Racconti
L’incontro
di Valter Fontanella

Qualsiasi rassomiglianza
con fatti o persone realmente
esistenti non può essere che puramente casuale.

Le Zattere
Punta della Dogana

 

“Accidenti!” grida quasi, e scarta svelto verso sinistra. Non è stato rapido a sufficienza però. “Ma perché non guardi dove vai, brutto stron...” comincia a dire a mezza voce, abbastanza infuriato. Subito però ammutolisce e si ferma. L’ha riconosciuta. Con un attimo di ritardo, ma l’ha riconosciuta. Per poco non investiva la cicciona. Ha evitato di finirle rovinosamente addosso proprio per un soffio, pensa sollevato. Comunque la colpa sarebbe stata tutta sua, perché non stava attenta a dove andava. Caspita, una non può andare in giro così, a casaccio, come una stordita, una balorda, una sconsiderata, senza prestare un poco di attenzione almeno a dove la portano quei piedi da papera che si ritrova. E subito si sforza di trattenere la risatina che gli viene spontanea all’immagine di lei dotata di grandi piedi da papera.

Poco meno di un’ora prima Alberto Carraro era uscito di casa in tuta e scarpette da corsa e si era incamminato con un bel passo elastico verso le Zattere.
Dopo il pomeriggio ventoso e corso da grosse e nere nubi temporalesche, la giornata, mentre si avviava lenta al tramonto, aveva improvvisamente acceso i suoi rossi bagliori e le poche nubi residue si erano d’un subito incendiate. L’orizzonte ripulito aveva mostrato nettamente i contorni dei bassi e lontani Colli Euganei, ben visibili oltre le sottili, nere e inquietanti sagome geometriche delle strutture industriali di Porto Marghera e Fusina.
Giunto alle Zattere, Alberto aveva cominciato a correre piuttosto lentamente, per dare tempo e modo alla muscolatura di riscaldarsi adeguatamente. Soltanto quando una leggera sudorazione lo aveva avvisato che il suo organismo era pronto e disponibile alla tensione della corsa, aveva allungato un poco, ma assai decisamente, la falcata e aumentato il ritmo del passo, fino a raggiungere con sicurezza e costanza l’andatura veloce, energica e sciolta che ormai gli era diventata normale e istintiva. Quando aveva cominciato a rallentare un pochino, la corsetta serale era ormai giunta per la seconda volta al giro di boa, al giro ormai rituale intorno al verde lampione posto proprio alla fine della Punta della Dogana, il punto dal quale ogni altra volta era iniziato il ritorno definitivo verso casa. Terminata l’ora di corsa, sarebbe di nuovo passato a una camminata a passo tranquillo, ma pur sempre sostenuto, per rilassare i muscoli, fino a quando il corpo non avesse finito di traspirare abbondantemente e si fosse alquanto raffreddato. Soltanto allora sarebbe rientrato in casa. Più tardi, dopo una bella doccia, per lavare sudore, fatica e tensioni, si sarebbe dedicato, da celibe esperto e raffinato buongustaio quale era, alla nobile arte della cucina. In altre parole, avrebbe provveduto con calma alla solita, rapida cena a base di pastasciutta e di qualcos’altro. Di che cosa? Mah, ci avrebbe pensato quando il momento fosse venuto. Oppure poteva sbrigarsela alla svelta con una gustosissima scatoletta di tonno e una ricca insalata mista. Non sarebbe certamente stata la prima volta che lo faceva.
La serata mite e ancora luminosa avrebbe invitato a continuare la corsa con una certa larghezza generosa nei tempi e nelle distanze, e invece si era costretto a rispettare con gretta meschinità i tempi previsti dalla tabella di allenamento, che era stata compilata, e successivamente modificata e adattata a nuove condizioni fisiche, seguendo i preziosi consigli di Luigi Grandesso. Da sempre un grande amico e uno spirito ameno, un tempo Luigi era stato anche un grande e temibile avversario in pista. Adesso, passato il tempo delle gare giovanili, era diventato il tenace, appassionato e abile allenatore di giovanissimi talenti, che sperava di trasformare in campioni di mezzofondo.
