Religioni
(dalla conferenza del prof. M. Raveri del 27 maggio 2004)
a cura di Mario Meggiato

Il buddismo è una dottrina fìlosofìca predicata
da Buddha.
Continuata dai discepoli, sviluppata in seguito e fissata in forme rituali si diffuse, dapprima in India,
poi nel resto dell'Asia.

 

 


Buddha-nirvana

 

II Relatore ci avverte subito che il buddismo non riguarda la religione, ma piuttosto la filosofia, meglio ancora uno stile di vita. Parlare dell’ al di là del buddismo, continua il professore, è quasi un controsenso, poiché l’al di là non c’è.
Lo scopriremo lentamente perché il buddismo è un’esperienza lunga, ossia duemilacinquecento anni di storia, di stratificazioni culturali e d’interpretazioni filosofiche diverse, da un inizio di negazione assoluta di spiritualità ad una visione di speranza. Il buddismo deriva dall’induismo, è un movimento inizialmente indiano e successivamente si espande in tutta l’Asia Orientale.
Buddha (in sanscrito vuoi dire illuminato) è il nome dato a colui che secondo i precetti del buddismo si eleva, attraverso l’ascesi, alla conoscenza perfetta, illuminazione appunto; è il titolo con il quale l’asceta indiano Sakyamuni Gautama (560-480 a C.) di nobile casato, a 29 anni lasciò gli agi familiari e si diede ad una vita ascetica e di penitenza. Dopo sette anni svelatoglisi in una notte di meditazione il mistero della vita, cominciò la predicazione della dottrina che da lui prese il nome.
Buddismo è, infatti, una dottrina fìlosofìca predicata, appunto, da Buddha, alla cui base vi è un rigoroso spirito speculativo che critica e nega ogni concetto di divinità e che ha come scopo la redenzione dal ciclo eterno delle nascite, tramite il nirvana, assenza di ogni desiderio e annullamento assoluto in cui lo spirito trova pace liberandosi dai dolori e dalle illusioni della vita terrena.
Continuata dai discepoli, sviluppata in seguito e fissata in forme rituali si diffuse, dapprima in India, poi nel resto dell'Asia.
Dicevamo che il buddismo è inizialmente negazione della divinità e si configura come liberazione dal vivere poiché la vita è essenzialmente dolore.
Diversamente dall’idea occidentale, per la quale la vita è bella, buona, santa, per il buddismo la vita è, invece, dolore, prigione dalla quale occorre uscire.
La sofferenza umana è conseguenza della distrazione dal sé causata dal desiderio d’immortalità. Ciò è soltanto illusione ed è male. L’uomo patisce, dunque, a causa del suo bruciante desiderio che genera poi angoscia; tale desiderio lo lacera e lo ruba a se stesso rendendolo addirittura vorace tanto che vorrebbe mangiare il mondo intero. Nel primo buddismo non esiste Paradiso.
Non c’è alcuna speranza, tanto che soltanto l’assenza di vita è bene poiché esiste soltanto un incolmabile vuoto.
Il monaco che allora intendeva intraprendere la via della salvezza doveva realizzare l’indifferenza dal mondo distaccandosene, operando una lotta contro i sensi e i sentimenti che sono solo mera illusione. La via della salvezza si realizza allora unicamente attraverso l’annullamento totale dell’io.
Essa non si realizza invece attraverso una fase etica, tanto che la confessione dei peccati non presuppone la remissione dei peccati medesimi, ma semplicemente il ritrovamento di se stessi, ritrovamento di quell’equilibrio perduto a causa del peccato. Questo comportamento, però, ha come obiettivo la salvezza individuale, mentre ad un certo punto il buddismo si spacca , non in modo traumatico, poiché mira alla salvezza di tutti. Questo avviene allorquando questo movimento avverte che la sofferenza è una condizione universale (condizione avvertita anche dal più grande poeta italiano moderno: Giacomo Leopardi) quando cioè nasce quel sentimento che si chiama compassione che deriva dalla consapevolezza che la sofferenza e l’angoscia, che caratterizzano la condizione umana è appunto universale: ecco allora che la proposta stessa del distacco e della ricerca della verità viene estesa a tutti.
La ricerca della verità però, si connota in modo del tutto nuovo. Si ammette cioè che la verità non è unica ed esclusiva, ma una verità relativa che fa nascere la tolleranza. Il buddismo non è dunque una fede in una verità assoluta, ma piuttosto una possibile via alla conoscenza e alla meditazione, alla ricerca di unità ed armonia, senza inizio e senza fine, con l’obiettivo ambizioso di eliminare addirittura le differenze amore-odio poiché esse altro non sarebbero che illusioni se non addirittura inadeguatezze della nostra mente, non abbastanza illuminata, conseguenza di tutte le nostre angosce. Per togliere queste angosce occorre guardarle con coraggio, riconoscendo quel minotauro che è in ciascuno di noi: solo così sarà possile conquistare la nostra libertà.