Salute |
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di Roberta Fabris |
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“… con lo sguardo rivolto ad altre tecniche affini…”
Roberta Fabris, nata a Venezia, laureata in lettere e filosofia, è dal 1980 operatrice di Training Autogeno, iscritta all’Albo Operatori e Didatti I.C.S.A.T. Alla sua attività nell'ambito delle tecniche di rilassamento, affianca interessi letterari ed artistici. Ha pubblicato articoli, favole e romanzi. |
Si
è già trattato di Training Autogeno (T.A.) come metodo di
autodistensione concentrativa, delle possibilità, dei risultati e dei
vantaggi che questa tecnica garantisce a chi la pratica con costanza (EP
n° 5 pagine 7-9) e di come utilizzando la Modificazione Autogena ed altri
esercizi di approfondimento si possano rafforzare gli effetti raggiunti
con il T.A. di base, fino a migliorare la conoscenza di sè e la coscienza
del proprio rapporto con il mondo esterno (EP n° 7 pagine 21-22). L’esperienza
condotta quest’anno nel 2° corso conclusosi ad Aprile, ha permesso di
esplorare un altro aspetto importante della metodica di Schultz: il T.A.
apre lo sguardo alla lettura del linguaggio del corpo. In ottobre verrà attivato un corso di Training Autogeno di approfondimento rivolto a chi già pratica il T.A. di base: i sei esercizi progressivi del T.A. costituiranno il punto di partenza per affrontare altre tecniche di rilassamento sia statiche che in movimento. |
CASSELÈR, s.m. Cassettaio, Stipettaio, Maestro di far cassette o casse. Calle della Casselleria a Santa Maria Formosa. Qui stanziavano i casellari, laonde Lauredana Cappello relita del q. M. Laurenzio Cappello notificò nel 1514 di possedere in S.M. Formosa in Casselleria, case n. 4 cum le sue botteghe de casseler. Havvi tuttora scolpita sulle muraglie l’arma Cappello. Errarono poi i Gallicciolli ed i Mulinelli nel credere che per Casselleri gabbansi intendere i fabbricatori di case, secondo l’antico modo di scrive cassa per casa. I casselleri erano i fabbricatori di casse, come chiaramente risulta da una legge del M.C. dell’anno 1322 (Neptunus), ove è detto: cum cassellarii de Venetia possint trahere de Venet: franchum lignum laboratorum per cassellas pro suo laboratorio. Queste casse servivano alla spedizione delle mercanzie oppure a contenere il corredo delle spose novelle. Rammenta il Quadri nella sua Descrizione topografica di Venezia che in molte antiche famiglie si conservano tuttora alcune casse destinate a questo ultimo scopo, riccamente intarsiate d’ebano, avorio e madreperla, con le traccie tuttora visibili dell’incastonatura di pietre preziose. Aggiunge che, anche al giorno d’oggi, esistono della tavole da buoni maestri dipinte, le quali in origine formavano il coperchio e le sponde di alcune delle casse medesime. I casselleri avevano la loro scuola di devozione, sacra a S. Giuseppe, presso la chiesa di S. Maria Formosa. Essi nel secolo X ammontavano, secondo il de Monacis, a più di 400, e molti si distinsero nel debellare i pirati Triestini o Istriani, che fuggivano sopra una galera, traendo seco le spose Veneziane poco prima rapite. Il Gallicciolli riporta un brano della Mariegola dell’arte così concepito: Et i casselleri de la contrà de Santa Maria Formosa se missino in ponto, e ben in ordene, facendo pavesi de la tavole che loro feva le casse, e tutti ardono adosso la galia, e quella investino, e fono essi casselleri che fono i primi che montassero sopra essa galia, e fono morti assai da tute doi le parte, e tajono a pezzi tutti li Triestini, non ne facendo alcuno de loro prexon. Et questo volse el doxe aciò i non avesse sepoltura li corpi soi in terra, ma che el mar fosse il suo movimento per la luzuria granda et offesa che fecero ai Vinitiani. Dicesi che i casselleri riportassero vittoria il giorno della Purificazione di Maria Vergine, e ritornati ai propri lari, chiedessero al doge che annualmente, la vigilia ed il giorno di tale festività, visitasse colla Signoria la chiesa di Santa Maria Formosa. Dicesi pure che il doge per ischerzo loro opponesse – E se fosse per piovere? E se avessimo sete? – al che essi rispondessero – Noi vi daremo cappelli per coprirvi. Noi vi daremo da bere. – Da ciò avrebbe avuto origine il dono di due cappelli di carta, o di paglia dorata, e dei due fiaschi di malvagía con sopra due aranci, che il pievano di Santa Maria Formosa soleva dare al principe in quella circostanza. |