Senza ombra di dubbio il secolo diciannovesimo è stato il più ricco di trasformazioni fisiche
per la città, le quali
hanno stravolto
l’assetto originario
durato per
più
di mille anni.
Tali trasformazioni
hanno interessato sia
la viabilità pedonale
che quella acquea.
Cancellata dei giardini di
Via Garibaldi
Strada Nova
Campo Santa Margherita
Via XXII Marzo
Via XXII Marzo
Via XXII Marzo
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Sotto la seconda dominazione austriaca, quella che va dal 1814 fino al 1866 (con la breve parentesi della rivoluzione del ’48-’49) si sono succeduti nella città episodi con scadenze annuali che hanno interessato gran parte dell’intero spazio fisico della ex dominante.
Sicuramente uno dei più conosciuti interventi riguarda il rio di S. Anna a Castello est, la cui chiusura, voluta da Napoleone Bonaparte nel 1807(9)?, ha dato via a quella che oggi conosciamo come via Garibaldi. |
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Da circa il 1820 fino a circa il 1840 decine di interventi per la chiusura di rii hanno modificato definitivamente la morfologia secolare delle vie d’acqua; alcuni di questi hanno letteralmente stravolto l’originaria struttura della città.
Mi riferisco in particolare alla chiusura del rio della Scoazzera vicino al campo S. Margherita, che con il suo interramento ha di fatto ingrandito molto lo spazio precedente mettendo in evidenza, quasi al centro del campo, la scuola dei Varoteri, che era situata al lato del rio stesso in posizione di chiusura della quinta scenografica del campo.
La chiusura di un rio comportava la soluzione di problemi di natura prettamente igienico-sanitaria. Venezia non ha mai avuto una rete fognaria simile alle altre grandi città europee di allora, i rifiuti fognari scaricavano, attraverso percorsi privilegiati, direttamente nei rii e la marea presente in laguna (sie ore ea crese, sie ore ea cala) trasportava fuori in mare i liquami oppure li depositava sul fondo a mo’ di moderna concimazione.
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Pertanto l’interramento di un rio poneva problemi di questo tipo; due erano per lo più i sistemi d’interramento: per aggerrazione o per tombinamento.
Nel primo caso, se il rio non era troppo lungo e largo, veniva gettato nel suo letto del materiale, per lo più di risulta, in maniera tale da riempire l’alveo, ma evidentemente si chiudevano le uscite fognarie; il secondo invece manteneva sotto la superficie nuova di calpestio un tunnel in cui l’acqua continuava a passare e di conseguenza anche il sistema fognario. Era sicuramente più valido questo secondo metodo che veniva applicato molto più spesso dell’altro.
Adesso per la pulizia del deposito dei fanghi nei rii attraverso le bocche del tunnel, quando è possibile, o dall’alto attraverso la volta di tombinamento, vengono calate macchine escavatrici telecomandate che asportano il fango in eccesso per un migliore passaggio delle acque sottostanti (es. rio terà del Librer, rio terà di S. Marcuola).
Sono stati una quarantina gli interventi di chiusura effettuati negli anni sopra citati, l’ultimo interramento di un rio è stato nel 1966, rio terà dell’Isola dietro campo S. Giacomo dell’Orio; in controtendenza l’apertura del rio della Crea nel 1998.
Purtroppo non ci si è limitati esclusivamente alla chiusura delle vie d’acqua, si è voluto anche cimentarsi nella parte riguardante la superficie.
Nel 1841 (la prima pietra fu posta il 25 aprile 1841) si iniziava a costruire il ponte ferroviario per collegare Venezia con la terraferma (la linea ferroviaria collegherà la città lagunare con Milano), l’8 novembre 1845 l’opera è terminata e l’11 gennaio del 1846 inaugurata; si penserà poi alla costruzione della stazione ferroviaria.
L’area scelta è quella di S. Lucia e per costruirvi la stazione viene abbattuta una grossa fetta della quinta terminale del Canal Grande; la chiesa di S. Lucia e quella del Corpus Domini sono le vittime più illustri, ma vengono abbattuti anche conventi, palazzi e case residenziali.
Si pensa allora di progettare una strada che possa congiungere il nuovo terminal con la zona centrale della città.
L’inaugurazione della stazione avverrà il 7 novembre 1866, pochi giorni dopo l’abbandono degli austriaci; è il re Vittorio Emanuele II che simbolicamente lo farà annettendo il Veneto allo Stato Italiano. |
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Nel 1867, dopo il parere positivo dei politici veneziani, si avviano così i lavori della costruzione di quella via che da campo SS. Apostoli si snoderà fino a S. Fosca per poi continuare lungo rio terà della Maddalena, rio terà S. Leonardo, attraverserà il ponte delle Guglie per arrivare alla lista di Spagna (rio interrato precedentemente) fino alla stazione ferroviaria (non quella che si vede oggi, opera recente del 1954).
Per compiere la prima parte del percorso viene abbattuta una fetta consistente del tessuto urbano del sestiere di Cannaregio rettificando l’andamento tipico delle calli veneziane, costruendo lateralmente edifici per lo più fuori scala e privi di una caratterizzazione veneziana nei prospetti. Molti di questi presentano poggioli chiusi non più con il marmo ma con ferro fuso dalle fabbriche che in questo periodo si trovano ad operare in città.
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Di fatto la nuova via che si chiamerà appunto via Vittorio Emanuele II, è l’apripista di altri interventi di questo tipo che si vedono a Venezia. Il nome poi di questa via cambierà per altre due volte, la prima dopo l’8 settembre 1943 col nome via Ettore Muti, la seconda via 25 Aprile ed infine, come sempre chiamata dai Veneziani Strada Nuova meglio Nova.
Non meno scellerata è stata la nuova via aperta dal Sindaco Dante Di Serego Allighieri nel 1880 per allargare la calle longa fino al ponte di S. Moisè. Anche in questo caso le abitazioni presenti sul nuovo tracciato stradale sono state abbattute senza tener conto del disegno distributivo a cui facevano capo, ed anche qui le costruzioni laterali sono ovviamente fuori scala urbana con prospetti che male si armonizzano con il contesto cittadino.
La nuova strada si chiamerà Calle Larga XXII Marzo a ricordo della data della rivoluzione maniniana del ‘48. |
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