Ricerche | ||
Testimonianze dal sec. XIV al sec. XVIII | ||
a cura di Aldo Ghioldi | ||
Le guerre, le epidemie e
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Nel secolo XII nacquero dei movimenti di flagellanti e di battuti che per pacificare le fazioni opposte di guelfi e ghibellini passavano di terra in terra vestiti di sacco, per penitenza. Tali sodalizi portarono del bene alla società di allora provocando la fusione tra le classi sociali, l’affratellarsi degli uomini per la tutela e gli aiuti reciproci promovendo opere di carità e di assistenza, specialmente ospedaliera. In questa ottica e nell’ambito più generale del rinnovamento religioso dei secoli XIII e XIV sono da vedersi le istituzioni in Italia delle Confraternite laiche. La scuola Santa Maria dei battuti era una di queste Confraternite. Tale sodalizio nel secolo XIV si era pienamente formato nella sua struttura interna e in quella dei rapporti con la comunità di Mestre. Era gestita dal gastaldo, coadiuvato dagli officiali, dal massaro, dal priore dell’Ospitale. La Scuola dei Battuti era legata strettamente alla Chiesa di San Lorenzo, nelle cui adiacenze si trova ancor oggi l’edificio dove avvenivano le periodiche riunioni, simile ad un ufficio centrale dal quale partivano norme e ordini per regolare la vita dei confratelli ed amministrare i beni mobili ed immobili appartenenti alla Scuola, che progressivamente (fine sec. XV), diventò la più ricca di tutto il circondario mestrino. I beni dell’associazione erano accresciuti via via soprattutto dai lasciti testamentari dei confratelli più benestanti, i quali donavano campi, case, piccoli capitali liquidi, che il gastaldo e gli officiali dovevano amministrare per sollevare la vita dei poveri, dei malati, degli orfani, dei vecchi, dei pellegrini, che per tre notti potevano essere alloggiati gratuitamente all’ospizio in borgo Santa Maria, e per seppellire ed onorare i defunti di Mestre, secondo lo spirito informatore della Scuola. Molti testamenti dei confratelli Battuti illustrano quale fosse la vita quotidiana di allora a Mestre. Ecco degli esempi significativi. Nicolò di Pagnano fece testamento l’otto ottobre 1342, disponendo prima di ogni altra cosa la sua sepoltura nella chiesa di San Lorenzo. Sulla sua tomba il pievano avrebbe dovuto recitare in perpetuo gli offici divini. I suoi beni sarebbero andati interamente alla Scuola dei Battuti, che avrebbe dovuto pagare per gli offici divini 48 soldi al Parroco il quale, se non avesse eseguito la volontà di Nicolò, sarebbe incorso nelle rimostranze della Confraternita dei Battuti di Treviso, preavvisata dall’omonima scuola di Mestre. Nello stesso 1342 Vitale del fu Tommaso da Mestre, prima di partire per un viaggio ad Assisi, fece testamento, lasciando alla moglie e alla figlia beni che alla loro morte avrebbero dovuto essere venduti e il ricavato dato ai poveri, ai quali subito però, per sua volontà, sarebbero stati donati tutti i suoi letti (il letto a quel tempo aveva un valore non irrilevante). Due disposizioni testamentarie del 1348 e del 1351 offrivano alla Confraternita proprietà immobiliari a Mestre, confinanti col fiume Marzenego e terreni del monastero di San Secondo, oltre a beni in natura che corrispondevano a una certa quantità di frumento l’anno. Ugolino delle Capre nel 1360 lasciava ai poveri dell’Ospizio gli affitti derivanti da una sua casa sulle rive del Marzenego e all’Ospizio un terreno. Un po’ originale è il testamento di donna Fiore, vedova di Pace da Treviso, che, il 16 aprile 1378, ordinava la sua sepoltura nel cimitero di San Lorenzo, nelle adiacenze della chiesa, quindi un lascito di 20 soldi ai frati di San Gerolamo (chiesa di nuova istituzione nel borgo di Mestre) per far celebrare messe in suffragio della sua anima. Alla confraternita e all’Ospizio donava tre campi presso la fossa di Mestre verso Carpenedo, a condizione che ne fosse usufruttuaria una sua figlia per la durata della sua vita, mentre alla figlia adottiva assegnava un letto. Se esistevano in Mestre benestanti ed indigenti, nell’ambito della Scuola dei Battuti lo squilibrio economico si smorzava in quanto gli uni si prestavano a soccorrere gli altri. Ser Simone voleva essere sepolto nella chiesa di San Lorenzo, alla quale assegnava dei denari per la ricostruzione; depositava inoltre 40 soldi perché i pievani pregassero per lui, 10 libre per la chiesa di San Gerolamo e 20 soldi ai priori del monastero di San Gerolamo per preghiere in suffragio della sua anima. All’Ospizio dei Battuti lasciava alcuni beni e per la sua manutenzione 100 denari. Altri denari erano lasciati alla chiesa di San Giorgio di Chirignago. Infine stabiliva un lascito annuale di 10 libre che doveva essere destinato dai suoi commissari a tre povere fanciulle nubili di Mestre. Altri testamenti lasciavano alla Scuola beni in Mestre; fa eccezione ser Antonio Grosso di Levada che nel 1411 lasciava una casa alla Confraternita dei Battuti di Treviso e una alla Confraternita dei Battuti di Noale. Verso la metà del sec. XV i membri della Scuola di Mestre avevano un altro luogo ove riunirsi oltre alla Scoletta: una sala in burgo Sante Marie in hospitali Sancte Marie, dove, alla presenza del priore trattavano affari comuni e discutevano problemi inerenti alle attività caritative. Anche nel ‘600 la confraternita più importante di Mestre era sempre dei Battuti, detta ora scuola grande. Nella chiesa di Carpenedo dedicata ai Santi Gervasio e Protasio convissero, nel sec. XVII, quattro confraternite: della Concezione, del Crocifisso (molto antica), del Rosario, del Santissimo Sacramento. Quest’ultima era sorta nel 1628 con lo scopo di venerare il Santissimo Sacramento nell’altare omonimo della Chiesa. |
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Dal libro: Mestre - Le radici, identità di una città - di Adriana Gusso. |