PROGRAMMA DELLA GITA (28 maggio 94)
Incontro con la guida in Piazzale della Pilotta
ad orario da convenire. |
Sosta per il pranzo. |
Nella mattinata si visitano: |
Nel pomeriggio si visitano: |
1) Teatro Farnese nel Palazzo della Pilotta
(L. 4000 pro capite - l’ingresso è gratuito per
le persone che hanno compiuto sessant’anni
e per i giovani al di sotto dei diciotto anni) |
1) La Cattedrale |
2) Camera di S. Paolo (affreschi del Correggio) |
2) Il Battistero Antelamico (ingresso
L. 2000 pro capite - non sono concesse
gratuità questa è già la riduzione per gruppi).
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3) Complesso conventuale di S. Giovanni
Evangelista con eventuale ingresso nella
storica Spezieria di S. Giovanni (biglietto
L. 3000 - gratuità come per il Teatro Farnese). |
3) Museo Glauco Lombardo (sono conservati
in questa sede espositiva i cimeli di
Maria Luigia d’Austria, duchessa di PR e PC).
L’ingresso è gratuito per tutti. |
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Il destino di Parma è segnato dalla nascita della Via Emilia (187 a.C.), che congiungeva Cremona e Piacenza con Rimini, attraverso un territorio abitato da tribù celtiche. La città sorse nel 183 a.C, per opera di duemila legionari, cui vennero concessi otto jugeri di terra, sui resti di un villaggio palafitticolo preistorico.
La “colonia romana” originaria aveva forma quadrata ed era posta sulla sponda destra del torrente Parma. Al centro era il foro, sul quale confluivano le due direttrici principali del cardo e del decumano, che tagliavano ortogonalmente la città. Parma ben presto superò i limiti delle mura originarie e sorsero fuori di esse, ville suburbane, un anfiteatro ed un teatro.
Parma era famosa a quei tempi per i suoi innumerevoli greggi. Infatti nella produzione della lana, in Italia, era seconda solo alle Puglie. La via Emilia segnò a lungo il destino della città nei confronti del territorio, ma emerse anche un altro asse, che collegava Parma con Lucca attraverso gli Appennini..
Con le invasioni barbariche la città trovò il proprio più sicuro mezzo di comunicazione viaria nel vicino Po, per cui si aprì un altro asse, ricordato, in età longobarda, come “portus parmensis”. La storia urbanistica di Parma ha quindi risentito dell’alternanza, durante i secoli, dell’importanza assunta, di volta in volta, dai rapporti che essa veniva stabilendo con i diversi poli commerciali del territorio e le città vicine.
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Duomo e Battistero |
La città medievale |
Dopo l’ultima invasione barbarica, quella degli Ungari, Parma tornò a rifiorire, per cui si avvertì sempre più limitante l’antica cinta muraria, che era stata ampliata rispetto a quella romana da Teodorico, re degli Ostrogoti. Nella metà dell’XI secolo i vescovi-conti, che avevano un potere non solo religioso, ma anche politico sulla città, posero la propria sede al di fuori delle antiche mura. La supremazia di questi vescovi raggiunse l’apice con Cadalo, che fu antipapa di tendenza filoimperiale, per cui egli ottenne facilmente lo spazio riservato prima alla “corte regia”, sul quale, forse nel 1090-1092, sorse la cattedrale, che fu officiata nel 1106, anche se i lavori di completamento si protrassero durante tutto il XII secolo. Piazza del Duomo divenne così un chiuso nucleo circondato da palazzi merlati e turriti, quali quello vescovile (esistente nel 1060). La costruzione della cattedrale avvenne alla fine del potere politico dei vescovi e, costruita con il concorso di tutto il popolo, fu il centro della vita religiosa, culturale e delle memorie patrie (vi erano infatti sepolti i cittadini più illustri e vi si conservava il Carroccio). Vi era anche una scuola annessa alla cattedrale, che fu il seme dell’Università medioevale e dalla quale uscì S.Pier Damiani.
Il Duomo si presenta come un prototipo singolare dell’architettura romanica padana, influenzato da modelli renani, normanni e dalle chiese poste sulle vie dei pellegrinaggi.
Infatti in quest’epoca la via Emilia divenne la strada Romea, che conduceva i pellegrini verso Roma ed i crociati a Ravenna e Venezia, mentre contemporaneamente l’asse Po-Appennino diventava sempre più determinante. La presenza dell’Antelami (deposizione in Duomo, 1178, e “cattedra” di Cadalo) fu determinante per la costruzione del Battistero, che egli progettò. L’edificio (iniziato nel 1196) fu inoltre costruito con marmi in prevalenza portati lungo il Po e attraverso un canale navigabile che giungeva sino alla Piazza. L’Antelami rappresenta il mondo ‘borghese” del suo tempo e riassume nel battistero gli ideali di una società artigianale e popolare, di una collettività, che traeva dal proprio lavoro e dall’attiva partecipazione agli eventi politici, i propri modelli di comportamento.
