Gastronomia
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di Speranza Visentin e Graziella Naccari

Mia nonna Amalia, che era chioggiotta, mi diceva che all’alba dalla finestra di casa vedeva le vele arancione dei bragozzi arrivare, allora si avviava frettolosamente alla riva dai pescatori a comprare il pesce fresco. C’era tanta miseria e tante bocche da sfamare e con i pochi soldi che si trovava in tasca poteva solo comprare una cassetta di pesciolini piccoli, da scarto, da fare il “il saòr”.
Ha sempre detto che è un piatto per i povereti, stuzzicante e si può fare con qualsiasi tipo di pesce, sfogeti, sardoni, passarineti, rasa…con tanta polenta e un’ombra de vin
ti magni come un papa.
Se non ci credete provate
anche voi per curiosità vi assicuro che mangerete
“anca i spini

Donne di Chioggia

Bragozzo chioggiotto

Pescheria di Rialto

 

Le origini dellesardèle in saòr

Come la diplomazia della Serenissima intratteneva rapporti col Levante così la cucina veneziana non poteva rimanere estranea alle influenze orientali. Le stive delle navi che solcavano il Mediterraneo abbondavano di aromi e droghe che portavano ai veneziani non solo ricchezza ma anche gusti diversi. Se nel resto dell’Europa le spezie furono spesso utilizzate per conservare i cibi più che per modificarne il sapore, la cucina veneziana accolse alcuni principi alimentari orientali facendoli propri e creando pietanze nuove: ne è il caso delle “sardèle in saòr” che risulta essere un esempio di equilibrio fra agro dolce e salato.
Le “sardèle in saòr” sono uno dei piatti più antichi di Venezia, ancora oggi popolarissimo, a base di sarde fritte e cipolle, marinato con aceto e sale per almeno 24 ore, meglio ancora per 48. La marinatura come metodo di conservazione del pesce risale ai tempi dei romani, il pesce era un alimento molto importante per pescatori e marinai, che lo conservavano a bordo delle imbarcazioni per giorni e talvolta per settimane. Questa ricetta include aceto, sale e cipolle che aiutano alla conservazione del pesce. La cipolla, ricca di vitamina C, era molto utile per la prevenzione dello scorbuto, malattia alla quale la gente di mare era particolarmente esposta.
Le “sardèle in saòr” si mangiano tutto l’anno, compaiono spesso come “cicheti” nelle osterie accompagnate da l’ombretta. Sono uno dei piatti tradizionalmente mangiati sulle barche decorate a festa con palloncini, il giorno solenne del Redentore, in attesa del grandioso spettacolo dei fuochi d’artificio.
Nel settecento Carlo Goldoni, che fu grande testimone della Venezia popolare, nella commedia Le donne de casa soa da una ricetta delle sarde in saòr del tutto simile a quella che ancor oggi noi veneziani mangiamo.

Sardèle in saòr:

La dose è per sei persone, eventuali avanzi si possono conservare in frigorifero per diversi giorni.
La ricetta vuole uguale peso di pesce e di cipolle:
Kg.1 di sarde, pulite di scaglie, teste e interiora
Kg.1 di cipolle affettate molto sottilmente.
Farina, sale e pepe.
Olio di semi, meglio non usare l’olio d’oliva, che ha un sapore troppo forte.
aceto bianco ml. 125-200
4 foglie di alloro.

Un contenitore di vetro o di coccio per marinare, preferibilmente rettangolare e profondo, che possa contenere il pesce in più strati, in modo che sia ben inzuppato nella salsa. Sciacquate le sardine in acqua fredda, lasciatele scolare bene e asciugatele con carta da cucina.
Infarinatele bene e scrollate via la farina in eccesso.
Versate l’olio in una padella, quanto basta per coprirne il fondo, e fatelo scaldare. Friggete quindi le sarde, non troppo a lungo, perché devono rimanere piuttosto morbide. Appena dorate, salatele e lasciatele raffreddare. Nel frattempo preparate le cipolle.
Tempo addietro si cucinavano le cipolle nello stesso olio usato per friggere le sarde, l’olio era prezioso e veniva riutilizzato quando era possibile. Per il gusto di oggi l’olio della frittura ha un sapore di pesce troppo forte ed è un po’ indigesto, per cui viene gettato e sostituito con olio fresco. C’è chi ha trovato un compromesso, e mescola una parte dell’olio già fritto con olio fresco.
Coprite il fondo della padella con un velo d’olio, aggiungete le cipolle, l’aceto, le foglie di alloro e una spruzzata di sale e pepe, coprite e fate cuocere sul fuoco sempre basso, mescolando ogni tanto, per circa 45 minuti, finché le cipolle saranno tenere e trasparenti.
Sistemate sul fondo del contenitore uno strato sottile di cipolle, poi uno strato di sarde, un altro strato di cipolle, e continuate così fino a esaurimento delle sarde e delle cipolle.
L’ultimo strato deve essere di cipolle, su cui potete posare le foglie di alloro come decorazione.
Coprite e lasciate riposare, preferibilmente a temperatura ambiente, per almeno 24 ore, meglio ancora 48 e oltre. Si possono conservare in frigorifero ma vanno mangiate dopo averle lasciate intepidire, mai fredde.
Servite le sarde con la loro salsa accompagnandole con polenta calda o fredda e un’ombra di buon vino.