a cura di Riccardo Palma

 

 

Cercando di sintetizzare al massimo la storia delle tecnologie di riproduzione in campo musicale si può affermare che gli anni 80 sono stati il regno dei supporti di tipo analogico: dischi vinilici (45/33 giri) e nastri magnetici (cassette audio e video); negli anni 90 invece il supporto più diffuso è stato il Cd (Compact Disk) cioè un supporto di tipo digitale con un sistema di lettura non più meccanico come le testine dei giradischi o dei registratori, ma ottico grazie ad un raggio laser che individua microscopiche forature su di una pellicola posta sulla parte inferiore del disco.
I vantaggi di questo sistema sono evidenti: non più fruscii durante la riproduzione di un brano musicale, rapidità di accesso ai vari brani del CD, durata praticamente illimitata del supporto.
Alla fine degli anni 90 si sta diffondendo rapidamente un nuovo sistema che avrà notevoli ripercussioni anche sul sistema commerciale di vendita e distribuzione. 
I recenti modelli di computer definiti “multimediali” non solo sono in grado, essendo dotati di casse acustiche, scheda sonora e lettore CD-Rom, di riprodurre Cd Audio ma è anche possibile registrare su di un file un brano musicale per poi modificarlo, elaborarlo ed eventualmente registrarlo su di un nuovo CD tramite un masterizzatore (registratore di CD).
Un brano stereo di qualità audio paragonabile a quella di un CD della durata di 4/5 minuti richiede circa 50/60 Mbyte se codificato nel formato Wav (il formato dei file audio di Windows 3.1, 95, 98).
Questa dimensione eccessiva ha costituito un limite alla possibilità di gestire e trasmettere agevolmente questo tipo di informazioni, e quindi nel 1998 abbiamo assistito alla rapida crescita e diffusione di un nuovo formato per la codifica dell’audio digitale chiamato MP3.
Tramite questo standard i 50/60 Mbyte dell’esempio precedente possono essere ridotti a 4/5 Mbyte.
Con queste dimensioni è particolarmente agevole la trasmissione di brani musicali via Internet e ciò ha gettato nel panico le case discografiche consapevoli che il fenomeno delle copie pirata sarebbe sfuggito a ogni controllo. D’altro canto la possibilità di diffondere audio di qualità attraverso Internet consente di aprire la strada a nuove forme di fruizione della musica: è possibile acquistare legalmente la canzone preferita pagandola pochi dollari, oppure giovani gruppi musicali che non possono permettersi il processo di produzione e commercializzazione di un Cd musicale, hanno la possibilità di far conoscere a tutti la propria musica inserendo i propri file audio in un sito. 
E’ allora probabile che il mercato discografico che si appoggia attualmente sui distributori e sui negozi sia in breve soppiantato dalla possibilità di ricevere e registrare su CD a casa propria.
La qualità sonora del formato MP3 deriva dalla possibilità di campionare il suono ad una frequenza di 44100 Hz (quindi oltre 40.000 rilevazioni al secondo) memorizzandone le caratteristiche per i due canali su numeri di 16 bit.
Chi già dispone di un computer multimediale può con semplici strumenti software gestire audio in formato MP3; per la semplice riproduzione di brani è necessario utilizzare un “player” cioè un programma di riproduzione, chi volesse invece creare brani in MP3 avrà necessità di un “encoder” che trasformi i file Wav in file MP3 e, se l’audio originale proviene da un CD, anche di un “ripper” programma che estrae l’audio dal CD direttamente in formato digitale.
Il modo per procurarsi tali programmi può essere quello di cercarli in Internet (vedi riquadro) o tra il software offerto su Cd-Rom da varie riviste nelle edicole, ma vediamo praticamente come effettuare una registrazione audio in formato digitale.
Se la sorgente è un registratore a cassette, un giradischi, una radio o altro è necessario collegarla con un cavo alla presa “line in” che si trova sul retro del computer accanto a quella “speakers” cui sono collegate le casse acustiche, mentre ovviamente per registrare da un Cd audio non serve alcun connettore.
Nel vostro computer troverete facilmente qualche programma per la gestione della scheda audio, nel caso di una delle schede più diffuse la Sound Blaster si chiama “Wave studio”, che permette, con comandi visivamente simili a quelli di un registratore, di registrare su di un file audio in formato *.wav il brano prescelto.
Probabilmente riascoltando con un “wave player” il brano digitalizzato, la qualità audio non sarà soddisfacente e si potrà riprovare con una più accurata regolazione dei volumi e delle opzioni di registrazione, ma alla fine otterremo un buon risultato sonoro ma un file *.wav di dimensioni notevoli. 
E’ a questo punto che entra in gioco il programma “encoder” che trasformerà il nostro brano in formato Wav nel più sintetico e meno voluminoso formato MP3, naturalmente senza decadimento delle caratteristiche di qualità sonora. 
Se si possiede un masterizzatore è ora possibile trasferire il file su di un CD vergine e successivamente aggiungere altri brani con il medesimo procedimento fino al raggiungimento della massima capacità del CD che è di 680 Mb ma, espressa in tempo di registrazione musicale, è di circa 9 ore!

