Corso di educazione sonora tenuta dal prof. Cisternino

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di Dolores Bernardi

Sono già due anni che frequento il corso di EDUCAZIONE SONORA con il prof. Cisternino che con la sua sensibilità e profonda conoscenza della musica mi ha coinvolto (come del resto tutti gli altri corsisti) ad appassionarmi a questa materia.

 

 

 

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Nicola Cisternino compositore, si è diplomato in flauto traverso presso il conservatorio "A. Boito" di Parma e laureato in Discipline delle Arti della Musica dello Spettacolo (DAMS) presso l’università di Bologna

Nessuno sa esattamente quando e come sia nata la musica: sappiamo solo che oggi non esiste una società al mondo, per quanto primitiva, che non la conosca.
Questo sta a dimostrare che probabilmente da sempre l’uomo compone e suona, visto che gli antropologi assicurano che le tribù primitive dell’Australia o dell’Africa moderne vivono pressappoco come i nostri antenati preistorici.
La musica primitiva si sviluppò come espressione naturale dei principali sentimenti: la gioia, il dolore, la collera, l’amore, i timori dell’uomo per l’ignoto. Un certo tipo di musica costituì l’accompagnamento naturale alle danze rituali e all’attività lavorativa; le voci cantilenanti e i passi ritmati o il batter ritmico delle mani furono probabilmente i primi "strumenti", ma a poco a poco gli uomini scoprirono di poter ricavare suoni da zucche o da canne vuote, rispettivamente percuotendole o soffiandovi dentro, e constatarono anche che le corde tese, pizzicate o sfregate, producevano suoni.
Quando l’uomo cominciò a "dar forma" a questi suoni, accordando note e ritmi in vario modo, nacque "l’arte" della musica.
Il prof. Cisternino ci spiega che il suono è una vibrazione dell’aria generato da un movimento di un corpo elastico. Perché ci sia un suono ci devono essere tre soggetti: corpo vibrante che genera vibrazione, aria che trasmette la vibrazione, e uno strumento che riceva e capti la vibrazione. Il suono nasce quando un oggetto, per esempio una corda di pianoforte o un gruppo di corde vocali, inizia a vibrare dando l’avvio a onde sonore che si diffondono nell’aria circostante: tali onde vengono raccolte dal nostro orecchio, che le classifica e trasmette al cervello le informazioni sulle caratteristiche del suono. Siamo in grado di riconoscere "ad orecchio" la differenza tra suono e rumore, differenza data dalla regolarità o irregolarità delle vibrazioni prodotte.
Come prima cosa risalta la potenza del suono, cioè se è forte o debole: questa caratteristica si chiama intensità del suono. Dobbiamo fare attenzione a non confondere la potenza del suono con la sua altezza, altra importante qualità del suono: l’altezza dipende dalla frequenza, ossia dal numero di vibrazioni al secondo. Un alto numero di vibrazioni corrisponde ad un suono acuto, poche vibrazioni danno luogo ad un suono basso.
Il timbro è la caratterisica del suono che ci permette di distinguere il colore, cioè ad esempio (un violino da un trombone). Il timbro è dovuto al fatto che ciò che noi ascoltiamo come una sola nota, in realtà al suo interno è costituita da numerose vibrazioni che si sommano. Lo spettro di un suono, (la sua fotografia) è composto dunque da una vibrazione fondamentale sulla quale si aggiungono numerose altre vibrazioni chiamate "armoniche" dandoci la possibilità di valutare, all’interno della stessa melodia, suoni prodotti da strumenti diversi (strumenti diversi hanno armoniche diverse).
Il ritmo di un brano è riferito al tempo; è importante perché influisce sullo spirito della musica, cioè sulle sensazioni che essa suscita in noi, giacchè associamo, in genere, la dignità, la solennità o anche la tristezza a un tempo lento, e la vivacità, l’energia e l’allegria a un tempo che sia invece svelto. Il senso del ritmo è così innato nella maggior parte di noi che quasi tutti riusciamo a riconoscere certi tipi di musica udendone semplicemente il motivo ritmico.
Se un brano musicale attrae un gran numero di ascoltatori non dipende probabimente dalla sua forma esteriore, ma da ciò che quella forma significa per ogni ascoltatore in termini di esperienza umana. Lo stesso brano può suscitare le medesime emozioni in persone diverse, ma per ragioni differenti.
La musica è profondamente legata ai sentimenti e alle esperienze dell’uomo in quanto essere sociale, essa è una forma di comunicazione, un linguaggio atto a descrivere esperienze emotive diverse.
Molti affermano che solo pochi sono dotati di senso musicale, ma poi si comportano come se tutti possedessero il requisito fondamentale senza il quale nessuna tradizione musicale potrebbe esistere: la capacità di ascoltare e comprendere strutture sonore. Facciamo un esempio: la maggior parte dei realizzatori di film e teleromanzi ambiscono ad accaparrarsi vaste e differenziate fasce d’ascolto; e così quando sottolineano i dialoghi e l’azione con musiche di sottofondo, ammettono implicitamente che il pubblico sappia distinguere le strutture e rispondere al loro richiamo emotivo, ascoltandole, comprendendole nel modo inteso dal compositore. Essi partono dal presupposto che la musica è una forma di comunicazione e che, in un comune contesto culturale, particolari sequenze musicali, possono evocare sentimenti di paura, apprensione, passione, patriottismo, religiosità, meraviglia, gioia ecc. Se l’esperienza di questi realizzatori di film li avesse smentiti, avrebbero eliminato ogni musica d’atmosfera e di sottofondo, ritenendola superflua.
La musica può arricchire ampiamente la nostra esperienza fungendo da anello di congiunzione, secondo l’espressione di Beethoven, fra "la vita spirituale e quella dei sensi". Come i pittori si servono del colore per comunicare agli altri i propri sentimenti ed idee e gli scrittori della parola, così i compositori e i musicisti si servono del suono.

 


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Ora il prof. Cisternino ci parla degli strumenti che compongono l’orchestra sinfonica:

gli archi costituiscono la piu’ importante delle quattro sezioni che compongono l’orchestra moderna e ne formano quasi i due terzi: il suono espressivo del violino, della viola, del violoncello e del contrabbasso gareggiano con la voce umana per varietà e flessibilità, e spesso i compositori affidano a questi strumenti le melodie principali delle loro composizioni.
Gli strumenti a fiato in legno, secondi per importanza, con la loro ampia gamma di tonalità e dinamica: troviamo il flauto dalla voce limpida e allegra, acuto ottavino, il lamentoso oboe con i suoi cugini a voce più bassa, il corno inglese e il fagotto, e infine il morbido clarinetto.
Gli ottoni,
le cui voci potenti sono sistemate nell’ultima fila dell’orchestra, comprendono il corno, la brillante tromba, il solenne trombone e la tuba dalla voce profonda. Alcuni membri della famiglia degli strumenti a percussione, il tamburo, il triangolo e i piatti, danno suoni di cui i compositori si servono per sottolineare il ritmo o accentuare la drammaticità; i timpani hanno la caratteristica di poter essere accordati su una determinata tonalità, ottenendo così effetti più delicati.
Gran parte delle orchestre comprendono inoltre un’arpa e a volte un pianoforte, un organo e talora aggiungono anche qualche altro strumento.
Di un’orchestra piena fanno parte generalmente da 60 a 100 suonatori.
I violini sono la spina dorsale dell’orchestra fin dal XVII secolo.
…... e infine conclude dicendo che "il direttore d’orchestra" è l’ultimo nato tra gli interpreti musicali.