Alberto sa bene di avere ricominciato a correre da troppo poco tempo. Dunque, si ammonisce severo, non può ancora concedersi impunemente di imporre al suo organismo tempi più lunghi e ritmi più serrati di corsa, anche se il suo corpo già potrebbe sopportarli senza ribellarsi. O, per lo meno, si ribellerebbe soltanto un poco. Ma anche di questo ormai si sente veramente sicuro, che riuscirebbe a domare facilmente quella ribellione, rallentando di nuovo, e magari soltanto un pochino, il ritmo.
Quando era uscito di casa si sentiva proprio bene, rilassato e quasi in piena forma. In corsa il passo era elastico, sciolto, leggero e ben equilibrato. E ben coordinato era anche il movimento delle braccia. Il respiro tendeva a rimanere controllato anche sotto sforzo.
Inoltre, la serata era dolce e affascinante e offriva gradevole distrazione con i colori caldi del tramonto e i lontani suoni cristallini nell’aria fresca, pura e limpida della primavera.
Il paesaggio urbano era quello unico e incantevole del Canale della Giudecca e poi, al giro di boa, quello del Bacino di S. Marco, con tutto lo splendido scenario che vi si affaccia.
Se si fosse lasciato andare all’istinto del momento, avrebbe potuto tranquillamente continuare a correre ben più a lungo del solito e senza grande sforzo. Lo sentiva. Si era invece imposto di rispettare con rigore i tempi previsti dalla tabella e, raggiunta per la seconda volta la Punta della Dogana e fatto il consueto giro intorno al verde lampione che la orna, mentre abbracciava con un rapido e amorevole sguardo il bacino di S. Marco, aveva deciso di tornare definitivamente indietro per avviarsi quindi, e senz’altro, verso casa, evitando perciò di cedere alla tentazione di allungare il percorso.
Ecco, ora doveva lasciare la Fondamenta delle Zattere e imboccare la calle che lo avrebbe riportato verso casa. E allora, proprio nel momento in cui, ancora a buona andatura e senza quasi rallentare il ritmo della corsa, girava svelto e sicuro l’angolo per entrare nella calle, si era quasi scontrato con quella sciagurata incosciente, la cicciona tutta sudata, rossa e affannata, che stava per girare lo stesso angolo dalla parte opposta e in direzione inversa. La casa all’angolo, purtroppo, gli aveva impedito di vederla con un anticipo sufficiente a scansarla del tutto e con tranquillità. Non sapeva bene come, però era riuscito comunque a evitare, seppure di un soffio, lo scontro frontale con la cicciona. Le traiettorie però sarebbero state perfette per un impatto distruttivo, almeno per lui, viste le abbondanti dimensioni corporee di quell’altra e la sua notevole massa d’urto, indubbiamente ottima durante una mischia in una partita di rugby.
L’aveva scansata per miracolo e si era proprio spaventato, anche per l’errore che lui stesso aveva commesso. E subito aveva provato disagio e preoccupazione. Se dietro l’angolo della casa invece di quella ci fosse stato un fragile vecchio dal passo impacciato e instabile, oppure un bambino imprevedibile nei movimenti, anche un urto di poco conto avrebbe potuto avere conseguenze ben diverse. Meglio non pensarci, ma ricordarsene per le prossime volte. Doveva ripromettersi di non commettere mai più quell’errore. Mai più doveva rasentare l’angolo e imboccare alla cieca e in velocità la calle. Altrimenti correva il rischio per davvero concreto di travolgere un ignaro passante. In precedenza, tutte le altre volte aveva smesso di correre lungo la Fondamenta, dove era facile controllare i movimenti dei passanti, e poi, camminando, aveva imboccato la calle. Questo era un modo di agire sensato e responsabile. Perché questa volta invece si era comportato diversamente? Ora aveva toccato con mano quali potevano essere le conseguenze di un simile comportamento da irresponsabile.