Il dissidio tra l’antico nucleo fortificato di Piazza Duomo e quello altrettanto arroccato e chiuso di Piazza Garibaldi fu avvertito sin dall’inizio, poiché questa fu chiamata subito “piazza nuova” in contrapposizione all’altra detta “vecchia”. Nata sui resti dell’antico foro romano, essa venne caratterizzandosi, come centro del potere comunale, sin dai tempi del podestà Torello da Strada, che nel 1221 eresse il nuovo palazzo del Comune. Fu per secoli il cuore stesso della città. Era sede di mercato, che si estendeva nelle vie adiacenti; su essa si aprivano botteghe, si rendeva giustizia, si punivano i rei (con la gogna o la pena capitale), si affacciavano i palazzi del potere civico e quello dei Notai.
La campana del Comune servì a lungo a scandire il ritmo del lavoro e della vita della città, mentre la “campanella dell’arme” chiamava i cittadini alla difesa. Dai Visconti (1346-1448) fu trasformata in una vera e propria fortezza, che si collegava ad un complesso sistema di difese, quali la rocchetta, il castello, le torri di guardia ai ponti e la cittadella viscontea. Ebbe il suggestivo nome di “Sta in pace” assumendo così un accentuato carattere militare. Questa roccaforte e la chiusura della città (di circa 10.000 abitanti) con mura segnarono una profonda separazione tra mondo cittadino e contado, capovolgendo i rapporti altomedioevali tra centro e campagna a vantaggio del nucleo urbano e gettando le premesse per una nuova cultura.
La vittoria del Comune di Parma sull’imperatore Federico II (1248) fu l’apice più evidente del potere assunto dalla città, che ebbe il controllo anche di gran parte del territorio circostante.
Dell’organizzazione urbana in quartieri legata alle corporazioni artigianali sono rimasti a lungo ricordi nella toponomastica, in parte ancora conservati: via dei Cassonieri (carrettieri), Borgo Bicchierai (vetrerie), Bassa del Gesso, Bassa dei Magnani (fabbri), Bassa dei Folli (cartiere), strada delle Fonderie (armaiuoli), via dei Mulini, vicolo delle Calligarie (concerie di pelli), Borgo del Carbone, Borgo Stallatici, Borgo Scuderie, per citare alcuni esempi.
Con il governo farnesiano le antiche magistrature persero gran parte della loro autonomia e del loro potere e la piazza fu sempre più trasformata in un centro puramente rappresentativo, abbattute le botteghe, i merli e le porte che la chiudevano, unificati i colori degli edifici o modificati secondo il gusto rinascimentale. I lati divennero così quinte, con funzione decorativa.
La piazza fu ed è luogo di incontro della scena cittadina e centro dell’amministrazione civica. Nel secolo scorso perse anche il carattere di mercato al minuto. Quest’opera, iniziata nel 1560 fu completata nel XVIII secolo dall’architetto E. Petitot.
Parma continuò a lungo a vivere in un clima medioevale, per cui nella seconda metà del XV secolo il rapporto con il territorio si venne accentuando nel senso dell’asse Po-Appennini, con la creazione di un complesso sistema di castelli, che furono poli della nascita di molti centri urbani (S. Secondo, Roccabianca, Torrechiara, Montechiarugolo ecc.). Fece eccezione la sistemazione, lungo la via Emilia dell’Ospedale Vecchio, uno dei primissimi edifici in stile umanistico (fine secolo XV).
Il rinnovamento urbanistico farnesiano fu anticipato da un’ intensa vita culturale, che si espresse in una ricerca prevalentemente pittorica, condotta dal Correggio (Antonio Allegri) e dal Parmigianino (Francesco Mazzola), in chiave manieristica e nella realizzazione della chiesa della Steccata, dove sono avvertibili influssi bramanteschi e leonardeschi. La presenza del Vignola a Parma, all’inizio della dominazione farnesiana, accentuò questa ricerca manieristica.
Con i Farnese si cercò anche di ridare prestigio alla via Emilia e soprattutto di unificare i due corpi urbani separati dal fiume in un unico tessuto omogeneo. Sin dal 1545 dunque si tentò il recupero dell’oltretorrente a dignità architettonica, con la riedificazione del ponte di mezzo, la ricostruzione della SS. Annunziata, la realizzazione del Palazzo del Giardino, SS. Maria del Quartiere (1604) e l’apertura della strada Farnese (1560).
L’intera città già fortificata da Antonio da Sangallo il giovane, nel 1526, fu circondata da nuove mura, per i circa 20.000 abitanti, nella seconda metà del XVI secolo. I Farnese quindi crearono due poli urbani nuovi, la Cittadella, modellata sulla fortezza di Anversa, voluta e progettata dallo stesso duca Alessandro come centro di difesa militare, e il Palazzo della Pilotta (iniziato nel 1602, incorporando un precedente “corridore” ‘voluto da Ottavio Farnese).
