GianMario Vianello si dimostrava maestro di saggezza, discuteva senza pontificare, insegnava senza imporre, tutt’al più proponendo con la forza
della ragione.
GianMario Vianello
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Ho conosciuto GianMario a cavallo tra il 2005 e il 2006 in occasione delle tre lezioni magistrali che tenne agli studenti adulti della scuola media “C. Giulio Cesare” su altrettanti temi di grande valore civile e storico intitolati nell’ordine “Guerra e Pace”, “Libertà e Democrazia”, “Società e Giustizia”. In merito ai contenuti abbiamo pubblicato sulla rivista E. P. (Educazione Permanente) redatta dal CTP (Centro territoriale per l’Educazione degli adulti) e dall’associazione Nicola Saba un’ampia relazione a firma del corsista Mario Meggiato, nel settembre del 2006.
Furono incontri di storia politica cultura e interazione vivace e partecipata con il pubblico presente, in calce ad ogni lezione.
Mi colpì innanzitutto la lucida e serrata argomentazione attraverso la quale GianMario affermava l’imprescindibile legame tra pace libertà e giustizia, unici valori fondanti della democrazia e garanti della “salvezza” dell’uomo in una società civile oggi come ieri; in un’affascinante lettura sincronica del presente, in Italia in Europa e nel mondo, ed in un’altrettanto accurata analisi diacronica degli avvenimenti storici con fermata obbligata sul momento storico che il partigiano GianMario considerava topico nel rinascimento civile e sociale dell’uomo: la lotta di liberazione e la promulgazione della costituzione italiana. Ognuno di noi, ed io per primo, ebbe l’esatta percezione che non si trattava di lezioni cattedratiche, che non si era insomma in presenza solamente di un valido incalzante e solido costrutto razionale, ma di ragionamenti impregnati di vita e di fiducia e fedeltà a valori testimoniati nel passato, nella resistenza e nell’impegno politico, ed affermati nel presente con la forza di un giovane che sa sognare una società diversa dove possano convivere i diversi e le diverse idee, dove soprattutto trovino finalmente adeguata cittadinanza i più deboli, gli umili, in particolare dove tutti gli uomini abbiano pari dignità e non vi siano più sudditi né differenze tra i cittadini in specie tra uomini e donne, padroni e operai.
Ricordo che alla fine di ogni lezione il dibattito era vivo e partecipato, ma proprio nel senso del vissuto; chi lo conosceva lo interpellava su vicende e situazioni storiche di Venezia e dell’Italia; i più che lo sentivano per la prima volta erano sollecitati a dialogare con lui su fatti del passato ma anche di estrema attualità come la guerra in Iraq o la questione ambientale. GianMario si dimostrava maestro di saggezza, discuteva senza pontificare, insegnava senza imporre, tutt’al più proponendo con la forza della ragione. E talvolta veniva a galla il fiuto politico di chi aveva dialogato molto con la gente del popolo, ma anche di chi sapeva capire l’andamento politico in particolare leggere determinate alleanze e “prevederne il futuro”; eravamo alla vigilia delle elezioni politiche del 2006, una signora gli chiese che ne pensava della vasta alleanza del fronte di “sinistra”, GianMario rispose che non capiva bene che ci stesse a fare un partito con un certo presidente che fino allora aveva condiviso poco delle scelte democratiche di quello schieramento; ebbene quel “signore” chiaramente indicato con tanto di nome e cognome, due anni dopo da ministro della giustizia farà cadere il governo Prodi.
