Racconti
Il mio presepe stava in una scatola di scarpe...
In questi giorni noto sui giornali
che il presepe non è più di moda
e alcuni supermercati hanno
ritirato il materiale dagli scaffali...
di Tiziano Favaretto

Il giorno 9 dicembre 2006 abbiamo ricevuto via e-mail
da Tiziano Favaretto gli
auguri di Buon Natale
accompagnati da un suo racconto sul presepe.
Alcuni mesi dopo ce ne
è pervenuto un altro
molto carino.
Tiziano ha fatto parte,
negli anni passati,
della nostra Redazione
ed è con piacere che li pubblichiamo sulla
nostra Rivista Ep.


 

La carta stagnola che avvolgeva le tavolette di cioccolato, e la carta colorata trasparente delle caramelle, la conservavo per il presepe, quando era il momento la usavo per fare la cascata, il fiume, il lago, il ruscello, le stelle e per colorare le luci. Verso la fine di novembre iniziavo la raccolta del materiale per la costruzione del presepe.
Con mio padre si andava dal falegname, dove si chiedeva cortesemente alcuni scarti. Dal deposito degli scarti di lavorazione papà prendeva alcuni pezzi di legno di varie forme e spessore. Una volta portati a casa venivano inchiodati in modo da formare una base rettangolare di circa 60x40 cm. Il motivo era che mamma metteva a disposizione un tavolino di quella misura e quella era la grandezza di cui disponevo.
Ne usciva una base piena di dislivelli ideale per prendere a modello un terreno collinare. Poi si andava nei campi per raccogliere il muschio, la corteccia, tralci di vite, e sottili ramoscelli. C’era un tipo di erbaccia, che aveva la forma di piccolo alberello, una volta a casa, con la forbice tagliavo le foglioline per rendere queste erbacce più simili ancora ad un albero, con un pennello ricoprivo le “foglie” di colla e le cospargevo di farina di grano, “quella doppio zero” per intenderci. Con lo stucco per vetri, (che si usava per fissare gli stessi nelle intelaiature delle finestre) realizzavo il basamento. Se era troppo secco veniva ammorbidito con un po’ d’olio. Le statuine erano sempre quelle, non ricordo quando sono state comperate, e non sono stati mai comperati elementi nuovi. Venivano riparate.
Le scheggiature le riparavo io con lo stucco per vetri, e le ritoccavo con il colore a tempera mischiato con qualche goccia di colla. Per le luci, usavo le stesse identiche dell’albero di Natale, con il fil di ferro costruivo una gabbietta, per tener lontano la carta colorata dalle luci.
È vero che i miei personaggi del presepe, dopo tanti anni di onorato servizio, potevano apparire agli occhi degli ospiti cenciosi, miseri, insomma dei poveracci, ma sono quelli più amati da Gesù. Alla fine, dopo l’arrivo dei Re Magi, le statuine venivano incartate con carta di giornale e riposte nella scatola di scarpe assieme alle luci e lo stucco nella carta oleata. Il resto, visto che era ancora inverno e il riscaldamento non esisteva, finiva tutto nella stufa.