a cura di Aldo Ghioldi

Pur tra mille difficoltà, Venezia nel ‘500 rimane tra le maggiori potenze del Mediterraneo. Il suo sistema difensivo è costituito da una rete di forti, castelli e fortezze che si estendeva su tutti i suoi dominii. Particolarmente importante era la difesa e il controllo dell'ingresso in laguna. A questo compito erano preposti i complessi fortificati di S.Andrea e S.Nicolò che, da tempi immemorabili difendevano il porto di Lido.




Forte di Sant'Andrea

 

 


Camminamenti all'nterno del Forte S.Andrea

 


 

 




A Venezia si era comunemente convinti che la posizione e la natura stessa della città, caratterizzata da più isole in mezzo ad una laguna, con l’acqua che la circondava interamente, fosse garanzia di immunità dagli attacchi dei nemici.
E del resto essa era nata proprio come rifugio di pacifiche genti che sfuggivano alle invasioni barbariche.
Per questi motivi, durante il Medioevo non vi erano state edificate mura merlate, come nelle altre città.
C’erano tuttavia, castelli in posizione strategica, come ad esempio all’imboccatura del porto le cui torri alte sul mare avevano anche lo scopo di fungere da vedetta.
All’inizio del Quattrocento, e nel giro di pochi anni, si determinarono i più vistosi am-pliamenti della sovranità della Serenissima.
Gli eventi del Cinquecento sono la conseguenza di ciò che era maturato durante tutto il secolo precedente.
Non si può certo dire che essi corrispondessero ad un’inversione di tendenza provocata dall’affacciarsi nel Mediterraneo della flotta turca per la prima volta in quel secolo XV.
Infatti, sorpreso da quella nel 1416 a Gallipoli, Pietro Loredan aveva reagito e vinto.
Si tratta invece del maturarsi di una situazione tale per cui certe signorie evolvendosi si espandono e consolidandosi finiscono per diventare troppo pericolose per una Venezia che di suo ha solo l’acqua della laguna, con quello che c’è immerso dentro.
Anche l’invasione degli Ungheri nel 1411 allarmò Venezia, la quale, pensando sempre ai propri traffici e quindi alla propria vita, giudicava troppo oneroso e senz’altro disdicevole il dover rendere conto a qualcuno, o a troppi, dei collegamenti oramai intessuti da tanto tempo con un vasto retroterra, con i popoli tedeschi, con l’Europa centrale.
E’ importante fissare l’attenzione su due fatti molto importanti che accadero a metà secolo, con notevoli ripercussioni per Venezia: il 29 maggio 1453 cade Costantinopoli, che da capitale dell’impero cristiano d’Oriente si trasforma in capitale dell’impero turco; il 13 giugno 1456 l’imperatore Mehmed (Maometto) II si porta sotto le mura di Belgrado per cingerla d’assedio.
In questo modo si capovolge una congiuntura che prima era favorevole alla Serenissima.
D’ora in poi per la sopravvivenza sarà necessario fare sempre i conti con i Turchi, che per quattro secoli complicheranno l’esistenza della cristianità, fino a quando non cozzeranno contro il colosso russo.

