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Il laboratorio di narrazioni per immagini | |||
di Andrea Sola | |||
In questo articolo viene riportata la sperimentazione di Andrea Sola, sul laboratorio denominato Il gesto e la parola svoltosi, con i ragazi stranieri, presso la Scuola Media Giulio Cesare di Mestre.
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Il laboratorio denominato Il gesto e la parola si è svolto in quattro incontri nei mesi di aprile e maggio con i ragazzi stranieri che frequentavano il corso di preparazione alla licenza media presso la Scuola Media Giulio Cesare di Mestre. I partecipanti sono stati circa 15, di diversa provenienza: Albania, Kosovo, Ucraina, Romania, Moldavia, Guinea, Cina, Bangladesh; l’età andava dai 16 ai 20 anni. Solo alcuni di loro riuscivano a padroneggiare bene la lingua italiana. I laboratori che ho chiamato Il gesto e la parola e che sto sperimentando da qualche anno in diversi ambiti scolastici ed extra scolastici, si basano sulla interazione di diverse modalità espressive in un’unica esperienza comunicativa: la narrazione scritta, la rappresentazione per immagini pittoriche e plastiche (argilla), l’uso degli strumenti audiovisivi per la registrazione delle voci narranti e delle opere realizzate. Gli incontri si sono svolti nelle aule scolastiche e nel laboratorio di ceramica Pandora di Forte Marghera dove tutti i ragazzi sono venuti a realizzare i manufatti in argilla. Al termine dell’esperienza è stato proiettato per tutti i partecipanti il filmato in cui erano stati montati tutti i frammenti di letture dei testi scritti (alcuni dei quali nella lingua d’origine) e le immagini degli elaborati pittorici e plastici accompagnate dalle musiche da loro scelte. Il filmato è a disposizione dei partecipanti che possono averne copia. L’accostamento di linguaggi espressivi diversi su cui si basa questo tipo di laboratori è interessante da molteplici punti di vista. L’utilizzo di mezzi espressivi legati alla produzione ed all’uso delle immagini consente di superare le frequenti difficoltà nell’utilizzo dell’espressione verbale nella narrazione di eventi emotivamente importanti. È noto come l’espressione figurativa riesca a liberare stati interni che altrimenti non riuscirebbero ad essere verbalizzati: questa caratteristica su cui si basano le pratiche di arteterapia, può essere anche impiegata in contesti in cui la finalità sia quella dello sviluppo della comunicazione, intesa sia come stimolo all’espressione ed al racconto di sé, sia come socializzazione delle esperienze individuali. Le immagini virtuali e gli stessi oggetti concretamente prodotti rendono facilmente praticabili forme di condivisione e socializzazione delle esperienze e facilitano la possibilità di proseguire nella elaborazione collettiva di tali esperienze narrative. L’utilizzo della narrazione per immagini è inoltre un mezzo particolarmente adatto per uniformare l’approccio di gruppi multilinguistici: l’ostacolo della lingua non è più sentito come tale, vista la universalità del linguaggio delle immagini. Viene inoltre recuperata la molteplice ricchezza che i diversi mezzi espressivi producono nella resa del valore emotivo del medesimo nucleo narrativo: il racconto scritto, quello grafico e quello plastico consentono il raggiungimento di una pienezza espressiva che è quanto più possibile vicina alla realtà interiore del soggetto narrante. Lo stimolo iniziale con cui si è iniziato il laboratorio è stato quello di individuare e narrare per iscritto (anche nella propria lingua) un episodio della propria vita particolarmente significativo, o comunque il cui ricordo sia ancora vivo. Normalmente il racconto di sé, la comunicazione di esperienze importanti dal punto di vista emotivo o biografico, vengono esternati con difficoltà e spesso in contesti molto intimi, sotto forma di racconti-confessione o di diari privati (spesso gelosamente tenuti nascosti); la socializzazione di questi racconti risulta spesso rara ed è comunque vissuta come un’esperienza insidiosa. Tuttavia ho potuto constatare che durante i laboratori la resistenza iniziale viene superata molto facilmente e sostituita da un sentimento che definirei di compiacimento per l’interesse di cui sono fatti oggetto. Credo che questo sia un punto fondamentale per capire la valenza particolare che questo tipo di pratiche può avere: domandare a dei giovani di raccontarsi richiede di mettersi in qualche modo al loro servizio, deve diventare percepibile che l’interesse che si rivolge loro è sincero. Non si tratta di arrivare ad avere dei risultati, perché il risultato sta nell’azione stessa che si sta conducendo, nel percorso espressivo che è nello stesso tempo una forma di comunicazione con gli altri, qualsiasi contenuto venga elaborato; anche il silenzio di alcuni, come pure è successo, ha fatto parte dell’esperienza. Dare corpo a questi scenari interiori, a questi luoghi della memoria personale materializzati attraverso i colori, la creta, la propria voce e il proprio volto, è un’esperienza coinvolgente di cui ci si sente in ogni momento protagonisti. Esperienza tanto più importante, crediamo, per giovani che stanno faticosamente cercando di ricostruirsi un universo relazionale in un ambiente completamente nuovo e diverso da quello d’origine. Le tematiche sono state le più varie: dal ricordo d’infanzia nel paese d’origine, alle considerazioni sulla vita attuale, ai ricordi dell’arrivo in Italia. L’utilizzo dei mezzi espressivi figurativi è stato sempre pronto e molto disinvolto, pur essendo, come ormai è la regola, un tipo di esperienza totalmente assente dalla loro pratica quotidiana; e comunque senz’altro in molti casi meno problematico della scrittura, come del resto ho sempre avuto modo di constatare. Dal punto di vista della resa espressiva, se così possiamo dire, i risultati più forti sono stati quelli con l’argilla, pur essendo stata per tutti un’esperienza assolutamente nuova.
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