a lezione di moda

Come molti di voi sapranno, fra i vari corsi organizzati dall’associazione “Nicola Saba”, che lavora in stretta collaborazione con le 150 ore e con l’Educazione Permanente, esistono dei corsi di taglio e cucito tenuti dalla signora Clara Bullo che per molti anni è stata première presso la nota casa di moda “Roberta di Camerino”, e con la quale abbiamo avuto un lungo colloquio.

Ci vuole spiegare il metodo da lei seguito in questo corso? (nel frattempo noi curiosiamo su un’album che abbiamo sotto mano).

Con il primo corso si parte da dei modellini piccoli disegnati da ognuna delle corsiste in un speciale album da disegno, e questo metodo consiste nel disegnare un modellino con il metro in scala cinque; si disegna la base della persona, e più precisamente le varie parti della struttura del corpo, la vita, il seno, le spalle, con le varie misure per portarla a livello industriale e questa è la nascita del modello. Con questo metodo, data la frequenza assidua delle corsiste, posso esaurire nel corso di un anno la parte tecnica in piccolo. Poi il secondo anno si lavora con lo stesse misure più in grande cioè con le misure personalizzate.

Allora nel primo anno si costruiscono i disegni e nel secondo anno si sviluppano a grandezza naturale?

Sì, gli stessi si possono fare su carta con lo stesso metodo e con le stesse misure del metro normale per cui dal libro dei disegni piccoli lo portiamo nel modello in carta e siccome non esistono libri di questo metodo si costruiscono. Facciamo un esempio: se si compera un libro di questo genere si capisce poco, mentre se si costruisce il modello, o la parte del modello, si possono mettere tutte le spiegazioni possibili apprese dall’insegnante e farne tesoro per il futuro.

Se abbiamo capito bene allora questa è la teoria?

Sì esattamente: questa è la teoria che rimane per sempre perché questa è la base anche tenendo conto che abbiamo compilato una carta frazionata che serve ad aumentare o diminuire le misure in base alla taglia scelta e quindi abbiamo facilitato il lavoro; è un metodo collaudato e si vedono i risultati. Sono metodi non di alta sartoria, anche se si poterebbero fare, ma di alta industria.

E l’affluenza a questi corsi è alta?

Non è altissima anche perché ci sono parecchie scuole del genere e questa non è l’unica; oltre tutto attualmen-te le strutture non ce lo permettono; c’è comunque una buona frequenza perché vedono che portano a casa risultati, perché si fa anche cucito, quindi passando dalla tecnica, alla carta, alla stoffa, al cucito riescono ad avere tutto il ciclo completo.

Ecco, Clara, volevamo sapere la differenza che c’è tra uno o una stilista e una o un modellista.

Lo stilista crea non solamente il disegno, lo stilista ha bisogno di creare uno stile non un vestito cioè un qualcosa che lui abbia veramente in mente, creare. Abbiamo visto che gli stilisti degli anni ottanta hanno creato il volume, hanno messo le spalle a T: questo genere di cose crea-no; poi bisogna saperlo imporre e tradurlo in moda e avere la capacità creativa. La modellista traduce in pratica quello che lo stilista crea. La modellista può essere anche stilista e non viceversa perché gli manca la scuola. Ci sono degli stilisti che hanno frequentato questa scuola però non basta. Una volta non c’erano gli stilisti, ma sappiamo che si chiamavano sarti. La moda è nata in Francia attorno al 1550. Poi i sarti si sono uniti in corporazioni, come d’altra parte succedeva in tutta Europa e tanto meglio nella Repubblica Serenissima (vedi le Scuole), creando un proprio statuto nel quale era previsto che la donna con poteva partecipare e i sarti lavoravano sia per donna che per uomo. In quell’epoca era in atto la controriforma e tutti vestivano di scuro, dal marrone al nero. Erano le tre classi dominanti, il clero, i militari e la classe regnante che si “vestivano”, il popolo non si vestiva, il popolo si copriva. Fare il sarto, nel 1600, era una vita dura: dovevano fare apprendistato e avevano tre anni di duro lavoro vicino al sarto e la prova d’arte a dimostrare che erano in grado di fare il vestito. Inoltre non potevano subentrare i figli altrimenti erano facilitati, dovevano fare la trafila del padre per poi potere aprire bottega. Se il sarto sbagliava veniva sequestrato il vestito e doveva anche pagare una multa. Avevano l’obbligo di sapere leggere e scrivere altrimenti non venivano ammessi e come artigiani erano una classe privilegiata.

La macchina da cucire era già stata inventata?

