di Michele Serra 

Una riflessione, a volte un po’ amara per le occasioni mancate, sullo stato dell’arte dell’educazione degli adulti in Italia e soprattutto nel nostro territorio da parte di chi ha contribuito notevolmente alla creazione della nuova realtà dei Centri Territoriali Permanenti: Con la passione di sempre Michele Serra traccia un quadro lucido e pertinente della situazione 

Verso l’Educazione permanente diffusa. Rapporto da due convegni veneti


E gli operatori stavano a sentire

Ah, che bell’aria di altri tempi, degli eroici tempi di 10/15 anni fa, si è respirata ai due convegni sull’educazione degli adulti, che si sono svolti a Venezia e a Montegrotto Terme uno di seguito all’altro! Il primo Enti locali ed Educazione degli Adulti il 25 e 26 maggio 2000 e il secondo Adulti in educazione per la società multiculturale il 5, 6 e 7 giugno ai piedi delle colline padovane. In tutti e due c’entrava l’IRRSAE Veneto, ma la proposta del primo è stata della Consulta Comunale per la Scuola e l’Istruzione ed ha avuto pure la collaborazione del Provveditorato agli Studi della città.
C’era l’aria di una scoperta nuova - le possibilità educativo-sociali dei Centri Territoriali Permanenti (CTP), istituiti tre anni prima dal Ministero della Pubblica Istruzione - e anche, però, di presunzione di poter aggredire la realtà che si stava discutendo, mettendo in mostra limiti, difetti, minimalismi vissuti finora nell’esecuzione dell’attività dell’Educazione degli Adulti (EdA). Primo di questi limiti, l’attuazione - in realtà non voluta, ma esistente di fatto - di un unico punto di riferimento, la scuola, e poi, forse, la mancanza di profonda identità socio-culturale dell’azione dei CTP.
Da chi venivano queste critiche, che un tempo erano necessarie e costruttive, ma ora solamente e fastidiosamente ripetitive? Da coloro che solo ultimamente hanno preso atto della nascita e dell’importanza dei CTP e che, tutto sommato, pur rappresentando enti, associazioni, strutture lavorative, si qualificavano ora come neofiti di questi spazi d’incontro e di formazione di adulti italiani e stranieri.

 

Neofiti dell’EdA

Un’aria di altri tempi, quindi, tinta di malinconica nostalgia e di rammarico, calava disagevole in chi un tempo si impegnava nel settore e che ora era invitato a ripercorrere itinerari conosciuti, mentre prendeva atto di quanto i precedenti venivano ignorati. Per forza: i protagonisti di oggi allora non c’erano o, se c’erano, non avevano ancora maturato sensibilità al problema, fuorviati da altre preoccupazioni; adesso sono chiamati dalle loro funzioni ad affrontare una situazione, che si pensa cristallizzata su posizioni di profonda retrovia, toccata solo incidentalmente dalla circolare ministeriale del 1997. In realtà la situazione è maturata anche senza che se ne rendessero conto.
Il fatto è - ed è la loro scusante - che da sempre in Italia manca un’adeguata pubblicistica sul tema e che l’opinione pubblica è rimasta discosta da queste problematiche, perché gli operatori hanno sempre lavorato in silenzio, con lo spirito del volontariato e ignorati pure dai vertici politici responsabili, a cui, a volte, dovevano rendere conto, quelli del ministero stesso, quelli degli Irrsae e quelli dei provveditorati.

 

