Gite ed escursioni | ||
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Le luci delle città lo hanno quasi cancellato trasformandolo in un chiarore uniforme e lattiginoso, eppure il cielo notturno rimane uno degli spettacoli più emozionanti della natura: è la finestra che ci permette di guardare fuori dal nostro pianeta, di sentirci immersi nell’universo. A questa finestra vale la pena di affacciarsi anche se ormai per guardare lontano, cioè per vedere le stelle più deboli, bisogna andare a cercarsi il buio in alta montagna o in qualche isola sperduta. All’inizio della primavera, però, anche dal centro di una città lo spettacolo è assicurato. Appena calata la notte le costellazioni invernali non sono ancora scese sotto l’orizzonte occidentale, quelle primaverili salgono verso il meridiano (la linea nord-sud), e le costellazioni estive incominciano ad affacciarsi a oriente. Può succedere così che siano visibili contemporaneamente più stelle di prima magnitudine che in ogni altra stagione: Sirio, Betelgeuse, Rigel e Procione a ovest, Arturo, Regolo e Spica verso sud, Vega e Deneb verso est. Immaginiamo che in una sera di aprile usciate sul vostro balcone e guardiate nella direzione dove verso mezzogiorno si trova il Sole. Vedrete in alto una stella arancione e, più bassa rispetto all’orizzonte, una stella bianco-azzurra. La prima è Arturo, nella costellazione di Bootes, il Pastore. La seconda è Spica, nella costellazione della Vergine. Arturo è la stella-chiave per orientarsi nel cielo di primavera. Se non siete sicuri di averla identificata, basta seguire la curva ideale indicata dal timone del Grande Carro. Del resto non si può sbagliare perché nessuna stella (a parte Sirio che però è di colore azzurro e ormai scompare nelle foschie dell’orizzonte sud-occidentale) brilla come Arturo. E per di più il suo colore tra l’arancio e l’albicocca è inconfondibile. Seguendo ancora la stessa curva ideale, dopo aver incontrato Arturo vi imbatterete in Spica. A questo punto è semplice trovare dei riferimenti per individuare le altre costellazioni primaverili: il Leone, con Regolo, a ovest di Arturo, il Corvo a sud della Vergine, la Corona Boreale a est di Bootes, la Bilancia nella fascia zodiacale a est di Spica. Chiamato così dal greco arctosoura (coda dell’orsa), Arturo è la stella più brillante dell’emisfero boreale poiché batte anche Vega, sia pure soltanto di pochi centesimi di magnitudine. Ma non è solo luminosa in apparenza, lo è anche in assoluto: emette 115 volte più luce del Sole. Nel 1933 un raggio di questa stella concentrato opportunamente dall’obbiettivo da un metro di diametro del telescopio dell’osservatorio di Yerkes, servì per uno strano rituale: fece scattare un fotorelais che accese tutte le lampade della Fiera mondiale del Progresso a Chicago. Allo scopo fu scelta Arturo perché la Fiera precedente si era tenuta nel 1893, 40 anni prima, e 40 anni-luce era allora valutata la distanza di Arturo, sicché il raggio utilizzato risultava emesso proprio durante l’edizione precedente, stabilendo una simbolica continuità tra le due manifestazioni. In realtà la distanza di Arturo oggi accettata è un po’ minore: 37 anni-luce. Spica, l’altra stella caratteristica del cielo primaverile, culmina sul meridiano alla mezzanotte del 13 aprile ed è tanto più appariscente in quanto attorno c’è un deserto buio, una delle zone meno popolate di stelle brillanti. Esattamente di prima magnitudine, lontana 275 anni-luce, Spica è una stella dalla temperatura superficiale di 20000 gradi centigradi. Se fosse al centro del nostro sistema planetario brillerebbe 2300 volte più del Sole e soltanto sul lontano Plutone potrebbero esserci condizioni ambientali adatte alla vita. Piccole variazioni di luminosità indicano che Spica è una stella doppia. La sua compagna è situata ad appena 8 milioni di km cioè poco più di un decimo della distanza dalla Terra al Sole, e contribuisce alla brillantezza totale nella misura del 20%. |