Educazione Permanente | |||||
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a cura dei corsisti del laboratorio di Informatica | |||||
Continua la rassegna dei laboratori di Educazione Permanente che si svolgono alla Giulio Cesare o al Saba. Stavolta tocca al laboratorio condotto dal prof. Stoppani che sta raccog1iendo nel tempo una grande quantità di notizie sul nostro passato recente dalla voce dei diretti testimoni.
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Professore, già dal numero scorso abbiamo iniziato a documentare le attività che si svolgono nei corsi per adulti, sia nell’ambito delle 150 ore che in quello dell’educazione permanente. La volta scorsa abbiamo intervistato l’insegnante di informatica, ora tocca a lei. Per cominciare, ci può dare qualche notizia di carattere personale? Mi chiamo Gabriele Stoppani. Sono laureato in filosofia ed insegno lettere ai Corsi per Lavoratori da vent’anni; praticamente da quando furono istituiti nel ’73 in un momento “alto” della lotta operaia, quando i sindacati ottennero per i lavoratori non solo miglioramenti economici e normativi, ma anche la possibilità di tornare a scuola per una cultura che la vita e la società aveva loro negato. Com’è iniziata la sua esperienza alle 150 ore? Ricordo sempre, con emozione e piacere, il primo incontro con gli studenti lavoratori. Ero a Venezia, in un’assemblea dove 100 infermieri, con entusiasmo e gioia ma pure con comprensibile preoccupazione per l’aprirsi della nuova esperienza scolastica, chiedevano a noi insegnanti quale sarebbe stato il programma ed il metodo didattico. Com’è nata l’idea dei laboratori scolastici? Noi concepiamo il sapere e la scuola che lo trasmette come una crescita bilaterale fra i due poli che ne sono i soggetti protagonisti: i docenti e gli alunni. Da una parte gli insegnanti mettono a disposizione dei discenti le proprie conoscenze specifiche attraverso le materie tradizionali come la lingua, la matematica, la storia. Dall’altra, sfruttando capacità specifiche ed organizzando spazi didattici idonei, fanno in modo che gli stessi corsisti diventino protagonisti attivi del sapere, producendo nuove conoscenze e ricerche culturali utili a se stessi e agli altri. Così sono nati i laboratori di informatica, cinema, fotografia e tradizione orale. Perché proprio un laboratorio di tradizione orale. E che cosa significa? Vuol dirci in pratica come funziona? Abbiamo fatto delle ricerche, e prodotto opuscoli, su com’era Mestre un tempo, come si viveva prima della guerra, sull’esperienza della Resistenza; abbiamo indagato i mestieri e l’artigianato veneto, le fiabe e la cucina popolare, la trasformazione di Porto Marghera e delle sue industrie e così via. Qual è stata la prima ricerca fatta dal suo laboratorio? La prima ricerca aveva questo titolo: “Mestre dalla prima guerra mondiale ad oggi”. Era l’80 ed intervistammo alcuni anziani ospiti della Casa di Riposo. Mi ricordo in particolare di R…., un veneziano nato nel 1890. Veniva a fare le spese a Mestre in barca; partiva da Murano ed ormeggiava sull’Osellin all’altezza dell’attuale ponte Campana, poi andava in piazza a comprare galline e tacchini. Per inciso ci parlò della sua esperienza, di uomo e di soldato, nella prima guerra mondiale. Una cosa veramente interessante. Ed oggi cosa state facendo? Oggi ho proposto il laboratorio ai corsisti dell’Educazione Permanente. Si è creato un gruppo affiatato che lavora con passione e con maggior preparazione sull’argomento. L’ultima fatica è stata la produzione di un audiovisivo (ci aggiorniamo anche sulle tecniche!), diapositive e nastro registrato sul tema: “I lavori femminili di un tempo”: Attualmente è in corso una ricerca sul matrimonio. Com’è cambiata dagli anni 20 ad oggi la cerimonia, i preparativi, il viaggio di nozze, il fidanzamento, ecc. Pensate che siamo riusciti ad intervistare una coppia che si è sposata nel ’17! Per il momento siamo arrivati agli anni 50. Il lavoro prosegue. Perché continua la sua attività nelle 150 ore? Il fatto che dagli adulti ho sempre qualcosa da imparare.
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