l gruppo di scrittura ricorda il
poeta veneziano scomparso da poco: Mario Stefani, nato a Venezia il 04/08/1938.
I veneziani lo ammiravano per la sua semplicità, la passione per la letteratura, il suo
amore per la gente. |
Mario Stefani
Alcune delle corsiste del gruppo di scrittura lo avevano conosciuto personalmente
(era spesso giudice o presidente in concorsi di poesia) e lo ricordano come una persona
cordiale e disponibile dalle grandi doti umane. Una di loro lo definisce:"una persona
con un cuore grande in un corpo pieno di solitudine". Era infatti un uomo molto solo,
ed il suo dolore traspare molto spesso nelle sue liriche.
La morte del padre lo aveva rattristato e chiuso ancora di più nella sua solitudine
interiore, sentiva il bisogno estremo di essere amato per ciò che lui era. Leggendo ad
esempio la sua ultima poesia Una quieta disperazione, si può ben comprendere lo
stato d’animo dell’artista.
Poeta di livello nazionale il suo primo libro lo pubblicò nel 1960 Desiderio della
vita; ad esso fece seguito una lunga lista di raccolte di poesie spesso dedicate a
Venezia e alla sua gente: Come el vento ne la laguna con la prefazione di Cesco
Baseggio, Se Venezia non avesse un ponte l’Europa sarebbe un’isola, Vino
ed Eros ecc. Fino ad arrivare al volume edito nel 2000 Una solitudine inquieta.
Attualmente stava lavorando in una vecchia raccolta di versi che emblematicamente aveva
intitolato Una quieta disperazione, quasi una sorta di testamento poetico in cui
emerge la sua indole tremendamente malinconica e solitaria. Molte delle sue poesie sono
state tradotte in Inghilterra e negli Stati Uniti ed il noto musicista Roberto Miconi ha
musicato alcuni suoi versi.
Per diversi anni ha esercitato la sua professione di insegnante di lettere in alcune
scuole superiori della nostra città. Fu ottimo critico letterario dei giornali Osservatore
politico letterario, dell’Arena e del Resto del Carlino. In questi
ultimi anni curava la terza pagina de Il Gazzettino e le cronache di Venezia
Mestre.
Poesie segrete
appena sussurrate per pudore
amate figlie fuggite alla penna
sedimentate per caso o per necessità
affiorate alle labbra con timore e tremore
di confessare ciò che sono
spaurite ombre di fronte alla vita.
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