di Giuseppe Albanese

La scuola italiana sta attraversando un periodo cruciale: stretta in un abito che è stato confezionato in tempi ormai remoti, sente il bisogno di rinnovarsi, per adattarsi ad una realtà che, non solo è profondamente mutata, ma che continua a trasformarsi ad un ritmo ormai insostenibile. Giuseppe Albanese, che oltre a insegnare nella nostra scuola, è segretario del sindacato-scuola della CGIL, fa il punto della situazione. 
 

La scuola è l’istituzione che l’uomo si è dato per trasmettere le conoscenze da una generazione all’altra.
Questo compito di trasmissione della conoscenza è stato molto importante ed è uno degli elementi di sviluppo per l’uomo. Inizialmente questo compito era affidato a stregoni e sacerdoti che trasmettevano oltre alle pratiche magiche e religiose elementi di medicina e di igiene generale.
Nel corso dei secoli l’istruzione si è liberata dalla sua dipendenza dalla magia e dalla religione per sviluppare un suo ruolo autonomo di pura e semplice trasmissione di sapere e sviluppo della persona.
Nel corso della storia sono andati via via aumentando le persone coinvolte in questa operazione di istruzione non più compito della famiglia, del clan, ma dello Stato.
Lo sviluppo della scuola, come la intendiamo oggi, avviene a partire dal diciottesimo secolo e coinvolge essenzialmente quello che noi chiamiamo il mondo sviluppato.
Uno degli indici dello sviluppo dell’istruzione l’abbiamo dall’indice di alfabetizzazione; oggi nei paesi sviluppati sono pochissime le persone che non sanno leggere e scrivere anche se oggi gli alfabeti sono diversi e quindi presto torneremo a parlare di nuovi analfabetismi.
Tutti gli stati moderni hanno provveduto a creare istituzioni che si occupano della trasmissione del sapere e ad obbligare i cittadini a frequentare queste istituzioni.
I tempi obbligatori della scuola sono andati via via aumentando in relazione al maggior sviluppo dei singoli stati e delle maggiori conoscenze raggiunte; in alcuni stati la frequenza scolastica delle giovani generazioni arriva fino ai 16 o 18 anni, anche perché si è vista una stretta correlazione tra sviluppo economico e istruzione-formazione.
E’ così che anche in Italia l’istituzione scuola è andata sviluppandosi e la percentuale di analfabeti che all’inizio del ‘900 era attorno al 50%, con punte in alcune regioni del 70%, 80%, oggi si è ridotta ad un indice con una sola cifra ed è del tutto marginale. Discorso a parte merita invece l’evoluzione della scolarità tra uomini e donne ed è solo negli ultimi trent’anni che lo svantaggio femminile è stato recuperato nel nostro paese.
Ancor oggi la donna in molti paesi è discriminata per ciò che riguarda l’istruzione e le percentuali di donne analfabete nel mondo sono altissime.
Il nostro paese dopo la formazione dello stato unitario si è dato una legislazione scolastica e le più famose leggi sulla scuola portano i nomi di alcuni ministri : legge Casati nel 1859, che per la verità fece una legge che allora riguardava lo stato sabaudo, poi seguirono le leggi Coppino nel 1867 e nel 1877, la riforma Gentile del 1923.
Fino al 1999 l’impostazione formale della scuola italiana era ancora quella di Gentile, una scuola elitaria fondata sul liceo classico e in subordine sul liceo scientifico, atta a formare la classe dirigente ed una scuola tecnica professionale per il resto della popolazione e quindi con una gerarchia delle materie ben precisa, all’apice di questa gerarchia stava la filosofia in coda le materie tecniche.
