di Luigina Brugnerotto
Quest’anno, la gita annuale della nostra Associazione
“Nicola Saba”, si è svolta in due giorni. L’intento era di visitare alcune
tra le più significative città marchigiane che ancora conservano un’atmosfera
che ha la pacatezza della civiltà passata. |
La prima tappa è stata a Pesaro e siamo scesi proprio di fronte alla villetta
Ruggieri, un’edificio in stile Liberty dei primi anni del ‘900, rivestito di
stucchi e ornamenti. Nel pomeriggio una guida un po’ particolare ma molto simpatica
ci ha illustrato alcune suggestive costruzioni della Pesaro rinascimentale.
La visita è proseguita nel salone mataurense del palazzo ducale per ammirare
una selezione di maioliche e porcellane che partivano dal XVI secolo. L’intera
raccolta, la più importante in Italia, è esposta nei musei civici (P.Toschi-Mosca),
temporaneamente chiusi per restauri, che comprendono la pinacoteca e il suddetto
museo. Nella pinacoteca sono conservate pregevoli opere del Bellini, Guido Reni,
Canova e altre importanti opere di scuola marchigiana, emiliana e veneta.
La seconda sosta è stata a Gradara che tutti ricorderanno per la tragica vicenda
dei due sfortunati amanti Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, cantati da
Dante nella Divina Commedia. In questo borgo medioevale, cinto da mura e accuratamente
restaurato, si accede da un ingresso ad arco trecentesco sormontato dalla torre
dell’orologio. Ripartiti, dopo un breve percorso giungemmo all’albergo nell’immediata
periferia di Urbino che ci avrebbe ospitato per la notte, e dopo una soddisfacente
cena dove l’allegria regnava sovrana, fu lanciata l’idea di una visita notturna
ad Urbino. Passeggiare di notte, nella zona antica di questa città palazzo,
è stata un’esperienza unica e forse per l’ora tarda o perché c’erano una tranquillità
e un silenzio, rotti qua e là da pacate conversazioni sotto tono, si aveva l’impressione
di essere tornati a ritroso nel tempo e che all’improvviso, da una delle piccole
stradine, apparisse un imponente armigero issato su un maestoso e scalpitante
cavallo.
Il Giorno seguente abbiamo potuto ammirare questa magica città, patria di Bramante
e Raffaello, alla luce del sole, con i suoi suggestivi saliscendi e le sue basse
case sormontate dalla mole del palazzo Ducale, e accompagnati dalla stessa guida
siamo entrati nella principesca dimora che fu dei Montefeltro. Nelle innumerevoli
stanze comunicanti che ospitano la galleria nazionale delle Marche, abbiamo
potuto ammirare pregevoli opere di Piero della Francesca, Paolo Uccello, Raffaello,
Bellini e dei maggiori artisti dell’epoca, gli arredi, (fra i quali l’alcova
che fece costruire il Duca per appartarsi con la sua dama), gli arazzi e le
maioliche. In programma c’era una visita alla casa natale di Raffaello ma eravamo
fuori orario e continuammo la passeggiata proseguendo per un’erta stradina che
ci portò in cima alla collina dove sorge la fortezza dell’Albornoz, una possente
costruzione quattrocentesca e abbiamo ammirato uno splendido e vasto panorama
della città e dei colli circostanti.
Ripartiti un po’ esausti (siamo gente di pianura) ci chiedevamo quale sorpresa
culinaria ci avesse preparato il nostro organizzatore nonché noto “gourmet”
Giuseppe Voi detto Pippo, e devo riconoscere che il ristorante scelto “S. Leo”,
situato nell’omonima rocca, ci ha fatto scoprire le saporite pietanze della
cucina marchigiana innaffiate dai robusti vini della zona e tutti noi abbiamo
fatto onore al delizioso pranzo servito in una sala sormontata da un soffitto
in legno.
Ci aspettava un’ultima visita guidata alla fortezza di S. Leo anticamente usata
come luogo di detenzione e, accompagnati da una leggera pioggerellina, ci siamo
avviati per l’ennesima salita giungendo sulla sommità della rocca che domina
la pianura.
Fra i detenuti celebri di questa prigione ci furono il conte Cagliostro (che
vi morì) e Felice Orsini imprigionato perché lanciò delle bombe contro Napoleone.
Ora ospita una modesta pinacoteca, una collezione di armi antiche, carte geografiche
e stampe d’epoca.
La cupa maestosità di questa fortezza, complici la pioggia e il silenzio, non
riuscì a smorzare la nostra allegria e ritornando ai nostri pullman per il viaggio
di ritorno, ci sentimmo felici di vivere nel presente anche se la nostra escursione
nelle suggestive città medioevali resterà impressa nelle nostre menti e in special
modo quando percorreremo le strade delle nostre rumorose e caotiche città.
LA STORIA
Pesaro, allo sbocco della valle del Foglia, vanta numerosi monumenti medioevali e rinascimentali. Da non perdere la visita a palazzo Toschi-Mosca, (sede della ricchissima Pinacoteca), a Villa Imperiale (una villa-castello immersa in una pineta sulla strada per Gabicce) e al Museo delle Ceramiche. La città, composta da un nucleo antico e da un quartiere moderno che si allunga verso il mare, è nota per aver dato i natali a Gioachino Rossini. All’illustre concittadino è dedicato nei mesi estivi il Rossini Opera Festival. La rappresentazione delle opere liriche del grande Maestro richiama ormai l’attenzione di tutto il mondo.
