La storia magistra vitae
Tre conferenze del prof. Gianmario Vianello. .
a cura di Mario Meggiato

17 novembre 2005.
II Relatore inizia citando il filosofo contemporaneo Norberto Bobbio, recentemente scomparso, il quale affermava che compito dell’intellettuale non è quello di seminare certezze, ma dubbi. Sottoponendo continuamente a critica le stesse proprie idee, verificandole.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oggi vi è un rischio di omologazione che porta ad atteggiamenti individualisti, a smarrimento, a conformismi di tipo magico-religioso con fughe verso l’irrazionale, o posizioni di chiusura, di provincialismo, in un contesto di globalizzazione mondiale che contrasta, ma insieme favorisce l’identificarsi in un gruppo specifico settario ed esclusivo.
D’altro canto la vita degli esseri è in continua evoluzione. Il nostro cervello stesso è in continua evoluzione e le conoscenze sono tuttora limitate. Così non possiamo prevedere con sicurezza quale sarà lo sviluppo storico della nostra civiltà. Non possiamo in pratica prefigurare il nostro futuro basandoci sulle attuali “ideologie” poiché esse stesse si muovono.
Ma appare chiaro che questo tipo di sistema sociale, così come è, non può continuare. Siamo in presenza di un conflitto: sviluppo-natura, ambiente,
risorse energetiche talmente grave che entrerà in una crisi irreversibile.
(E purtroppo la “classe dirigente” mondiale attuale non sembra in grado di affrontarla).
Ma proprio questo è il punto fondamentale: si possono e si debbono rintracciare nel corso dell’attuale sviluppo storico alcune linee chiare di tendenza. Linee che esprimono un contrasto con il passato e con una parte dell’attuale presente. Molti giovani in Europa, in USA, rifiutano questo
sviluppo contraddittorio. Oggi manifestano per la pace, non per la guerra come fu in passato. Oggi i popoli d’Europa dopo due terribili guerre mondiali in trent’anni (1914-1945) si uniscono in un’organizzazione, l’Unione Europea che può capovolgere un passato di contrasti e conflitti sanguinosi e devastanti all’interno dell’Europa creando una nuova prospettiva reale di pace, di libertà, di sviluppo civile diffuso, a vantaggio dell’U.E. che oggi conta di venticinque nazioni, ma anche nuovi rapporti dell’Europa con le diverse nuove realtà in sviluppo nel mondo, misurandosi con le potenze in rapida crescita (Cina, India, ecc.) in Asia come in Medio Oriente, in Africa, in Sud America. L’Europa può così esercitare un ruolo positivo nel superamento dei gravi conflitti in atto, delle guerre, delle intolleranze, del terrorismo.
L’Italia può avere in ciò e deve avere un ruolo importante perché è passata attraverso esperienze dolorose che hanno comportato sofferenza, dittatura, guerra civile e il riscatto attraverso la Resistenza del nostro popolo che si è dato una Costituzione democratica, che va attuata e non stravolta, nella quale all’Art. 11 si prescrive che l’Italia ripudia la guerra.



Conferenza del 6 dicembre 2005
“LIBERTÀ È DEMOCRAZIA”

II relatore inizia la conferenza citando “Guerra e Pace” il romanzo dello scrittore russo Tolstoi, augurandosi che gli uditori lo abbiano letto.
Il titolo dello scrittore russo corrisponde a quello della conferenza tenuta in precedenza dal prof. G. M. Vianello.
Pace, libertà e giustizia sociale sono le tre grandi stelle che illuminano il cammino dell’umanità. Occorre svolgere un’indagine storica che non sia solo ideale, ma viva, reale. La storia presenta temi complessi di non poche contraddizioni.
A questo punto, il relatore richiama alcuni temi già oggetto della sua precedente comunicazione quali:

a) L’orientamento giovanile europeo rispetto ai conflitti in atto, che si connota non più come atteggiamento d‘élite, ma come movimento di massa; un atteggiamento, di ripudio del militarismo, in sintonia con il comandamento: “non uccidere” ed in contrasto con quello tipico delle alte gerarchie militari (che hanno diretto “da lontano” le due guerre mondiali).

b) Il nuovo ruolo dell’Europa.

c) La considerazione dell’Articolo 11 della Costituzione Italiana, il quale recita “L’Italia ripudia la guerra...” dove il termine “ripudia” non è casuale, fa notare il relatore, poiché esso sancisce la rottura di un vincolo, in precedenza riconosciuto come valore.

d) La consapevolezza del nuovo modo di fare le guerre, le tecnologie caratterizzanti le due guerre mondiali, l’ultima delle quali conclusasi con le bombe atomiche sulle città giapponesi.

e) Può esserci la “guerra giusta”? Il relatore sostiene che, su questo punto è necessario avere rispetto per coloro che non la pensano come noi circa la guerra di difesa in caso di aggressione da parte d’altri paesi (come storicamente è avvenuto).

Passa quindi a considerare il nuovo scenario internazionale all’indomani del crollo del comunismo in Europa (con la caduta del muro di Berlino). Ora non vi sono più le due “vecchie” super-potenze America e Russia che si affrontano, ma, verosimilmente, America e Cina, ed è sempre più preoccupante un nuovo fenomeno: il terrorismo internazionale. Egli riprende una frase: “II silenzio della ragione produce mostri”.

