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Verso l’Educazione
permanente diffusa. Rapporto da due convegni veneti
E gli operatori stavano a sentire
Ah, che bell’aria di
altri tempi, degli eroici tempi di 10/15 anni fa, si è respirata ai due
convegni sull’educazione degli adulti, che si sono svolti a Venezia e a
Montegrotto Terme uno di seguito all’altro! Il primo Enti locali ed
Educazione degli Adulti il 25 e 26 maggio 2000 e il secondo Adulti
in educazione per la società multiculturale il 5, 6 e 7 giugno ai
piedi delle colline padovane. In tutti e due c’entrava l’IRRSAE
Veneto, ma la proposta del primo è stata della Consulta Comunale per la
Scuola e l’Istruzione ed ha avuto pure la collaborazione del
Provveditorato agli Studi della città.
C’era l’aria di una scoperta nuova - le possibilità educativo-sociali
dei Centri Territoriali Permanenti (CTP), istituiti tre anni prima dal
Ministero della Pubblica Istruzione - e anche, però, di presunzione di
poter aggredire la realtà che si stava discutendo, mettendo in mostra
limiti, difetti, minimalismi vissuti finora nell’esecuzione dell’attività
dell’Educazione degli Adulti (EdA). Primo di questi limiti, l’attuazione
- in realtà non voluta, ma esistente di fatto - di un unico punto di
riferimento, la scuola, e poi, forse, la mancanza di profonda identità
socio-culturale dell’azione dei CTP.
Da chi venivano queste critiche, che un tempo erano necessarie e
costruttive, ma ora solamente e fastidiosamente ripetitive? Da coloro che
solo ultimamente hanno preso atto della nascita e dell’importanza dei
CTP e che, tutto sommato, pur rappresentando enti, associazioni, strutture
lavorative, si qualificavano ora come neofiti di questi spazi d’incontro
e di formazione di adulti italiani e stranieri.
Neofiti
dell’EdA
Un’aria di altri tempi,
quindi, tinta di malinconica nostalgia e di rammarico, calava disagevole
in chi un tempo si impegnava nel settore e che ora era invitato a
ripercorrere itinerari conosciuti, mentre prendeva atto di quanto i
precedenti venivano ignorati. Per forza: i protagonisti di oggi allora non
c’erano o, se c’erano, non avevano ancora maturato sensibilità al
problema, fuorviati da altre preoccupazioni; adesso sono chiamati dalle
loro funzioni ad affrontare una situazione, che si pensa cristallizzata su
posizioni di profonda retrovia, toccata solo incidentalmente dalla
circolare ministeriale del 1997. In realtà la situazione è maturata
anche senza che se ne rendessero conto.
Il fatto è - ed è la loro scusante - che da sempre in Italia manca un’adeguata
pubblicistica sul tema e che l’opinione pubblica è rimasta discosta da
queste problematiche, perché gli operatori hanno sempre lavorato in
silenzio, con lo spirito del volontariato e ignorati pure dai vertici
politici responsabili, a cui, a volte, dovevano rendere conto, quelli del
ministero stesso, quelli degli Irrsae e quelli dei provveditorati.
La nostra
storia
Così ora si riprende
da capo, come se non ci fosse stato sviluppo dialettico all’interno dei
gruppi degli operatori. Nei convegni, questi sono stati ridotti a un po’
mortificati spettatori delle riflessioni altrui e a volte notevolmente
estranee alla realtà di fatto. Avrebbero dovuto, piuttosto, diventare
attori della ripresa, mettendo in evidenza la loro esperienza; avrebbero
dovuto dire: questa è la nostra storia, una storia ripresa a fatica dopo
gli sfilacciamenti avvenuti verso gli anni Ottanta. Si era ripartiti da
posizioni di incredulità, ma subito l’azione era divenuta costante,
vigorosa, capace di dare frutti consistenti sul piano dell’aggregazione
e della riflessione organizzativa. E il risultato più evidente,
impossibile senza la nostra storia, è stata la firma del ministro sull’ordinanza
n. 155 del luglio del ‘97, che istituiva i CTP. E non solo: dal 1985 il
tessuto docente e organizzativo si è ricompattato, trame di discorsi
interrotti si sono riattivate, il tessuto base si è fatto consistente al
di là delle particolari ispirazioni ideologiche di ognuno, impegnati
tutti ad accogliere un unico progetto: l’attenzione al proprio
territorio, agli adulti, ai loro bisogni espliciti o sommersi, alla loro
formazione.
Abbiamo percorso molto cammino per dare una seria struttura ai corsi per
adulti, ma non è completo.
Si intuisce chiaramente che la funzione dell’insegnante tradizionale,
nel settore dell’educazione degli adulti, non è più solamente quella
di essere competente nella propria classica materia di insegnamento. Deve,
egli, trasformarsi in manager, in organizzatore, in animatore, in
programmatore capace di stendere progetti sia per presentarli al
potenziale pubblico del territorio, sia - ed è essenziale - per dar prova
presso i superiori responsabili, nello specifico il Provveditorato agli
Studi, di credibilità progettuale e didattica.