La nostra storia

Così ora si riprende da capo, come se non ci fosse stato sviluppo dialettico all’interno dei gruppi degli operatori. Nei convegni, questi sono stati ridotti a un po’ mortificati spettatori delle riflessioni altrui e a volte notevolmente estranee alla realtà di fatto. Avrebbero dovuto, piuttosto, diventare attori della ripresa, mettendo in evidenza la loro esperienza; avrebbero dovuto dire: questa è la nostra storia, una storia ripresa a fatica dopo gli sfilacciamenti avvenuti verso gli anni Ottanta. Si era ripartiti da posizioni di incredulità, ma subito l’azione era divenuta costante, vigorosa, capace di dare frutti consistenti sul piano dell’aggregazione e della riflessione organizzativa. E il risultato più evidente, impossibile senza la nostra storia, è stata la firma del ministro sull’ordinanza n. 155 del luglio del ‘97, che istituiva i CTP. E non solo: dal 1985 il tessuto docente e organizzativo si è ricompattato, trame di discorsi interrotti si sono riattivate, il tessuto base si è fatto consistente al di là delle particolari ispirazioni ideologiche di ognuno, impegnati tutti ad accogliere un unico progetto: l’attenzione al proprio territorio, agli adulti, ai loro bisogni espliciti o sommersi, alla loro formazione.
Abbiamo percorso molto cammino per dare una seria struttura ai corsi per adulti, ma non è completo.
Si intuisce chiaramente che la funzione dell’insegnante tradizionale, nel settore dell’educazione degli adulti, non è più solamente quella di essere competente nella propria classica materia di insegnamento. Deve, egli, trasformarsi in manager, in organizzatore, in animatore, in programmatore capace di stendere progetti sia per presentarli al potenziale pubblico del territorio, sia - ed è essenziale - per dar prova presso i superiori responsabili, nello specifico il Provveditorato agli Studi, di credibilità progettuale e didattica.
Ma ciò fa parte della strada da percorrere, noi nel ruolo di chi propone, il Ministero nel ruolo di chi, viste le convenienze e le necessità, deve approvare.
Abbiamo così tracciato un profilo molto complesso dell’operatore culturale nell’EdA. Esso è necessario per creare una svolta davvero storica nel campo dell’Educazione Permanente in Italia. Già siamo su questa strada e ciò che avviene, per esempio, a Mestre, dove è ariosamente vivace il CTP presso la Scuola media Giulio Cesare: oltre 700 iscritti nel corso dell’anno si alternano nei più di 50 corsi messi a disposizione dalla programmazione meticolosamente organizzata.
Non solo nel Veneto, ma in Italia, i vecchi corsi 150 ore di questa scuola sono stati un punto di riferimento preciso e incisivo. E con essi, anche i corsi di Venezia, di Padova e provincia, di Verona, di Vicenza sono stati fondamentali nel rivolgimento organizzativo riconosciuto, nel 1997, dal ministero.

 

Un appello al Ministro

I corsi per adulti sono una ricchezza sul territorio e costituiscono spesso importantissime occasioni di prevenzione ad enormi disagi sociali e psicologici oltre che culturali. Sono quindi strutture assolutamente fondamentali nella società, in un periodo in cui i drammi dovuti a squilibri della crescita e del disadattamento mietono vittime anche in maniera tragica e diffondono profonde difficoltà nei rapporti umani.
L’attuale ministro alla Pubblica Istruzione Tullio De Mauro non è estraneo a questa problematica, avendone studiato limiti e possibilità di equibrato sviluppo in una fondamentale pubblicazione di pochi anni fa. Egli stesso notava, allora, quale meraviglioso servizio può offrire l’Educazione degli adulti soprattutto in particolari situazioni sociali e geografiche.
Ora che i decreti legge prevedono che l’Educazione degli Adulti venga curata anche dallo Stato, voglia egli incrementarli e chiederne la diffusione non solo nelle città, già ricche, a dire il vero, di stimoli e offerte culturali, ma anche nelle campagne, nelle piccole isole lontane e dimenticate (sono Italia pure quelle!), tra le valli alpine belle nei periodi dei villeggianti e svilite a povere lande di scarsezza culturale subito dopo. Ma si sappia: ogni azione innovativa sarà nulla se non passerà attraverso una specifica formazione (di mente e di cuore) degli operatori culturali ivi impegnati.

 

Natura e compiti dei CTP

Una lunga e impegnativa riflessione si stava sviluppando a metà degli anni ‘80 tra i docenti e i presidi dei corsi, che ancora erano i cosiddetti "corsi 150 ore" per l’alfabetizzazione o per la terza media. Si moltiplicavano gli incontri, si stabilivano delle scadenze, si formavano gruppi di studio e di lavoro costanti nelle riunioni e nel formulare proposte di rinnovamento e anche di critica verso gli aspetti più deleteri dell’esperienza educativa, che minavano dal di dentro la serietà dell’impegno. E poi ecco la proposta finale, emersa dalla coscienza delle possibilità e delle necessità, dallo studio di altre esperienze anche straniere, dal coinvolgimento dell’università, del ministero, di tutti gli Irrsae, dei provveditorati: i CTP devono essere luogo di offerta culturale ampia. Gli allora attuali docenti dei "corsi 150 ore" dovevano trasformarsi in animatori e organizzatori, attingendo dall’ambiente stimoli culturali, collaborazioni, capacità di diventare osservatorio sui bisogni del territorio, efficaci nel dare ad essi soddisfacenti risposte. Risposte anche di carattere preprofessionale, senza tuttavia far diventare questa esigenza l’obiettivo totalizzante, come sempre vorrebbero altre forze sociali legate per motivi diversi al mondo della produzione. Presidi e insegnanti manager, quindi, vivaci, colti, aperti ai nuovi bisogni e al nuovo pubblico, nuovo rispetto a quello storico dei classici lavoratori, magari metalmeccanici: giovani drop-out, casalinghe, tossicodipendenti, militari di leva, pensionati, stranieri immigrati.