Urbino
è situata tra le valli dei fiumi Metauro e Foglia, su due colli a 451 metri
sul livello del mare, dai quali si gode un vasto panorama che abbraccia verdi
colline e maestose montagne.
Il centro storico ha un’estensione di poco più di un chilometro quadrato, racchiuso
tra le mura bastionate ed interamente costruito in mattoni cotti. Di forma romboidale
allungata, il centro è diviso da due assi viari principali e quasi perpendicolari
tra di loro (Via Mazzini e Via Cesare Battisti per un verso Via Raffaello e
Via Veneto dall’altro), che si incontrano nella Piazza principale (Piazza della
Repubblica), luogo di incontro abituale degli urbinati e degli studenti. Il
territorio comunale comprende diversi quartieri, a poche centinaia di metri
dal centro storico (Piansevero, Mazzaferro, ecc.) e molte frazioni distanti
anche diversi chilometri (Trasanni, Gadana, Schieti, Canavaccio, ecc.), tutte
collegate da trasporti pubblici.
L’estensione complessiva e di ben 227,9 chilometri quadrati, per una popolazione
di 18.000 abitanti. Le origini di Urbino sono antichissime.Il nome Urvinum deriva
probabilmente dal termine latino urvus (urvum è il manico ricurvo dell’aratro).
Tra i personaggi più importanti merita un accenno Guido il Vecchio, famoso e
focoso ghibellino che Dante Alighieri, (nel XXVII canto dell’inferno), incontra
fra i consiglieri: “lo fui uom d’arme, e poi fui cordigliero, credendomi, sì
cinto, fare ammenda;... l’opere mie/ non furon leonine, ma di volpe”.
Nel 1375 (circa) Antonio da Montefeltro, una delle maggiori figure di soldato
e di politico della seconda metà del secolo XIV, abilissimo nel comporre discordie
e situazioni critiche e anche nel ricavare i massimi vantaggi dalle rivalità
altrui, seppe inserirsi nel gioco politico italiano del tempo, alleandosi nel
1376 con Firenze e Milano, legandosi quindi d’amicizia con Gian Galeazzo Visconti.
Con i Montefeltro, Urbino poté vedere un grande risveglio culturale ed edilizio.
Ad Antonio si devono la costruzione del palazzo della casata, oggi sede dell’Università,
nonché i primi contatti con il mondo della cultura, che portarono alla realizzazione
di importanti opere artistiche come gli affreschi dell’oratorio di S. Giovanni,
opera dei fratelli Salimbeni. Ad Urbino, sua città natale, si affermerà il genio
artistico di Raffaello il quale, dopo la formazione nella bottega paterna e
le prime opere eseguite nelle località del ducato, si muoverà su raccomandazione
di Giovanna Feltria Della Rovere - verso Firenze e Roma dove raggiungerà il
suo apice. Più che i primi insegnamenti del padre, Giovanni Santi, dovettero
influire sulla primissima formazione di Raffaello gli stimoli di un centro di
altissima cultura quale era allora Urbino. Vi lavorarono altri pittori famosi
quali Piero della Francesca, Paolo Uccello, Bellini e i maggiori artisti dell’epoca.
Il fatto più negativo per la città si verificò quando la Corte, nel 1523, decise
di trasferire la propria sede a Pesaro, con conseguente emarginazione di Urbino
rispetto ai centri litoranei. Gli ultimi eredi dei Montefeltro, fecero conoscere
ad Urbino momenti sempre meno splendenti, fino al 1631 data in cui mori l’ultimo
duca, rimasto senza eredi, con conseguente devoluzione del ducato, per questioni
ereditarie, allo Stato pontificio.
A partire da tale data Urbino venne sottoposta ad una lunga serie di sottrazioni:dapprima
il trasferimento delle collezioni e di molti arredi a Firenze, iniziato già
da Francesco Maria, quindi la vera e propria spoliazione di quant’altro fosse
rimasto nel palazzo (i Ritratti dello Studiolo, le Muse del Tempietto, e infine,
nel 1657, la famosa Biblioteca di Federico).
Le vicende di fine secolo e dell’inizio del successivo, legate alle imprese
napoleoniche, sono comuni a molte città italiane e comportarono per Urbino -
oltre alla soppressione di chiese, conventi e istituti religiosi - un ennesimo
impoverimento del proprio patrimonio artistico con la distruzione di alcune
opere (sculture in bronzo, fuse per scopi militari) e la deportazione di altre
verso Milano, prima fra tutte la famosa Madonna col Bambino e Santi, di Piero
della Francesca che diventerà la celebre ‘Pala di Brera’.
Più a nord si erge la rocca di San Leo,
inespugnabile fortezza che lega la sua fama al mistero del conte di Cagliostro,
incarcerato a vita dalla Santa Inquisizione, oggi sede del Museo e della Pinacoteca.
Su questo artiglio di roccia sono passati personaggi illustri, da Dante a San
Francesco.
Per saperne
di più:
IL SITO DELLA PROVINCIA
IL COMUNE
(Il sito ufficiale: Monumenti, Visite, Storia, I Montefeltro)
URBINO (Alcune
notizie sulla città)