a cura di Graziella Mazzoni

Con l’unione armonica di molte voci si creano magiche atmosfere, s’instaura un legame spirituale non solo tra i coristi, ma anche tra gli ascoltatori, legandoli in un momento d’aggregazione e amicizia. Anche l’associazione Saba, fin dallo scorso anno ha costituito un coro polifonico; alcuni corsisti pur non avendo alcuna esperienza né di musica nè di canto, si sono cimentati in questa nobile disciplina.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


il coro dell’associazione Saba

Il canto che unisce più voci è chiamato coro, ma come e quando è nato? Risalendo indietro nel tempo, si può presumere che sia nato agli albori della storia, quando gli uomini volevano esprimere gioie e dolori, forse erano solo nenie lamentose o grida stridule poiché mancava la melodia.
Chi l’ha inventata? Chi ha inventato il ritmo?
Anche a queste domande è difficile dare risposte certe. Si può ipotizzare che tutto si sia pian piano evoluto nel tempo. Solo nei secoli a venire, con l’avvento delle varie forme di scrittura, si è potuto avere delle conferme. L’uomo imparò a celebrare riti religiosi, feste per la caccia, danze per l’inizio delle stagioni e ad accompagnarle con canti rituali, nenie, litanie che si ritrovano in aree tradizionali ancora incontaminate. Insomma non si può immaginare una civiltà muta, incapace di cantare e di esaltare i propri sentimenti.
Il canto corale ha sempre dato voce alle passioni collettive nei grandi momenti di fede, di idealità.Dal tempio di Gerusalemme,ai giochi olimpici in Grecia, nei lontani pae-si della Cina e dell’India fino al magico Egitto, il lento fluire delle stagioni fu ritmato da cantilene.
La novità cristiana fu accompagnata da quell’irripetibile esperienza che è il Canto gregoriano.
Le laudi furono la voce dei movimenti mistici medioevali.
Il corale divenne la bandiera della comunità. Gli imperi, le repubbliche, le incoronazioni, le nascite i matrimoni tutto fu accompagnato da cori.
Coralità istintiva dunque, sbocciata da un bisogno primordiale, esaltata in momenti umani e storici particolarmente significativi, ma anche messa in ombra, a volte, dalla tendenza al solismo esibizionista, o dalla difficoltà di forme musicali che restringono la cerchia degli esecutori. Anche il Canto gregoriano si trasformò in espressione specialistica, la polifonia finì per diventare retaggio di pochi ed esperti cantori. Solo in tempi recenti si è presa coscienza dell’importanza sociale ed educativa della coralità. L’antica esigenza dell’uomo è diventata consapevolezza, volontà di unire le voci della comunità per un arricchimento spirituale.
Cori, sparsi in tutte le regioni, ce ne sono tantissimi e tutti molto bravi, in questo breve articolo ne citerò due, che, nella loro diversità esprimono l’alto significato del canto corale.
Il coro Grigna nasce il 6 Dicembre 1958 ed è diretto fin da allora dal maestro Giuseppe Scaioli. Ha preso il nome da una delle nostre montagne ed è composto interamente da dilettanti che hanno trovato nello studio e nell’esecuzione dei canti, una forma di piacere e d’intima soddisfazione.
Nel 1967 è diventato Coro dell’Associazione Nazionale Alpini di Lecco. Si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica per le apprezzabili esecuzioni. Nel loro vasto repertorio: canti alpini, canti tradizionali, e canti d’autore.
Dalle montagne al mare e precisamente siamo in Sardegna con il coro Bachis Sulis. Nasce nel 1985 grazie ad un gruppo di amici amanti del canto. L’inizio non è facile e deve superare notevoli difficoltà. Quella principale è di avere un maestro che possa dirigere il coro e tradurre in musica l’entusiasmo che li anima. Nel loro paese, infatti, le tradizioni e in particolare il canto, ancora oggi si tramandano oralmente e sono pochi coloro i quali hanno una preparazione musicale che permetta di assolvere un compito così gravoso. Questo ostacolo è finalmente superato e il coro può decollare. Da alcuni anni la direzione è affidata al Maestro Gianni Garau. Attualmente è composto da una trentina di elementi. Il coro Bachis Sulis volge il suo interesse al recupero e salvaguardia del patrimonio musicale della Barbagia e in particolare Aritzo. Il coro prende il nome dal poeta vernacolo Bachis Sulis nato e vissuto in Aritzo tra la fine del 1700 e i primi del 1800
Particolare attenzione merita il Canto gregoriano e un primo sguardo a questo canto liturgico delle antiche chiese latine, lascia perplessi. Ci si ritrova con una manciata di sole ipotesi, su una zattera in un mare d’ignoranza. Non si sa nulla di preciso sulle origini del Gregoriano e mancano elementi, quali l’esatta pronuncia del latino, la scala musicale utilizzata. Lo storico che si occupa di Canto gregoriano parte da premesse molto labili e deve esaminare con rigore filologico e sensibilità spirituale i vari testi messi in musica per comprendere tra l’altro il motivo delle scelte di tali brani al posto di altri. Le fonti musicali del Gregoriano risalgono al secolo IX, ma è a partire dai secoli X e XI che le testimonianze divengono consistenti e i ricercatori storici devono sondare a fondo il terreno dei manoscritti per trovare repertori scomparsi o modificati. Il Canto gregoriano è nato come parte integrante della liturgia e ha una sua ragione di essere solo quando viene eseguita all’interno del rito. Ma la ragione di quest’appartenenza del Canto gregoriano all’ambiente di una chiesa sono anche squisitamente musicali. Il suono prodotto da una o più voci umane che cantano una stessa melodia liturgica, trova nello spazio della navata una cassa di risonanza ideale; è una musica pensata e intesa per quel volume architettonico e i due eventi si completano a vicenda. Scomparso dalla liturgia, nel turbinio confusionario delle riforme musicali dopo il Concilio Vaticano II, ha trovato negli ultimi anni un momento di popolarità universale. Con sorpresa si registra una vivace attenzione da parte di tanti cori, sia amatoriali che professionali per cui gli amanti di queste soavi melodie potranno interessarsi nel cercare delle chiese in cui la messa solenne viene accompagnata da questa sublime coralità.
….E per finire, poteva mancare un breve cenno sull’attività corale della nostra associazione Saba? Proprio no. Si è lavorato molto durante l’anno passato e ancora di più dovremo fare perché, come si sa per avere un coro polifonico occorrono molte voci e molto tempo affinché queste si amalghino e si fondano con l’armonia. Il gruppo non è numeroso, conta di un tenore, quattro soprano, quattro contralti e due bassi. Il nostro repertorio musicale spazia tra la musica di Mozart, quella di Riz Ortolani. Non mancano brani popolari e pezzi scritti dal maestro Pizzati marito della nostra insegnante professoressa Annamaria Sopelsa, nonché coadiuvatore nella preparazione del coro. Quest’anno dedicheremo un po’ del nostro tempo ad imparare anche la musica. Abbiamo capito finalmente quanto sia importante saper leggere uno spartito e con l’aiuto e la pazienza della nostra Etta, così chiamiamo affettuosamente la nostra maestra, e tanta buona volontà contiamo di riuscirci e scusate se è poco!
Quest’anno abbiamo due corsisti nuovi: uno è coreano, l’altra è brasiliana e così oltre che polifonico, il coro diventa anche multietnico. Speriamo che questo invogli altre persone ad unire le loro voci alle nostre per poter crescere numericamente. Vi assicuriamo che il canto fa dimenticare crucci e affanni regalando invece qualche ora di vera felicità.