Toponomastica
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di Riccardo Buroni

Venezia è città particolare, soprattutto nel suo aspetto fisico, dove la normale differenziazione della pedonabilità e il movimento dei mezzi pubblici e privati, avviene in modo completamente autonomo e privilegiato.


 

 

Venezia si trova al centro della Laguna Veneta, unico esempio mondiale di laguna abitata da una alta concentrazione di persone, e deve la sua storica ricchezza proprio grazie a questo aspetto peculiare, cioè l’essere fisicamente circondata dall’acqua, perciò difesa, usando questo elemento che le ha permesso di intraprendere un percorso storico ed economico basato appunto sull’acqua.
Venezia è città particolare, soprattutto nel suo aspetto fisico, dove la normale differenziazione della pedonabilità e il movimento dei mezzi pubblici e privati, avviene in modo completamente autonomo e privilegiato. Appunto nella città per camminare ci sono le strade (calli, salizade, rughe, etc.) mentre per i trasporti pubblici e privati e per la distribuzione commerciale si usano le vie d’acqua.
Questa divisione netta è stata presa d’esempio per progettare nuove città da architetti che hanno fatto la storia dell’architettura del novecento (Le Courbusier per Chandigarh, Niemeyer per Brasilia), in cui esistono due sistemi viari indipendenti tra di loro.
Se prendiamo una pianta della città di Venezia ed evidenziamo le strade e le vie d’acqua, vedremo che queste due hanno più o meno lo stesso sviluppo, il che significa che chi non ha la possibilità di percorrerne i canali perde di vedere metà della città, una parte che per ragioni completamente diverse da quelle pedonabili, ha ancora il fascino della Venezia dei secoli passati.
Spesso penso che se un veneziano vissuto uno o due secoli fa potesse rivedere la città oggi avrebbe seri problemi di orizzontarsi tra le strade e i campi che hanno subito una trasformazione non sempre migliorativa (penso alla Strada Nuova e a via 22 Marzo), mentre se percorresse un rio o un canale si ritroverebbe nel suo tempo (interramenti esclusi).
La divisione tra gli spazi acquei è tra rii e canali; 5 sono i canali: Canal Grande, Canale della Giudecca, Canale di Cannaregio, Canale di S.Chiara e Canale della Scomenzera tutti gli altri (176) rii, con toponomastiche diverse derivanti da caratteristiche particolari o da nomi di famiglie (Della Pergola, del Malatin); anche la giurisdizione varia a seconda se si tratta di rii o canali.
Parlando di rii bisogna anche parlare di ponti pubblici (344), di fondamenta, di rive.
Le fondamenta sono dei percorsi stradali che corrono adiacenti ad un rio, le rive sono i punti in cui si può raggiungere l’acqua salendo o scendendo da gradini di materiale lapideo, normalmente pietra d’Istria, e servono per tante attività legate all’acqua, praticamente a tutte (si pensi al carico e scarico delle merci, all’imbarco e sbarco delle gondole, sandoli, taxi e barche da diporto).
I ponti sono una delle tante caratteristiche che la città offre: sono in legno, pietra e ferro, la maggior parte di questi risalgono ai tempi della Repubblica, cioè prima del 1797, ed erano costruiti con il beneplacito dei “provveditori di comune” una magistratura minore che sovrintendeva la costruzione delle opere pubbliche, infatti se osserviamo i due prospetti di un qualsiasi ponte storico, vediamo nel concio centrale gli stemmi della famiglia a cui appartenevano i provveditori, mentre nel lato opposto si noterà una pietra scalpellata dove si trovava il leone di S.Marco simbolo della Repubblica di Venezia; la scalpellatura è dovuta ai governi francesi e austriaci che hanno occupato la città dal 1797 fino al 1866, che non avendo meglio da fare, volevano eliminare anche visivamente il simbolo della Repubblica.


I tanti in legno sono di varie tipologie (ad arco o a passerella) e hanno vita breve, circa 25 anni, poi devono essere ricostruiti; quelli in ferri cominciano ad apparire a Venezia a metà del XIX secolo, epoca in cui molte imprese straniere, attirate da facilitazioni economiche, si insediano in città.
Tutti i ponti erano sprovvisti di sponde laterali inserite solo successivamente in epoca dell’occupazione austriaca, ne esiste ancora uno a Cannaregio nel rio di S.Felice, privo di parapetti chiamato ponte Chiodo.

Girando per i rii quando la marea è bassa si può vedere, nella pietra d’Istria della fondazione dell’edificio, una C incisa: ce ne sono circa un centinaio ancora in giro e determinavano la linea del Comune Marino, cioè la quota dell’odierno medio mare, ai tempi della Repubblica.

Come è già stato accennato per vedere veramente Venezia bisogna andarci in barca, tutti i rii hanno qualcosa di particolare, di suggestivo, direi di magico.
Io stesso, fortunatamente, posso godere di questo privilegio.
Possiedo una barca a remi tipica della laguna veneta: uno s’ciopon e quando il tempo lo permette (estate o inverno, primavera o autunno, fa lo stesso) faccio una “remeggiata”.

Tra i vari itinerari che ho percorso il più suggestivo, a mio parere, e quello che consiglio di provare è il seguente: dopo il pontile dell’A.C.T.V. di S.Angelo si svolta a sinistra (premando) e ci si infila dentro al rio di Ca’ Garzoni dall’omonimo palazzo all’inizio del rio, si va avanti e il rio svolta con una curva secca ancora verso sinistra (sempre premando) passando sotto i ponti della piscina di S.Samuele e del Pestrin.

Si va avanti per una cinquantina di metri svolta a destra (stagando) e il rio cambia denominazione: diventa rio di S.Angelo si passa sotto un ponte privato e sotto quello dei frati, poi si gira a destra (stagando) passando sotto un camminamento coperto degli uffici delle Entrate e il rio ricambia nome: Rio del Malatin (da una famiglia di avvocati che avevano proprietà nel vicino campo) quindi si arriva sotto la cappella del Santissimo della chiesa di S.Stefano. Il passaggio sotto questo strano ponte comunica un senso di pace e tranquillità i soli rumori che giungono all’orecchio sono quelli del cadenzare lento della barca e quello del remo che taglia l’acqua, il passaggio sotto l’altare è lungo una ventina di metri, la volta è in pietra d’Istria, da qui non passa quasi mai nessuno perché l’altezza non è sufficiente per far transitare le gondole, si esce e il rio si rinomina rio del Santissimo che dritto sfocia in Canal Grande all’altezza di S.Vio.


E qui comincia, a detta dei molti veneziani che vanno per rii, l’autostrada del Canal Grande: libero pedaggio, molte regole poco rispettate, scarso interesse per la “Cosa Comune”, controlli quando servono….. per vari scopi, sceriffi nominati e poi ritirati, caste intoccabili da non sfiorare.
Bene, anzi male, tutto questo legato ad un moto ondoso paurosamente cresciuto in questi ultimi anni, sta sgretolando fondamenta, rive, palazzi, case; Venezia città d’acqua rischia di finire a causa dell’acqua usata in malo modo da quelli che per interessi personali o di categoria privilegiano questi ultimi a quelli più generali della collettività ormai non più cittadina, ma mondiale.