Il termine egoismo è nato nel diciottesimo secolo, per “significare” l’atteggiamento di colui che dà massima importanza a se stesso, ai propri giudizi, sentimenti o bisogni, e non si cura per niente degli altri.
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Il Papa sente il bisogno di pronunciare un verdetto inappellabile, di condanna, contro l’uomo che usa in maniera distorta e speculativa lo strumento finanziario, al solo ed unico scopo di trarne vantaggi, approfittando della buona fede degli investitori che sono poco avvezzi ai mercati finanziari, e non hanno quindi sufficiente destrezza con le operazioni che un’avveduta perizia finanziaria richiederebbe. Pertanto, implicitamente, afferma il Pontefice, questo crollo economico-finanziario deve essere imputato all’egoismo delle banche senza scrupoli, che hanno usato spregiudicatamente gli strumenti più sfrenati della cosiddetta finanza “creativa” che hanno condotto alla rovina milioni di famiglie.
Il Pontefice dice una verità sacrosanta affermando che l’avidità senza limiti della finanza innovativa (di cui alcuni esponenti sono stati premiati con il Nobel), ha come unico scopo il profitto.
È certamente vero che la colpa della crisi finanziaria del 2008 è delle banche che con prodotti di finanza “innovativa” assieme alle assicurazioni si sono scambiate i rischi dei mutui subprime, distribuendoli poi negli investimenti dei risparmiatori. Questo meccanismo di redistribuzione del rischio, nel tempo, non ha potuto reggere all’incalzare dell’aumento dei tassi d’interesse e della svalutazione degli immobili, a cui i mutui erano agganciati, sottoponendo il sistema stesso ad un crescente stress, dovuto all’inadempienza dei mutuatari che non ce la facevano più a pagare le rate in crescente aumento a causa dell’inflazione, e conseguentemente della diminuzione del valore dell’immobile acquistato.
Ma vediamo come, in sintesi, funziona l’economia.
L’economia tratta le cause della ricchezza di una nazione, ed è la somma di tutte le attività materiali e immateriali utili al soddisfacimento dei bisogni dell’uomo. L’economia quindi, molto sinteticamente, è l’incontro sinergico di tre funzioni (che danno origine al processo economico): il capitale, l’impresa e il mercato. Il capitale serve per far nascere l’impresa, l’impresa con le sue attività produttive genera il prodotto, la vendita del prodotto genera profitti, il luogo dove ciò avviene è il mercato, dal quale nasce, spontaneamente, la domanda e l’offerta dei beni di consumo che determinano i prezzi delle merci.
Stabilito questo (per ritornare alla crisi economica del 2008), cosa è successo negli Stati Uniti in questo periodo?
Si doveva, per rilanciare l’economia, scegliere le attività da finanziare per far sì che la ricchezza del Paese cioè il PIL (Prodotto Interno Lordo) cominciasse ad aumentare; dopo un periodo di recessione (ciclo economico con decremento dei valori di crescita), la FED (Federal reserve bank) ha stabilito di abbassare i tassi d’interesse per rilanciare gli investimenti e quindi la ripresa dell’attività economica. Le banche hanno cominciato subito a prestare il denaro a basso costo, approfittando della favorevole politica monetaria. Il settore che immediatamente si mette in moto, favorito dal basso costo del denaro è quello immobiliare, che fa anche da volano a tutte le altre attività economiche.
Immediatamente l’economia comincia a decollare, e la gente comune inizia, con l’aumentare dell’occupazione ad avere più soldi da spendere. La prima cosa cui una famiglia pensa, quando ha più disponibilità economica, è quella di possedere una casa.
Nascono così nuovi prodotti bancari denominati: “mutui subprime”, cioè prestiti per l’acquisto di una casa. Ma le banche non vogliono accollarsi il pericolo d’insolvenza dei mutui erogati, per cui decidono, per mezzo delle cartolarizzazioni (la conversione di crediti in titoli negoziabili) di rientrare subito dall’esposizione finanziaria di partenza, lasciando tutto il rischio d’insolvenza nelle mani degli investitori privati che hanno acquistato quei titoli.
La storia poi ci ha confermato che quelle emissioni “creative” hanno generato la crisi economica del 2008, che il Papa sostiene essere figlia dell’egoismo.
Vediamo allora cosa significa essere egoisti?
Kant, per esempio, sostiene che l’egoismo è innato nell’uomo, sostanzialmente per opporsi all’egoismo degli altri, e l’egoismo progredisce costantemente nell’uomo stesso.
Nietzsche: l’egoismo è quella fede incrollabile in noi stessi che ci fa pensare che gli altri devono sottostare al nostro essere.