Anche la fine del Fascismo nel 1945 e la nascita della Repubblica non erano riuscite a trasformare la scuola anche se nella Carta Costituzionale del ’48 i principi a cui avrebbe dovuto ispirarsi la scuola della Repubblica si erano profondamente modificati. L’inizio dei cambiamenti avvenne con gli anni ’60 che di fatto trasformò la scuola italiana da scuola di élite a scuola di massa: si ricordi l’istituzione della scuola media unica nel 1962, la liberazione degli accessi universitari nel 1969, i decreti delegati nel 1974, i nuovi programmi della scuola media nel 1979, la riforma prima dei programmi della scuola elementare 1985 e poi della scuola elementare nel 1990. Non mancarono inoltre altre disposizioni innovative sulla scuola materna e sull’istruzione secondaria di secondo grado: istituti professionali, istituti tecnici, dove forse minore è stata l’innovazione, tuttavia anche questo settore di scuola è stato attraversato da varie sperimentazioni che hanno coinvolto inizialmente gli istituti professionali e poi tutti gli altri. Potremmo dire che gli istituti che meno avevano conosciuto innovazioni erano i licei classici e scientifici.
Nel 1973 inoltre si apre un nuovo settore dell’educazione per il sistema scolastico italiano: quello dell’educazione degli adulti, settore che fino a quel momento era vissuto mutuando programmi e ordinamenti dalla scuola del "mattino" e che invece comincerà ad elaborare propri contenuti e istituzioni. E’ in questo anno che nascono le "150 ore", istituzione innovativa nel panorama culturale non solo italiano, ma anche europeo: per la prima volta i lavoratori italiani conquistano contrattualmente il diritto di utilizzare una parte del loro tempo lavoro per la formazione culturale.
Questo diritto si estenderà in breve periodo dai lavoratori dipendenti delle varie categorie a diritto generalizzato per tutti i cittadini adulti ponendo le basi per una evoluzione autonoma del settore. Da questa esperienza nascerà l’Educazione degli Adulti in Italia (E.d.A.) e come ulteriore sviluppo i Centri Territoriali di Educazione Permanente.
Anche nel nostro Paese, seppure con molte difficoltà, si va affermando il concetto di Educazione Permanente che interessa nel suo complesso la popolazione adulta. Oramai anche in Italia è diventato patrimonio comune che la formazione non è esperienza che interessi soltanto i giovani fino ai 16, 20 o 25 anni, ma tutta la popolazione nel suo insieme: in questa direzione vanno le leggi sull’innalzamento dell’obbligo, e sull’obbligo formativo fino ai diciotto anni.
Dal 1996 per la scuola si è aperta una nuova fase. Il nuovo Ministro della Pubblica Istruzione Berlinguer, ha dato vita ad un’accelerazione dei processi di trasformazione della scuola italiana che ha prodotto:
* la legge sull’autonomia scolastica (scaturita da una legge di riforma della pubblica amministrazione, legge Bassanini, al cui interno un articolo riguarda anche la scuola);
* la legge sulla Parità scolastica, che pone le scuole private e le scuole statali sullo stesso piano, in questa legge alcuni costituzionalisti vedono l’aprirsi di un duplice ordine di problemi: primo una ferita alla Costituzione che affida allo stato l’istituzione delle scuole e secondo un cedimento dello stato laico al mondo confessionale;
* il prolungamento dell’obbligo scolastico a quindici anni, l’Italia era rimasta tra gli ultimi paesi in Europa ad avere un istruzione obbligatoria ferma a quattordici anni;
* la legge sull’obbligo formativo fino a diciotto anni, che dovrebbe far si che anche chi va a lavorare a 16 anni comunque continui un percorso di formazione per un più proficuo inserimento nel mondo del lavoro;
* la legge di Riforma dei cicli scolastici, che dovrebbe cambiare l’architettura generale della scuola italiana.
Alcune di queste leggi non sono immediatamente operative e richiedono altri interventi di ordine legislativo o amministrativo, altre invece hanno cominciato a produrre effetti dall’anno scolastico 1999, altre solo dal 1 settembre 2000.
Alcuni effetti di queste trasformazioni non sono immediati e i risultati potranno essere valutati appieno solo nei prossimi anni. Perché il quadro delle riforme scolastiche sia completo mancano a tutt’oggi due importanti leggi che riguardano gli Organi Collegiali di scuola e gli Organi Territoriali: soltanto allora potremmo dare un giudizio definitivo su tutto il senso di questo processo riformatore.