La nuova figura dell’operatore dell’EdA

Formazione culturale aperta a tutti gli adulti

Come avrebbero dovuto essere i nuovi operatori dell’Educazione degli Adulti? Se aprivamo - era la nostra fondamentale proposta - ai numerosi interessi manifestati e se aprivamo a tutti gli adulti che avessero voluto rientrare in formazione nell’ottica dell’Educazione Permanente (educazione lungo l’intero arco della vita), i docenti in organico avrebbero d’ora in poi dovuto occuparsi di cercare collaborazioni anche economiche sul territorio, curare in modo particolare l’accoglienza di chi chiedeva l’iscrizione, l’organizzazione e il coordinamento dei corsi o dei gruppi di interesse, darsi nuove competenze anche culturali: urgeva tuttavia, insomma, una profonda revisione del ruolo degli insegnanti in organico e di una loro formazione e disponibilità per affrontare su diversi fronti il funzionamento dei centri territoriali

Graduatoria specifica

Il progetto doveva per forza prevedere qualcos’altro di nuovo e di rivoluzionario: insegnanti del genere non potevano essere quelli che sceglievano solo come extrema ratio i corsi per lavoratori, magari per rimanere vicino al luogo di residenza. Il progetto dei CTP ai nostri occhi esigeva la creazione di una graduatoria di personale culturalmente e peda-gogicamente aperta a una forma di lavoro non più solo scolastico, capace invece di operare didatticamente nell’ottica della pedagogia dell’adulto.
E’ stata questa una richiesta esplicita più volte avanzata negli ambienti ministeriali. Si faceva presente inoltre quanto fosse importante offrire agli insegnanti un itinerario formativo in vista delle nuove competenze da spendere nei corsi per adulti, prima fra tutte quella di studiare il proprio territorio d’azione per riuscire a farvi emergere i bisogni culturali, cui dare risposta attraverso i corsi. Operazione facile, questa, quando gli interessi sono esplicitati dagli adulti ivi residenti; ben difficile, invece, quando gli interessi se ne stanno nascosti, sommersi, presenti ma sconosciuti, ignorati anche da chi, in realtà, li nutre nel profondo senza rendersene conto.
Un insegnante quindi deve imparare ad essere organizzatore: individuati i bisogni, eccolo ora impegnato a pubblicizzare l’offerta dei servizi del CTP, quelle iniziative culturali che rispondono, appunto, ai bisogni del territorio.


Ciò che gli operatori devono saper fare

In sintesi, per i corsi di Educazione Permanente, ecco le abilità che servono al docente-animatore-manager:
- studiare il territorio e farne emergere i bisogni;
- pubblicizzare l’offerta della sede territoriale del Centro di Educazione Permanente;
- predisporre iniziative culturali tali da rispondere ai bisogni del territorio;
- fare in modo che ci siano adesioni ad esse e quindi incentivare le iscrizioni;
- procurare al Centro competenze capaci di dare soddisfacenti risposte alle richieste; gli operatori designati ai Centri, certamente non sono in possesso di ogni risposta;
- saper attivare, quindi, collaborazioni, intese, convenzioni con altre presenze culturali, ludiche, sociali;
- rendere credibile l’organizzazione e la richiesta di autorizzazioni dei corsi alle competenti autorità territoriali;
- leggere con attento spirito pedagogico tutto ciò che riguarda l’organizzazione e l’attuazione di attività nell’ambito dell’Educazione Permanente.


I Corsi e i CTP della provincia di Venezia

Nell’anno 2000, nella provincia veneziana sono stati istituiti CTP o corsi singoli nelle seguenti località, che ritengo utile e interessante elencare per rendersi conto dei mutamenti in atto:
- Mestre, scuola media G. Cesare: gli iscritti ai corsi di licenza media sono 75, a quelli di alfabetizzazione sono 210. Gli adulti che seguono i corsi di Educazione Permanente sono 384. Moltissimi sono gli stranieri e non solo extracomunitari.
- Marghera, , scuola media Luigi Einaudi: gli iscritti ai corsi di licenza media sono 41; a quelli di alfabetizzazione si sono iscritte 62 persone e 108 sono gli adulti che seguono i corsi di Educazione Permanente.
- Dolo, scuola media Giuliani: gli iscritti ai corsi di licenza media sono 31, a quelli di alfabetizzazione 63 e gli adulti che seguono i corsi di Educazione Permanente sono 682.
- Chioggia, scuola media Pascoli: gli iscritti ai corsi di licenza media sono 47, quelli che frequentano i corsi di alfabetizzazione sono 14 e 600 sono gli adulti che seguono i corsi di Educazione Permanente.
- Spinea, scuola media G.B.Vico: 70 adulti si sono iscritti ai corsi di licenza media e 272 ai corsi di Educazione Permanente.
- Venezia, scuola media Morosini: gli iscritti ai corsi di licenza media sono 25, a quelli di alfabetizzazione 35 e 157 sono gli iscritti ad altre attività. Questo CTP comprende anche corsi presso il carcere della Giudecca e di S. Maria Maggiore.
- a S. Donà di Piave c’è un corso.
- Portogruaro: un corso.