Noi quindi non ci dobbiamo difendere dall’egoismo dei mercati, che è fonte di vita economica, il cui motore viene oliato dall’attività finanziaria; ci dobbiamo difendere dall’ignoranza che accompagna le nostre scelte finanziarie (parafrasando Kant: l’egoismo è innato nell’uomo, a maggior ragione riemerge quando ci sono grossi interessi da difendere). Se una banca non commette frode, può emettere strumenti finanziari di qualsiasi genere e nessuno può impedirglielo, sta agli organi di controllo (Consob, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, per mezzo d’informative “chiare”) vigilare affinché queste opportunità siano rivolte a una platea d’investitori consapevoli del rischio che corrono, inibendo l’accesso a quei soggetti che per loro natura finanziaria non sono in grado di affrontare i rischi che queste offerte propongono.
Ma spesso le consulenze che le banche offrono ai risparmiatori, loro clienti, tendono a favorire operazioni finanziarie che poco hanno a che fare con gli interessi dei clienti stessi, e che invece sono rivolte a sostenere unicamente prodotti i cui vantaggi ricadono unicamente su chi li propone, infischiandosene degli interessi del cliente, che ancora una volta è maltrattato e derubato. Le crisi, che hanno colpito le banche d’investimento, si potrebbero evitare anche (come afferma Luigi Zingales sul Sole 24 Ore del 22 gennaio c.m., articolo di fondo), mettendo un tetto al capitale di debito (obbligazioni, dove il rimborso è un atto dovuto), perché spesso un alto rapporto tra indebitamento e capitale proprio (indice di indebitamento) espone la banca a rischi che potrebbero poi rivelarsi insostenibili; per cui è preferibile che la maggior parte dell’indebitamento avvenga sul capitale di rischio (emissioni azionarie, la cui remunerazione dipende dal conseguimento di risultati economici positivi). Se si fossero rispettate queste semplici precauzioni gli investitori non avrebbero comprato quei titoli “tossici”, costringendo le banche a limitare l’offerta dei mutui subprime. Certo questo modo di fare finanza “pulita” non avrebbe favorito una crescita percentualmente elevata del prodotto interno lordo, l’economia sarebbe cresciuta a ritmi meno sostenuti, ma senza dubbio più sostenibili, e soprattutto non avrebbe causato la bolla speculativa. Come si vede l’egoismo innato della finanza e dell’economia può essere corretto se si vigila bene e s’informano adeguatamente gli investitori sul prodotto finanziario all’atto dell’acquisto, evitando così le critiche a posteriori, che non servono a nulla, tranne che a creare consensi in chi le denuncia.
Non ci voleva molto a capire che questa finanza slegata com’era (e com’è) dall’attività economica prima o poi avrebbe creato un dissesto finanziario, alcuni economisti l’avevano anche previsto, ma come sempre la voce della verità grida inutilmente nelle orecchie di chi ha ben altri scopi da perseguire: cioè quelli che mirano al profitto a tutti i costi, che non si fermano di fronte a nessuno pur di raggiungere una sempre crescente redditività, a cui tutti gli amministratori sono sottoposti, cioè quella che vede nell’aumento del valore societario (azionario) l’unico scopo, in breve tempo, da raggiungere.
Concludendo, con poche misure preventive si sarebbe potuto evitare questa crisi, che come afferma Benedetto XVI è figlia dell’egoismo. Ma l’egoismo, a ben vedere, rappresenta l’istinto innato dell’attività economico-finanziaria, ed è necessario per poter crescere. Diversamente invece sono quei comportamenti che, per perseguire i profitti, sconfinano nel campo dell’illecito.
Il Papa quando parla lo fa sempre nella duplice veste: quella di capo della chiesa, ma anche quella di capo dello stato; ed è proprio in quest’ultima veste, che a mio parere il Pontefice è in palese conflitto d’interessi, perché come capo di stato deve promuovere e controllare gli interessi materiali della chiesa, che spesso stridono con quelli religiosi, quando non sono addirittura fatti criminosi.
Difatti nel crack del banco ambrosiano del 1987 (di Roberto Calvi) Monsignor Marcinkus presidente dello IOR, la banca del vaticano, e membro del consiglio d’amministrazione del banco stesso, fu invischiato per concorso in bancarotta fraudolenta (lo IOR tramite Marcinkus acquistava pacchetti azionari, tramite società estere, dell’Ambrosiano), e riuscì ad evitare gli arresti grazie al passaporto diplomatico del Vaticano.
È bello quindi ricordare le scorrettezze altrui, salvo poi dimenticarsi di dire che anche la banca del vaticano, come tutti gli speculatori, ha approfittato e in maniera illecita per arricchirsi alle spalle della povera gente.
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