Questo palazzo oggi si presenta come un grande guscio monolitico e mutilato (non venne mai completato e fu bombardato nel 1944), che crea il terzo blocco chiuso, isolato dal tessuto urbano parmense. Rappresentava l’esaltazione del potere farnesiano, contrapposto alle tradizionali autonomie cittadine. Fu
concepita come una struttura aperta, in perenne crescita, con un preciso senso urbanistico di esaltazione monumentale, che riflette un concetto gerarchico del potere ducale.
E’ una città nella città, che si stacca ed incombe sugli altri edifici. Il sistema di cortili e di percorsi interni a griglia tendevano a fare del palazzo un chiuso complesso di vie, accentuato dal ripetersi di un modulo fondamentale, che richiama la Galleria degli Antichi a Sabbioneta, e che esaltava una fruibilità a cavallo od in carrozza. La Pilotta era collegata con la Chiesa domenicana di S. Pietro Martire, sede dell’inquisizione, per cui rifletteva pienamente il moralismo e l’autoritarismo controriformisti di Ranuccio I.
Il Teatro Farnese fu inserito. per ragioni di prestigio, in un secondo tempo nell’edificio, trasformando una precedente sala d’armi, così come venne costruito il grande salone di accesso, opera attribuita al Moschino.
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Galleria Nazionale: Correggio. |
Antelami: Deposizione. |
Oggi la Pilotta è la sede di molteplici istituti culturali (Biblioteca Palatina, Galleria Nazionale, Museo d’Antichità, Istituto di Storia dell’Arte dell’Università, Accademia Belle Arti, Soprintendenze ai Monumenti ed alle Gallerie, Museo G.B. Bodoni), secondo progetti elaborati in età neoclassica.
Il momento neoclassico si espresse in due fasi, nella seconda metà del XVIII secolo con il governo del Du Tillot (1749-1771) e durante il regno di Maria Luigia d’Austria, divenuta Duchessa di Parma per il trattato di Parigi dell’11 aprile 1814, che qui visse dal 1816 al 1847.
I collegamenti tra città e territorio avvengono in quest’epoca, anche in riferimento ad una serie di ville sparse nella campagna e nella zona pedemontana, specialmente con Maria Luigia (Casino dei Boschi di Sala, Corniglio). Ma già nella prima metà del secolo XVIII si era affermata come caratterizzante l’asse Parma-Palazzo ducale di Colorno per mezzo di un enorme parco (trasformato dal Petitot), che si estendeva lungo l’intero percorso stradale, rievocando la soluzione francese dell’itinerario Louvre-Versailles.
Gli interventi del Du Tillot e del Petitot insistono quindi a Parma, sulla riorganizzazione del Parco del Giardino e sulla creazione di viali periferici, che vennero prescelti per le passeggiate e sui quali doveva tenersi una grande fiera annuale. Maria Luigia invece operò di nuovo sul tessuto urbano moltiplicando il sistema a griglia suggerito dalla Pilotta, come dimostra il Teatro Regio del Bettoli (1821).
DOVE SI VA A MANGIARE
Trattoria “Dei Corrieri” via Conservatorio, 1
Culatello, spalla cotta, salame di Felino, prosciutto di Parma: è vero che li trovate in tutti i ristoranti e le trattorie della città, non buoni allo stesso modo, però, ma qui ai “Corrieri” oltre agli affettati vi godrete anche alcune monumentali affettatrici inizio secolo, che troneggiano nel locale a dimostrazione della sua vetustà. Per quanto gestita da una giovane brigata (guidata dalla brava Silvana D’Angelis), questa ennesima “creazione” del vulcanico Claudio Bindani è infatti una trattoria storica, dove tutto parla - senza sussiego e senza pretese - di tradizioni e di tipicità.
L’accoglienza è calda e simpatica, il servizio efficiente, la cucina schiettamente di territorio. Dopo i salumi (ai quali vanno aggiunti i ciccioli e la cicciolata) vi verranno proposti piatti ben eseguiti come i cappelletti in brodo, i tortelli d’erbetta o di zucca o di patate, la punta di vitello ripiena, il pesto di cavallo, le costine al forno. Quando la stagione è propizia si preparano fumanti bolliti (serviti con salsine casalinghe) sapidi stracotti di cavallo, trippe alla parmigiana, mentre in estate ci sono piatti più freschi, dai carpacci al vitello tonnato. Prima, o in alternativa ai dessert che vedrete schierati nella saletta d’ingresso, fatevi portare due scaglie di Parmigiano Reggiano.
I vini sono prevalentemente regionali, con qualche etichetta piemontese e toscana. |
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