Ma ciò fa parte della strada da percorrere, noi nel ruolo di chi propone,
il Ministero nel ruolo di chi, viste le convenienze e le necessità, deve
approvare.
Abbiamo così tracciato un profilo molto complesso dell’operatore
culturale nell’EdA. Esso è necessario per creare una svolta davvero
storica nel campo dell’Educazione Permanente in Italia. Già siamo su
questa strada e ciò che avviene, per esempio, a Mestre, dove è
ariosamente vivace il CTP presso la Scuola media Giulio Cesare:
oltre 700 iscritti nel corso dell’anno si alternano nei più di 50 corsi
messi a disposizione dalla programmazione meticolosamente organizzata.
Non solo nel Veneto, ma in Italia, i vecchi corsi 150 ore di questa scuola
sono stati un punto di riferimento preciso e incisivo. E con essi, anche i
corsi di Venezia, di Padova e provincia, di Verona, di Vicenza sono stati
fondamentali nel rivolgimento organizzativo riconosciuto, nel 1997, dal
ministero.
Un
appello al Ministro
I corsi per adulti sono
una ricchezza sul territorio e costituiscono spesso importantissime
occasioni di prevenzione ad enormi disagi sociali e psicologici oltre che
culturali. Sono quindi strutture assolutamente fondamentali nella
società, in un periodo in cui i drammi dovuti a squilibri della crescita
e del disadattamento mietono vittime anche in maniera tragica e diffondono
profonde difficoltà nei rapporti umani.
L’attuale ministro alla Pubblica Istruzione Tullio De Mauro non è
estraneo a questa problematica, avendone studiato limiti e possibilità di
equibrato sviluppo in una fondamentale pubblicazione di pochi anni fa.
Egli stesso notava, allora, quale meraviglioso servizio può offrire l’Educazione
degli adulti soprattutto in particolari situazioni sociali e geografiche.
Ora che i decreti legge prevedono che l’Educazione degli Adulti venga
curata anche dallo Stato, voglia egli incrementarli e chiederne la
diffusione non solo nelle città, già ricche, a dire il vero, di stimoli
e offerte culturali, ma anche nelle campagne, nelle piccole isole lontane
e dimenticate (sono Italia pure quelle!), tra le valli alpine belle nei
periodi dei villeggianti e svilite a povere lande di scarsezza culturale
subito dopo. Ma si sappia: ogni azione innovativa sarà nulla se non
passerà attraverso una specifica formazione (di mente e di cuore) degli
operatori culturali ivi impegnati.
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Natura e
compiti dei CTP
Una lunga e impegnativa
riflessione si stava sviluppando a metà degli anni ‘80 tra i docenti e
i presidi dei corsi, che ancora erano i cosiddetti "corsi 150
ore" per l’alfabetizzazione o per la terza media. Si moltiplicavano
gli incontri, si stabilivano delle scadenze, si formavano gruppi di studio
e di lavoro costanti nelle riunioni e nel formulare proposte di
rinnovamento e anche di critica verso gli aspetti più deleteri
dell’esperienza educativa, che minavano dal di dentro la serietà
dell’impegno. E poi ecco la proposta finale, emersa dalla coscienza
delle possibilità e delle necessità, dallo studio di altre esperienze
anche straniere, dal coinvolgimento dell’università, del ministero, di
tutti gli Irrsae, dei provveditorati: i CTP devono essere luogo di offerta
culturale ampia. Gli allora attuali docenti dei "corsi 150 ore"
dovevano trasformarsi in animatori e organizzatori, attingendo
dall’ambiente stimoli culturali, collaborazioni, capacità di diventare
osservatorio sui bisogni del territorio, efficaci nel dare ad essi
soddisfacenti risposte. Risposte anche di carattere preprofessionale,
senza tuttavia far diventare questa esigenza l’obiettivo totalizzante,
come sempre vorrebbero altre forze sociali legate per motivi diversi al
mondo della produzione. Presidi e insegnanti manager, quindi, vivaci,
colti, aperti ai nuovi bisogni e al nuovo pubblico, nuovo rispetto a
quello storico dei classici lavoratori, magari metalmeccanici: giovani
drop-out, casalinghe, tossicodipendenti, militari di leva, pensionati,
stranieri immigrati.