il forte di Sant'Andrea 

Nel 1509, per le mutate condizioni politiche e la paura di un attacco diretto al cuore dello Stato da parte dei Turchi, convinse il Consiglio dei Dieci a interessarsi direttamente del problema della difesa dei Lidi.
In questa prospettiva, (circa settant’anni dopo), nacque il forte di Sant’Andrea, che diventava nello stesso tempo il simbolo del prestigio, del potere e del ruolo internazionale di Venezia.
Non per niente si incaricò Michele Sanmicheli di dar lustro ad una architettura tanto inconsueta, quanto bella e interessante; e nella lapide celebrativa della nascita della fortezza si fece deliberatamen-te menzione all’evento che in quei tempi aveva dato la maggior gloria alle armate navali veneziane, la vittoria di Lepanto.
Ne nacque un impianto formato da una serie di quaranta cannoniere, disposte a raggiera e a pelo d’acqua, cui si aggiunsero altrettante batterie poste "in barbetta" sopra gli spalti, così da dare la possibilità di raddoppiare il volume di fuoco.
A tanta bellezza e suggestione del manufatto, calato in termini appropriati nel contesto della laguna veneta, non ha corrisposto altrettanta fortuna.
Fin dall’impostazione delle sue fondazioni, Michele Sanmicheli dovette lottare contro i flutti per "elevarsi sino al disopra della superficie del mare con replicati strati di grossi e pesanti massi di pietra istriana".
Durante il Seicento e il Settecento, poi, i "Provveditori alle Fortezze" dovettero constatare che il forte all’interno era in cattivo stato, e che le scale e i camminamenti erano sul punto di cadere. Infine, nell’Ottocento, l’Imperial Regio Governo, prima, e la Regia Marina, poi, furono più volte posti in allarme a causa delle condizioni del forte sinché, nel 1950, avvenne l’irreparabile crollo dello spigolo nord-est.
Nel 1965 si ritenne urgente provvedere a una protezione fatta di cassoni affondati dinanzi al frontale, rimandando non solo la ricostruzione della parte crollata, ma anche l’esame generale statico di tutto il complesso.
Il 21 maggio 1979 un gruppo di volontari veneziani si costituirono in associazione (senza scopo di lucro) creando un "Centro Autonomo per Studi, Trasformazione, Restauro, Urbanistica, Militare denominato C.A.S.T.R.U.M.
E' una associazione apolitica che si prefigge di conseguire, fra le sue finalità principali:
"la salvaguardia del patrimonio monumentale storico militare nazionale in quanto esso costituisce la più splendida eredità non solo italiana, ma anche della intera cultura umana".
L'associazione ha già ottenuto questi risultati:
contatti e collaborazione con l'Autorità Militare, "Comando Truppe Anfibie Lagunari", per rendere visitabile la parte interna monumentale e quella a parco del Forte di Sant'Andrea che, com'è noto, sono rimaste abbandonate per un lungo periodo di tempo;
possibilità di accesso del pubblico alla parte monumentale dell'opera del "Sanmicheli" in occasione della tradizionale festa veneziana della Sensa ed organizzare, nei locali del forte, una mostra con pannelli illustrativi.
Per visitare il forte si possono chiedere informazioni all'associazione C.A.S.T.R.U.M. oppure al Comando Truppe Anfibie.

il forte di San Nicolò

 Al forte di Sant’Andrea, detto anche Castel Nuovo, corrisponde, dalla parte opposta dell’ingresso portuale alla Laguna, la lunga lingua sabbiosa del Lido, sulla cui estremità settentrionale sorgeva un tempo una torre di avvistamento e di guardia, detta anche "Castel Vecchio".
Nel suo insieme il sito prendeva pertanto il nome di "Duo Castelli", o "Li do Castelli".
Il rinnovamento del sistema difensivo lagunare, che prevedeva la ristrutturazione degli apprestamenti a mare, non poteva esimersi dal por mano anche a questo settore, che prenderà il nome di forte San Nicolò.
I lavori iniziarono non appena ultimati quelli del forte di Sant’Andrea.
Quest’opera, che isolava una grossa porzione del territorio settentrionale del Lido di Venezia, possedeva al suo interno i quartieri per i soldati, il "Tezon per i salnitri" (edificio adibito alla produzione delle polveri da sparo), le stalle per i quadrupedi, un convento con la chiesa di San Nicolò.
Gli edifici relativi all’allog-giamento delle truppe ebbero carattere provvisorio per tutto il XIV e XV secolo.
Ma tra il 1591 e il 1595 fu deliberata la spesa di 4000 ducati per la costruzione di un’opera permanente per duemila soldati.
La struttura del forte di San Nicolò si presenta con una grande pianta quadrata, racchiudente un ampio cortile porticato, al centro del quale ancor oggi fa bella mostra di sé un pozzo dagli elementi architettonici monumentali in pietra d’Istria, il cui biancore spicca sul cotto rosso adoperato per lastricare il pavimento a spina di pesce.
Tale era il "quartier grande" o "palazzo dei soldati", che ancora oggi assolve alla medesima funzione, ospitando le truppe lagunari "Serenissima".