Solo per un miracolo era riuscito a evitarla, scartando veloce di lato. Soltanto le loro braccia si erano toccate rudemente. Eppure si era sentito, e si sentiva, per davvero molto poco in colpa. Lei, mentre finiva di percorrere la calle e imboccava la Fondamenta delle Zattere, girando verso la Punta della Dogana, di dove lui veniva a passo sostenuto, si era tenuta tutta sulla sua sinistra, nello stesso momento in cui lui imboccava con decisione e velocità la calle, tenendosi però tutto sulla sua destra, ovviamente. Eppure si era in una città di mare e quella cicciona avrebbe dovuto conoscere la vecchia norma di comportamento in mare che dice “rosso al rosso, verde al verde, avanti pur che la barca non si perde”, e dunque starsene sulla sua destra.
Un solo attimo di incertezza, un piccolo errore di calcolo nel rapido passo laterale subito dettato dall’istinto, una minore capacità di reazione di una muscolatura un poco più stanca e meno reattiva, e la collisione frontale sarebbe stata piena e catastrofica. Per entrambi? Per lei, chissà, forse, probabilmente. Ma per lui, e su questo non nutriva nessun dubbio, lo sarebbe stata di sicuro. Per fortuna non si era verificata. Se disgraziatamente fosse avvenuta, lei, uscitane in condizioni di sicuro migliori, si sarebbe magari sentita in dovere di rianimarlo mediante respirazione bocca a bocca ed energico massaggio cardiaco, frantumatore di ben costruite casse toraciche. C’era di che essere scossi da brividi di terrore al solo pensiero di una simile, angosciosa eventualità.
Anche lei si era spaventata. Alberto l’aveva vista alzare il viso proprio nel momento in cui giungeva all’angolo della casa da cui lui era istantaneamente sbucato piuttosto velocemente. Quando lei all’improvviso se lo era visto arrivare addosso, aveva spalancato gli occhi e la bocca, sorpresa e impaurita, e insieme aveva lanciato uno strillo con la sua voce acuta di donna. Lui intanto, con lo sguardo teso in avanti e più attento al percorso, aveva già fatto istintivamente il rapido passo laterale, verso il centro della calle, verso l’inopinata salvezza.
Si era spaventata, ma non ha detto nulla, non ha cominciato a inveire come aveva fatto lui, ha dimostrato più educazione, senza dubbio. E lui comincia già a provare rincrescimento per la parola offensiva che istintivamente gli stava scappando di bocca. Forse lei se la meritava, ma è lo stesso una parola che una persona educata non dice a una donna. Magari, ecco, si può forse concedere che perfino una persona educata la possa anche pensare, ma soltanto in certe circostanze particolari. E questa sicuramente non lo è.
Quella giovane donna non era del tutto sconosciuta. Più di qualche volta gli era capitato di vederla correre pressappoco alla sua stessa ora, lei pure sempre da sola. Si era anche permesso di ridacchiare mentalmente a quella vista, che trovava piuttosto divertente. Ecco una che voleva proprio, e doveva, dimagrire, aveva pensato, e ce la stava mettendo tutta per farlo, poveretta lei. Chissà con quali risultati poi, così affannata come era ogni volta che la incrociava. Magari poi, una volta tornata a casa, recuperava la fatica e le calorie inutilmente disperse nei rivoli di sudore ingozzandosi di cibo e di pingui, teneri e consolatori dolcetti. Senza tenere conto di tutte le calorie in eccesso ingurgitate giorno per giorno con una dieta troppo ricca, che deposita sul corpo rotoli e rotolini e ciambelle di grasso, che insidia cuore e fegato. Perfino i capelli aveva rossi per lo sforzo evidente della corsa, quella poveretta. E ogni volta gli era venuto da ridacchiare per questa battutina mentale. Una battuta un poco sciocca in verità, a essere sinceri, si diceva subito dopo. Ma che poteva farci, se gli veniva sempre in mente con assoluta spontaneità, quando gli capitava di incrociare la cicciona, che ogni volta gli sembrava tanto affannata?