque se la difesa dei Litorali venisse a mancare: Venezia
si troverebbe in mare aperto, a 5 Km dalla terraferma, ed in pochi giorni
sarebbe veramente la fine! E ancora oggi per conservare la Laguna immune
da catastrofiche alluvioni continua incessante la lotta contro tutti gli
agenti naturali! Il sottile litorale, ora denominato lido di Pellestrina,
va dal porto di Malamocco e quello di Chioggia per uno sviluppo di circa
11 chilometri, comprendente le località di S.Pietro in Volta, di
Portosecco e di Pellestrina.
Chioggia, la bella città meridionale della laguna di Venezia, nel
1379-1380 fu teatro finale della guerra che da essa prese il nome di “guerra
di Chioggia” combattuta contro Genova e vinta dai Veneziani al comando
di Vettor Pisani. Nel litorale tutto era stato distrutto dall’occupazione
e invasione genovese precedente alla vittoria finale nella battaglia di
Chioggia del 24 giungo 1380. Il doge Andrea Contarini volle dimostrare
anche a Pellestrina la soddisfazione per la resistenza ed il valore dimostrati
nella lotta dei Pellestrinotti contro i Genovesi. Scese nell’isola accolto
calorosamente da quelle popolazioni. Gli stessi Pellestrinotti dovettero
cominciare da capo la ricostruzione. In loro aiuto accorsero, probabilmente
dietro disposizioni del podestà di Chioggia, quattro famiglie padronali-nobili
della medesima città, che passarono a fissare nell’isola la loro
stabile dimora, precisamente nel territorio compreso nell’arcipretale Ognissanti.
Esse furono: I Busetto, i Vianello, gli Zennari e gli Scarpa.
Queste famiglie presero possesso della porzione dell’isola che va da Portosecco
alla ricordata chiesa di Ognissanti, dividendola in quattro parti dette
sestieri, ogni sestiere intitolato col cognome delle sopraddette casate,
le quali si crede rappresentassero, nei riflessi della podesteria di Chioggia,
il potere civico. Dai quattro casati in parola ebbero discendenza decine
di famiglie, per cui, al fine di distinguerle le une dalle altre, al cognome
fu aggiunto un predicato o un soprannome o un detto. La genealogia delle
medesime, manoscritta su grandi carte del secolo XVIII, è gelosamente
custodita nell’Archivio antico del duomo arcipretale di Ognissanti. Rispecchia
un po’ la visione delle famiglie dell’Isola dei secoli lontani. Ha valore
storico-araldico-genealogico, perché di ogni famiglia sono indicati
i vincoli di parentela e i rami delle stirpi “forti” e di quelle “deboli,
come pure le discendenze.
Fin dai tempi lontani a Venezia si lavorava il merletto a fuselli (tombolo)),
ma non conosciamo con precisione il luogo in cui quest’arte ebbe origine.
Sembra sia nata al principio del secolo XV°, ma non sappiamo se in
Italia o in Francia. C’è chi dice di origine francese e chi, sono
i più, di sicura origine veneziana, e sarebbe stata portata il Francia
nel 1536 da un certo Federico Vinciolo. Dalla Francia passò poi
alle Fiandre, dove l’industria del merletto a fuselli ebbe vasto sviluppo
e larga rinomanza, particolarmente per i classici punti: Valenciennes,
Chantilly, Malines, Bruxelles etc. Al principio del XVIII° secolo il
merletto eccelse pure a Venezia, a Chioggia e a Pellestrina. Particolarmente
per le donne di Chioggia e Pellestrina il lavoro a fuselli era una modesta
fonte di guadagno ed anche un gradito passatempo. Nelle belle giornate
esse si portavano di solito sulla porta di casa a lavorare il pizzo sul
tombolo, come amò presentarle spesso Carlo Goldoni nelle sue commedie.
E i merletti che uscivano dalle loro industriose mani andavano a guarnire
la biancheria delle dame, delle signore, e perché no, anche quella
delle popolane.
Con l’avvento dell’industrializzazione, il lavoro a fusello sarebbe scomparso
se non fosse intervenuto l’industriale Michelangiolo Jesurum, il quale,
coadiuvato dall’on. Paolo Fambri, fondò la “Società Anonima
per la Manifattura dei Merletti”. Lo Jesurum chiamò da Pellestrina
a Venezia le merlettaie più abili, le quali, dopo essere state esercitate
per due anni a copiare i modelli più belli e di più difficile
esecuzione, ritornavano alle loro case. Così nel 1874 venne aperta
a Pellestrina la prima Scuola di merletto a fuselli, ove sotto la guida
di esperte merlettaie, vennero educate nel gentile lavoro circa un centinaio
di ragazze. La Scuola ebbe così un notevole sviluppo e ben presto
la quasi totalità delle donne lavorava pizzi a tombolo.
(da Pellestrina-A.C.S. Murasso)