Eppure di quelle lezioni io colsi un aspetto che fin da allora mi sembrò fondamentale ed insito nella natura dell’uomo GianMario, connaturato al suo modo di essere e di fare, capace di innestare un connubio spontaneo in lui tra pensare agire ed affermare: l’aspetto culturale. La cultura, si capiva al volo gli era cucita nell’animo…e ne aveva informato la vita. Alcune citazioni furono esplicite, e Meggiato le ha riportate nel suo articolo, si trattava di Norberto Bobbio di Benedetto Croce tra i filosofi ed ovviamente di Tolstoj a proposito di guerra e pace. Ma la preparazione umanistica e letteraria rimaneva tra le righe tra le argomentazioni discorsive irrorate da riferimenti non detti perché la cultura è discreta e saggia dissertazione, mai smaccata erudizione. Vi leggevo anche evidenti predilezioni, per gli illuministi per i filosofi razionalisti come Spinosa e Kant ed i critici inglesi come Locke e Hume; “amori spirituali e culturali” di GianMario, che mi sarebbero stati confermati più avanti nel tempo quando si instaurò tra noi una corrispondenza epistolare e telefonica, dato che il destino, la sua malattia, volle che di persona più non ci incontrassimo.
Nel settembre 2007 GianMario mi fece regalo di un opuscolo intitolato “Cultura, politica e classe operaia”. Era un’intervista che aveva rilasciato ad A. Aiello nel 2006 e che la figlia Sabina aveva voluto dare alle stampe. Nella prima pagina bianca del libro GianMario di suo pugno mi scriveva “Caro Stoppani, durante la mia permanenza in ospedale Sabina ha voluto stampare “in estratto” una mia intervista del 2006. Sono ricordi/riflessioni abbastanza sinceri e molto meditati su tante vicende personali e politiche degli anni dal 1943 al 2006 (e anche di qualche decennio prima) sulla vita del movimento operaio. Con molta stima e affetto…”. Lo lessi con avidità e lo rilessi con grande attenzione. Capii molto dell’impegno politico umano e sociale di GianMario dalla resistenza alla militanza e alla dirigenza del PCI ed oltre, a favore degli oppressi in nome di una pietà umana, che la madre maestra gli aveva insegnato, e che lui sentiva per l’oppressione che subivano e la miseria che vivevano i lavoratori. Una pietas che gli aveva trasmesso negli anni di università il grande studioso antifascista Piero Martinetti (GianMario da partigiano scelse in suo onore il nome di Piero), un concetto quasi religioso di rispetto per l’uomo, una “religio” laica intesa come legame all’uomo ed ai grandi valori di libertà e democrazia un senso “religioso” della politica come dedizione totale; la pietas “è il fondamento della politica, è il rapporto con gli altri, è il desiderio di poter cambiare il mondo in meglio è la rivolta contro le oppressioni e le ingiustizie che i giovani sentono fortemente…Questa carità umana se diventa fanatismo finisce per svilire la sua portata positiva che poggia su un sentimento di altruismo. Ecco il nesso con la ragione che alla fermezza nell’ideale concilia la freddezza il dubbio metodico che ti consentono sempre un’analisi critica delle tue azioni per coglierne limiti ed errori”.
Ma in tutta l’intervista traspariva il grande legame di GianMario con la cultura che come lui stesso dice “deve essere qualcosa di vivente, in continuo divenire. La cultura è ricerca della verità, ha una sola regola: libertà, totale, assoluta di ricerca di espressione. Senza tabù, veti, limiti di qualsiasi tipo imposti da convenienze o da autoritarismi, governi, maggioranze, poteri, religioni”. Mi son fatto l’idea che GianMario non solo si interessava alla cultura ed ai suoi prediletti enciclopedisti illuministi i suoi Spinoza Hume Kant Hegel o il latino Lucrezio o gli scrittori come Omero Villon Moliére Kafka Eliot Montale ecc. ma aveva esercitata nella quotidianità come impegno a favore della libertà e della giustizia. Insomma un uomo di cultura prestato alla politica. Nell’intervista infatti afferma: “Fondamentalmente non sono un politico. Forse un uomo di cultura che ha letto e studiato con molta passione: la storia del mio Paese, il senso della storia in generale, come combattere l’odio e la tirannia”.