La nuova figura
dell’operatore dell’EdA
Formazione
culturale aperta a tutti gli adulti
Come avrebbero dovuto essere i
nuovi operatori dell’Educazione degli Adulti? Se aprivamo - era la
nostra fondamentale proposta - ai numerosi interessi manifestati e se
aprivamo a tutti gli adulti che avessero voluto rientrare in formazione
nell’ottica dell’Educazione Permanente (educazione lungo l’intero
arco della vita), i docenti in organico avrebbero d’ora in poi dovuto
occuparsi di cercare collaborazioni anche economiche sul territorio,
curare in modo particolare l’accoglienza di chi chiedeva l’iscrizione,
l’organizzazione e il coordinamento dei corsi o dei gruppi di interesse,
darsi nuove competenze anche culturali: urgeva tuttavia, insomma, una
profonda revisione del ruolo degli insegnanti in organico e di una loro
formazione e disponibilità per affrontare su diversi fronti il
funzionamento dei centri territoriali
Graduatoria
specifica
Il progetto doveva per
forza prevedere qualcos’altro di nuovo e di rivoluzionario: insegnanti
del genere non potevano essere quelli che sceglievano solo come extrema
ratio i corsi per lavoratori, magari per rimanere vicino al luogo di
residenza. Il progetto dei CTP ai nostri occhi esigeva la creazione di una
graduatoria di personale culturalmente e peda-gogicamente aperta a una
forma di lavoro non più solo scolastico, capace invece di operare
didatticamente nell’ottica della pedagogia dell’adulto.
E’ stata questa una richiesta esplicita più volte avanzata negli
ambienti ministeriali. Si faceva presente inoltre quanto fosse importante
offrire agli insegnanti un itinerario formativo in vista delle nuove
competenze da spendere nei corsi per adulti, prima fra tutte quella di
studiare il proprio territorio d’azione per riuscire a farvi emergere i
bisogni culturali, cui dare risposta attraverso i corsi. Operazione
facile, questa, quando gli interessi sono esplicitati dagli adulti ivi
residenti; ben difficile, invece, quando gli interessi se ne stanno
nascosti, sommersi, presenti ma sconosciuti, ignorati anche da chi, in
realtà, li nutre nel profondo senza rendersene conto.
Un insegnante quindi deve imparare ad essere organizzatore: individuati i
bisogni, eccolo ora impegnato a pubblicizzare l’offerta dei servizi del
CTP, quelle iniziative culturali che rispondono, appunto, ai bisogni del
territorio.
Ciò che gli operatori
devono saper fare
In sintesi, per i corsi
di Educazione Permanente, ecco le abilità che servono al
docente-animatore-manager:
- studiare il territorio e farne emergere i bisogni;
- pubblicizzare l’offerta della sede territoriale del Centro di
Educazione Permanente;
- predisporre iniziative culturali tali da rispondere ai bisogni del
territorio;
- fare in modo che ci siano adesioni ad esse e quindi incentivare le
iscrizioni;
- procurare al Centro competenze capaci di dare soddisfacenti risposte
alle richieste; gli operatori designati ai Centri, certamente non sono in
possesso di ogni risposta;
- saper attivare, quindi, collaborazioni, intese, convenzioni con altre
presenze culturali, ludiche, sociali;
- rendere credibile l’organizzazione e la richiesta di autorizzazioni
dei corsi alle competenti autorità territoriali;
- leggere con attento spirito pedagogico tutto ciò che riguarda
l’organizzazione e l’attuazione di attività nell’ambito
dell’Educazione Permanente.
I Corsi e i CTP della
provincia di Venezia
Nell’anno 2000, nella
provincia veneziana sono stati istituiti CTP o corsi singoli nelle
seguenti località, che ritengo utile e interessante elencare per rendersi
conto dei mutamenti in atto:
- Mestre, scuola media G. Cesare: gli iscritti ai corsi di licenza
media sono 75, a quelli di alfabetizzazione sono 210. Gli adulti che
seguono i corsi di Educazione Permanente sono 384. Moltissimi sono gli
stranieri e non solo extracomunitari.
- Marghera, , scuola media Luigi Einaudi: gli iscritti ai corsi di
licenza media sono 41; a quelli di alfabetizzazione si sono iscritte 62
persone e 108 sono gli adulti che seguono i corsi di Educazione
Permanente.
- Dolo, scuola media Giuliani: gli iscritti ai corsi di licenza
media sono 31, a quelli di alfabetizzazione 63 e gli adulti che seguono i
corsi di Educazione Permanente sono 682.
- Chioggia, scuola media Pascoli: gli iscritti ai corsi di licenza
media sono 47, quelli che frequentano i corsi di alfabetizzazione sono 14
e 600 sono gli adulti che seguono i corsi di Educazione Permanente.
- Spinea, scuola media G.B.Vico: 70 adulti si sono iscritti ai
corsi di licenza media e 272 ai corsi di Educazione Permanente.
- Venezia, scuola media Morosini: gli iscritti ai corsi di licenza
media sono 25, a quelli di alfabetizzazione 35 e 157 sono gli iscritti ad
altre attività. Questo CTP comprende anche corsi presso il carcere della
Giudecca e di S. Maria Maggiore.
- a S. Donà di Piave c’è un corso.
- Portogruaro: un corso.
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