Non so se ci fossero le macchine da cucire, almeno in Francia, ma sembra che già nel '600 in Inghilterra ci fossero delle macchine che servivano per cucire. Torniamo alla sartoria e parliamo delle donne che già incominciavano a reclamare un proprio ruolo in questa attività che evidentemente si stava espandendo. Le donne volevano lavorare anche loro e ci furono grandi battaglie, ci furono anche dei processi, alcuni persi e altri vinti, e le donne ebbero una prima vittoria: potevano confezionare la biancheria. Si pensa che la decisione sia stata presa non proprio per una questione morale, data l’epoca in cui si trovavano, ma per un’abile invenzione delle donne. E con il '700, con l’esplosione dei colori, ricordiamo che il '700 è un secolo di grandi innovazioni, i sarti riescono a vendere le cose nuove e poi fanno un’altra forma di commercio: vendono le cose usate, cioè si trasformano in “rigattieri” o quello che noi chiamiamo straccivendoli, e nel contempo, attraverso una clausola imposta dalle leggi commerciali, potevano vendere le cose nuove ma solo se confezionate su misura. Questo fece sì che la moda si espandesse. La diffusione della moda, ovviamente, non poteva avvenire come adesso attraverso i giornali, la televisione, le sfilate, ma i sarti si erano inventati una sorta di mezzo di diffusione: le bambole. Sì, vestivano le bambole e mostrando quelle, attraverso gli ambasciatori, riuscivano a fare apprezzare i nuovi modelli nelle corti e nei salotti nobiliari. Questi preziosi bagagli venivano addirittura scortati nei loro viaggi attraverso l’Europa. Ecco che a questo punto anche la donna assume un ruolo importante nella creazione: aggiunge la propria fantasia e, se vogliamo, la propria civetteria. Teniamo conto che le bambole venivano vestite di tutto punto, dalla biancheria intima alle scarpe, dal vestito al cappello. Ecco che il modo di vestirsi non è più tale ma si guarda alla moda, moda che ovviamente creano i sarti che poi verranno chiamati stilisti. Christian Dior era un sarto, Cocò Chanel era una sarta, Balenciaga era un sarto e così via. Ecco che è proprio Parigi, il cuore dell’Europa, che si pone al centro di questo nuovo modo di vestirsi, di coprirsi e crea stile, crea moda. Lo stile è quel tratto inconfondibile che ogni stilista dà ai propri capi, quel tratto che lo distingue e lo distinguerà sempre dagli altri. Il tipico esempio è proprio quello di Chanel: chi non conosce i tailleurs di Chanel?

Sappiamo Clara che lei tiene dei corsi anche per le ragazze della scuola media: volevamo sapere le difficoltà che ha incontrato e con gli adulti e con le ragazze della scuola media.

Non ci sono difficoltà: gli adulti prendono consapevolezza di quello che fanno e hanno la pretesa di capirlo subito. La ragazza fa il disegno e va avanti e basta, non si pone domande, non ha la pretesa di vedere il vestito finito; la persona adulta si pone domande, vuole capire, chiede perché e per come. La bambina forse si stanca prima a disegnare, lo trova quasi un’imposizione scolastica e allora ho fatto copiare i vestiti da una rivista: prima il corpetto poi la gonna e glieli faccio riportate alla lavagna. E qui ho scoperto una cosa piacevole: copiano sì il modello dalla rivista ma ci aggiungono sempre qualcosa di proprio, stimolano la propria fantasia, ognuno dà il proprio stile.

Volevamo approfittare del fatto che abbiamo qui con noi la signora Loredana Vascon che è un’allieva, una delle prime allieve della signora Clara: innanzitutto ci sembra che lei abbia frequentato i corsi 150 ore in questa Scuola Media, in che anno?

Nell’anno 1986-87.

E dopo altri corsi, che lei sicuramente ha frequentato, ha pensato bene di frequentare anche quello della signora Clara: ci vuole dire innanzi tutto che cosa l’ha spinta a frequentare questo corso?

A me non era mai piaciuto cucire, mi sono iscritta, diciamo così, per ridere e dopo tre o quattro anni che frequento i corso, riesco a tagliare, cucire e confezionare qualcosa per me e per mia mamma, per la mia famiglia. Clara è riuscita a farmelo piacere questo lavoro. Mia mamma, quando ero piccola, mi diceva: vedi questa macchina da cucire? un giorno sarà tua e io scappavo via, proprio non ne volevo sapere. Adesso mia mamma ha ancora la sua macchina ed io ho la mia e vi garantisco che l’adopero molto. Ho imparato a cucire a macchina con questo corso.

Abbiamo sentito che sono oramai tre o quatto anni che frequenta il corso: che cosa riesce a fare, a produrre?

Riesco a fare una camicetta, una gonna da sola, ma per capi più importanti, almeno nella fase del taglio, ho ancora bisogno dell’occhio vigile della nostra insegnante. Per capi importanti si intendono giacche, cappotti eccetera.

Ha consigliato a qualcun altro di frequentare questo corso?

Sì certamente, ho portato qualche conoscente e anche qualche parente e tutte sono contente anche perché abbiamo l’opportunità di confezionarci qualcosa da sole spendendo molto poco e avere un guardaroba ben fornito.

Signora Clara ci può dire l’età media delle frequentatrici?

Attualmente ci sono quattro corsi: uno con le ragazze, un primo corso di modellismo, un secondo corso di modellismo e un corso di cucito. Per quanto riguarda l’età media si va da 14 anni delle ragazze ai 72 anni dell’allieva più anziana.

Le vostre corsiste imparano solo per confezioni da donna o anche da uomo?

No, solo da donna o da bambino. La confezione maschile è tutta un’altra cosa, c’è un’altra struttura un altro modo di vestire, bisogna farsi la mano.