Gli scrissi una lettera per ringraziarlo del libro ma anche per confidargli che non solo condividevo le sue idee sulla cultura ma che in fondo per più di trent’anni le avevo praticate anch’io, certo non con un impegno nelle istituzioni e nel partito così alto ed importante come il suo, ma nella mia vita di insegnante dedicata all’istruzione degli adulti, dalle “150 ore” all’educazione permanente dei CTP, con una stella polare sempre chiara e presente: star dalla parte di coloro che per estrazione sociale od altro erano stati esclusi dalla scuola e dalla conoscenza, a favore di una scuola che permettesse agli umili di appropriarsi di strumenti culturali per contare criticamente di più nella vita. Avevo esagerato in presunzione? GianMario mi smentì subito con una bellissima lettera di risposta che con parole affettuose e soppesate sancivano un’affinità spirituale e forse anche un’amicizia che una persona così colta e di alto spessore morale si degnava riservarmi. Così mi scriveva: “A Gabriele Stoppani- ho ricevuto la cara tua lettera e ti ringrazio per l’apprezzamento così sentito di quelle mie memorie personali e politiche in cui ho cercato di analizzare alcune questioni sul rapporto complesso (e tutt’altro che risolto) fra cultura-verità-politica e partiti (che sono parti). Ho osservato con quanta passione ed acutezza hai commentato e sviluppato questi temi in rapporto alle tue peculiari esperienze, ai tuoi vivi ideali, a un ardore profondo”.
Ma GianMario non solo affermava il concetto della cultura e dello studio come ricerca senza fondo per tutta la vita (Socrate e Platone), ma viepiù lo praticava, insomma non si fermava, studiava e produceva pensiero nonostante la malattia. Nel proseguo epistolare così continuava: “Su questi temi spero potremo intrattenerci di persona fra qualche tempo. Per ora la malattia che mi ha colpito togliendomi quasi totalmente la voce mi ha reso così afasico da impedirmi ogni attività che implichi relazioni a voce. Un po’ me ne spiace, ma del resto ho già parlato tanto e forse troppo in vita mia finora…con gli inevitabili (e forse no) errori. Ho un eccellente e caro ricordo delle premure affettuose con cui avete accolto l’anno scorso nei nostri incontri a scuola le mie relazioni su pace-guerra, libertà e democrazia… E’ un lavoro che rifarei volentieri con un breve corso di tre nuovi incontri sull’osservazione della natura da Omero a Lucrezio, alle fiabe, 5000 anni attraverso la letteratura e la vita…”.
Mi fece pervenire il programma tramite la figlia Sabina e lo conservo come un bene prezioso. Era di una profondità critica e di una visione culturale tanto originali quanto affascinanti. Il tema: l’osservazione attenta della natura è costantemente presente in opere letterarie fondamentali nella storia della cultura umana: la potenza creativa della natura, le origini dell’universo, l’astrologia la geologia la fisica la chimica la biologia/genetica, gli organismi viventi il regno vegetale il regno animale il genere umano (non la razza). Le fonti e i testi delle tre lezioni: Omero e le metafore sulla natura nell’Iliade, la natura secondo Lucrezio desunta dal suo De rerum, la fiaba e il mito in Perrault Grimm Andersen e Calvino. L’attenta osservazione della natura nei testi citati è rivolta a studiare: i “fenomeni naturali (tempeste terremoti ecc) i “comportamenti degli animali” i “comportamenti degli uomini” attraverso i mestieri dei maschi e delle donne. E questa è solo una sintesi; la bozza di progetto era impreziosita da una cospicua dovizia di annotazioni letterarie storiche ed artistiche. Mi impegnai subito ad organizzare il triplice evento considerando tempi spazi e manifesto dell’iniziativa. Ci sentimmo telefonicamente anche per ovviare con ausili audiovisivi al cruccio di GianMario, la mancanza di voce. Le giornate erano già fissate, ma dovemmo rinviare perché la malattia avanzava e la voce vieppiù mancava, finché si spense definitivamente il 18 maggio del 2008.
Mi restano il palinsesto delle tre lezioni cui teneva tanto, la sua testimonianza civile e politica, la sua discreta quanto immensa cultura, la squisita sensibilità con cui seppe porsi in relazione con i nostri studenti ed in particolare con me che da lui trassi insegnamento di vita ed arricchimento spirituale.
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