la città di Chioggia

Il piano difensivo abbracciava naturalmente anche il settore meridionale della laguna, con l’importante presenza della città di Chioggia.
Il porto di Chioggia con le sue fortificazioni insieme al porto di Malamocco, di Lido e di Brondolo, costituiva uno degli accessi alla Laguna di Venezia. La fortificazione di questi accessi fu sempre oggetto di particolari cure da parte del governo della Serenissima.
Del nuovo forte di San Felice ideato dal duca di Urbino, si occuparono nel 1541 anche Antonio Cappello e Michele Sanmicheli, con facoltà di apportare le modifiche ritenute necessarie. Come in altri forti della Serenissima, neppure qui mancavano gli edifici indispensabili per la vita degli uomini e l’attività dei soldati, immancabile inoltre la chiesa.
Altri due forti completarono il sistema di difesa sulla linea dei "Lidi"; il forte di Malamocco e quello di San Pietro in Volta; furono, in ordine di tempo, gli ultimi ad essere edificati.
Questi due forti, come altri, non dovettero subire attacchi guerreschi, proprio per via di quella politica di Venezia che, dopo Cambrai, preservò i territori metropolitani, sino al dissanguamento delle risorse.
Ma intanto si erano prese tutte le precauzioni per una difesa ad oltranza non solo del suolo cittadino, ma anche e soprattutto del circostante ambito lagunare, munendo con mura terrapienate e artiglierie una serie di isolotti.
Essi erano distribuiti lungo i canali principali e, in caso di forzamento dei porti, avrebbero costituito una grossa sorpresa per l’attaccante, così come del resto, da sempre, l’ambiente lagunare stesso, con il suo alternarsi di velme e barene.
Questo breve riassunto è tratto dal libro "Fortezze Veneziane , 1508 – 1797" di Pietro Marchesi edito da Rusconi Immagini.


FORTE DI S.ANDREA

Tommaso Temanza, nelle sue "Ville dei più celebri architetti e scultori veneziani che fiorirono nel secolo decimosesto" (Venezia, 1778), così descrive S.Andrea.

"La fronte di questo castello ha cinque facce; quella di mezzo è come un bastione rotondo, con sue cortine laterali, che sugli estremi ripiegano all’indietro, e formano le due testate.

Nel mezzo del bastione risalta in fuori una ornatissima porta di tre archi, con colonne e sopraornato alla dorica di assai elegante e soda struttura. L’arco di mezzo é aperto a uso ingresso; gli altri due sono chiusi, ma tengono cannoniere per due grossi pezzi d’artiglieria.

Ha il bastione otto cannoniere per parte, sette per ciascheduna delle cortine e cinque ad ognuna delle due testate. Sicché in tutto vi sono quaranta cannoniere, oltre le due laterali alla porta. Tutta l’opera é di grossi massi di pietra d’Istria lavorati a bozze con bel cornicione che le cinge. Ogni cannoniera é un arco, con mascherone nel serraglio di eccellente maestro. La soglia, o sia corda di questi archi, é a fiore d’acqua, di modo che l’artiglieria giuoca sempre, nell’orizzonte della stessa.

Le artiglierie sulla destra di questo castello battono la Fuosa (la fossa), o sia l’ingresso dalla parte del mare, per modo che entrando in porto una flotta nemica le sue navi sarebbero sempre colpite di fronte, senza che neppure un tiro andasse fallito. Dentro dalla porta v’é un ampio ricetto per numeroso corpo di guardia.

Una continua galleria, o sia casamatta ricorre internamente su tutti e cinque i lati, sulla quale rispondono i fornici delle cannoniere, di rincontro a’ quali altri fornici o sian ricetti vi sono, che servono di sicuro ricovero alle milizie, e danno comodo all’allestimento di tutto ciò che può occorrere pel maneggio delle artiglierie.