a cura del laboratorio di Filosofia
Dalla conferenza del professor Filiberto Battistin, presidente dell'Associazione «Alessandro
Biral». |
Il giorno 16 novembre 1999 il
prof. Filiberto Battistin, Presidente dell’Associazione Alessandro Biral, ha
tenuto una conferenza dal titolo «Platone ed il sapere politico».
Il relatore ha preso lo spunto per il suo discorso dal libro del prof.
Alessandro Biral1, (scomparso prima della pubblicazione del suo saggio): «Platone
e la conoscenza di sé».
Il professore ha affrontato subito il tema del sapere politico affermando che
esso è direttamente collegato alla conoscenza di sé. Per spiegare ciò egli ha
proposto all’ascoltatore alcune parti dei dialoghi di Platone, in particolare
il Lachete, dove Socrate risponde alla domanda su cosa sia la politica.
Chiunque parli con Socrate è costretto a parlare di sé e del mondo in cui
vive.
La politica riguarda, infatti, chi siamo e come viviamo.
Non solo, la politica ha a che fare con la felicità, fine ultimo di ciascuno di
noi.
Tutti gli uomini vogliono essere felici e non per scelta, ma semplicemente
perché ciascuno è orientato alla ricerca del meglio, cioè della felicità.
In quanto uomini, diversamente dagli animali, noi non ci accontentiamo di
sopravvivere, ma desideriamo vivere, spinti dalla costante passione verso la
felicità.
Questa continua ricerca risulta piena di difficoltà e talvolta presuppone anche
molta solitudine.
Per Platone filosofia e politica sono la medesima cosa e si concretizzano in
quell’agire che ha lo scopo di raggiungere la felicità.
Se non riusciamo ad essere felici, infatti, la nostra vita ci appare incompiuta,
non realizzata.
Socrate, paradossalmente, muore felice perché come emerge dal «Fedone»,
egli ha vissuto felicemente, in modo coerente, cercando di rendere felici i suoi
concittadini. Felicità, per Socrate, non significa, dunque, accumulazione di
ricchezze e di potere che permettono di realizzare le proprie passioni, ma
significa vivere secondo virtù. La virtù, spiega Platone, corrisponde alla
migliore disposizione di ogni cosa (una scarpa è virtuosa quando è comoda; un
coltello è virtuoso quando taglia bene) così un uomo è virtuoso quando si
prende cura della propria anima.
Il prendersi cura della propria anima è oggetto della politica.
Secondo Platone l’uomo è dotato di tre anime: quella intellettiva, inerente
alla coscienza, la ragione, quella appetitiva, inerente le passioni e quella
irascibile che ci fa indignare.
L’uomo virtuoso è colui che riesce a governare, mediante l’anima
intellettiva, la ragione, le altre due anime (quelle cioè che esprimono
passioni e indignazione) le quali non debbono essere annullate, esse debbono
esprimersi in armonia con la ragione.
Felice, pertanto, non è l’uomo giusto: colui che ha il governo di sé. Uomo
giusto e uomo felice sono la medesima cosa.
All’uomo giusto non può accadere nulla di male; nemmeno la morte, per l’uomo
giusto è male, poiché l’unico male è commettere ingiustizia.
Questo ragionamento sembra s’attagli all’uomo isolato dagli altri. Invece
colui che sa governare sé stesso è vero uomo politico che non aspira al potere
e proprio perché non aspira al potere e non ha bisogno di nulla può entrare,
in modo armonioso, in relazione con gli altri.
Alessandro Biral (1942-1996),
laureato in Filosofia presso l’Università di Padova, ha insegnato Storia
della filosofia morale e Storia della filosofia politica presso l’Università
di Venezia Ca’ Foscari, è stato membro del «Centro di ricerca sul Lessico
politico europeo» e del comitato direttivo di «Filosofia politica». Ha
pubblicato L’unità del sapere in Husserl (Cedam, Padova 1967),
numerosi saggi sulla storia costituzionale francese e sulla filosofia politica
moderna, e infine Platone e la conoscenza di sé (Laterza, Bari 1997).