A questo punto il nostro relatore introduce un ulteriore elemento di riflessione, parla del “metodo” inteso come strumento d’approccio all’analisi storica: sono le grandi personalità oppure le masse ad incidere sul corso storico? Sono gli uomini e le donne appartenenti ai ceti popolari a fare “resistenza” nei confronti delle classi dominanti, allo scopo di ottenere giustizia sociale, diritti.

Il relatore osserva che l’esigenza di pace, libertà, giustizia, valori universali, sono più desiderati proprio quando essi sono assenti. Sono maggiormente sentiti da coloro che hanno avuto esperienza del loro opposto. Il relatore continua ponendo anche il “caso” come elemento di variabile storica e (Cita, come esempio, il caso del fallito attentato a Hitler, fallito appunto, per caso).

Attualmente, sta emergendo un atteggiamento di “anti-fascismo”. L’anti-fascismo è patrimonio storico del popolo italiano, nato da passione democratica, desiderio di libertà. “Libertà”, parola nobile, essa ha connotato storicamente i comportamenti di molti uomini e di movimenti imponenti in tutto il mondo, da sempre.

Il relatore cita il liberale Benedetto Croce, gli appartenenti a “Giustizia e Libertà” ed altri ancora i quali si sono distinti per l’affermazione di questo valore.

La parola libertà ha assunto anche altre variabili come liberismo ed altro.
Il concetto di libertà ha accompagnato l’uomo che sempre ha sentito il bisogno d’essere libero, libero di esprimere il proprio pensiero (magari non di un pensiero “già pensato”) e di realizzare le proprie aspirazioni, sviluppare la propria coscienza. Tutto questo presuppone una condizione d’uguaglianza fra gli uomini, principio difficile da realizzare concretamente. Esistono ostacoli oggettivi alla sua concreta realizzazione con le differenze di classe, che impediscono il realizzarsi di un’effettiva condizione d’uguaglianza. Tanto è vero, che la Rivoluzione Francese fu definita “Rivoluzione borghese”.

Il relatore conclude la sua conferenza auspicando una convivenza democratica dove tutti gli uomini partecipino della sovranità non solo nominalmente, ma concretamente, una condizione dove gli uomini siano liberi ed uguali. Si usa dire: “La mia libertà finisce dove comincia la tua”.

Conferenza del 17 gennaio 2006
SOCIETÀ E GIUSTIZIA

Il relatore esordisce affermando che esiste una stretta relazione tra democrazia e società civile. Pace, libertà e giustizia sociale costituiscono la massima aspirazione dei popoli. Egli ripropone, quindi, la riflessione sui temi già presentati nel corso delle sue due precedenti conferenze che riguardano appunto: la pace, la mobilitazione giovanile contro la militarizzazione e l’aggressione, il rifiuto delle vecchie orrende idee di una cultura “alla Giovanni Papini” il quale considerava la guerra “igiene nel mondo”; l’importanza dell’Unione Europea per il riconoscimento universale dei diritti; le nuove tecnologie adottate durante le due guerre mondiali le quali hanno colpito sempre più le popolazioni civili; il ripudio della guerra sancito dall’Art. 11 della Costituzione Italiana; le considerazioni sulla “guerra giusta” intesa come diritto alla difesa qualora uno Stato sia invaso.

II crollo dell’Unione Sovietica ha favorito nuovi antagonismi: prima la guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti, ora l’affermarsi del terrorismo internazionale. L’analisi storica è ora interessata da un certo “revisionismo”.
Rispetto al fascismo, il relatore ritiene che il giudizio storico sia stato ormai dato dal popolo italiano. Il mantenimento della democrazia presuppone la convergenza di più forze sociali anche diverse fra di loro.
La democrazia rappresentativa, derivante dalla Resistenza, è alla base del nuovo Stato il quale presuppone libertà di coscienza, di parola, tolleranza e pluralismo anche religioso senza prevaricazione alcuna. L’idea di libertà europea si fonda sul rifiuto dell’oppressione di classe con particolare attenzione alla condizione femminile, misura della civiltà stessa.

La resistenza al fascismo realizza un patto fra tutte le forze democratiche che diviene fondamento della legalità, proprio perché esso si costituisce fra tutte le forze che hanno partecipato alla Resistenza.

Tale patto esige il rifiuto di un partito unico obbligatorio, l’abolizione dei tribunali speciali, prevedendo, per contro, la divisione dei poteri, l’indipendenza della magistratura, il diritto di parola e di associazione, l’alternanza alla guida del paese.
La struttura democratica dello Stato prevede la partecipazione diretta dei cittadini attraverso l’istituto del Referendum.
La rappresentanza popolare si realizza, attualmente, attraverso l’attività dei partiti nel ruolo previsto dalla nostra Costituzione.
Il relatore sostiene la necessità di realizzare alcune riforme costituzionali, quali il decentramento amministrativo, purché esso comporti un vantaggio concreto per i cittadini e non un nuovo costoso centralismo.

Il relatore si sofferma sull’idea di libertà e legalità, universalmente riconosciuta in quanto deriva da un’idea di sovranità che appartiene al popolo italiano tutto e che resta la fonte prima del potere e dei diritti, da esercitarsi nei termini fissati dalla nostra Costituzione nata dalla Resistenza, e che non può essere violata da nessun governo, da nessuna parte politica o corporazione di interessi particolari.