alfabetizzazione informatica

L’anno scorso negli Stati Uniti si sono venduti più computers che televisori, e più computers che automobili; per la prima volta nella storia il volume di corrispondenza scambiata via e-mail ha superato quello della corrispondenza scambiata via fax o telex o con altri metodi tradizionali, e sempre per la prima volta nella storia sulle linee telefoniche americane sono transitate più comunicazioni digitali fra computers che comunicazioni vocali fra umani. 
Nel nostro Paese l’interesse verso l’informatica e le sue potenzialità è piuttosto alto, ma mancano quasi completamente le conoscenze di base: incredibile a dirsi, stiamo per arrivare al cambio di secolo (e di millennio) in una condizione di quasi totale analfabetismo di massa. 
Paesi per altri aspetti molto più indietro di noi hanno intravisto il pericolo e si stanno attrezzando di conseguenza: in Malaysia si insegna a usare il computer già nelle scuole elementari (materia obbligatoria), le Filippine stanno lanciando un programma di alfabetizzazione informatica di base che dovrebbe coinvolgere nei prossimi quattro anni quaranta milioni di persone su poco più di settanta (in pratica, tutta la forza lavoro). 
In Italia c’è un bisogno direi quasi disperato di iniziative che permettano di alzare il livello di alfabetizzazione telematica del nostro Paese, e attivare una (cento) “presenze” italiane su Internet è certamente uno dei mezzi per “fare” e diffondere cultura (nel senso più ampio del termine) e per ridurre quindi il divario che tende sempre più a crearsi fra l’Italia e i Paesi avanzati nostri concorrenti. 
Non è una questione secondaria: noi tutti andiamo verso un futuro dove la competitività fra sistemi-Paese sostituirà la competitività fra singoli gruppi economici, e uno dei fattori che renderanno un Paese più o meno competitivo rispetto agli altri sarà proprio il grado di diffusione e di utilizzo dei sistemi ad alta tecnologia. È come per la società industriale di inizio secolo, basata sul carbone e sull’acciaio: uno dei fattori che hanno determinato l’ascesa di alcuni Paesi e la stagnazione o il declino di altri è stato proprio il livello culturale complessivo della popolazione, e quindi la disponibilità in numero adeguato di tecnici, dirigenti, operai all’altezza delle sfide poste dall’esplodere della civiltà industriale. Oggi è lo stesso: se non sapremo mantenerci al passo con l’evoluzione tecnologica e dei mercati faremo la fine del vaso di coccio fra tanti vasi di ferro, esattamente come è successo all’Italia essenzialmente contadina di inizio secolo, caratterizzata da percentuali di analfabetismo elevatissime, surclassata da Nazioni più avanzate come l’Inghilterra, la Germania e gli Stati Uniti. È vero che nella seconda metà del secolo abbiamo recuperato parecchio terreno ma resta il fatto che ancora oggi il gap rispetto ai Paesi di più antica industrializzazione è nettamente avvertibile, non solo in termini di capacità produttiva e commerciale, ma anche in termini di qualità complessiva della vita nel nostro Paese. 
L’Italia è tuttora molto indietro rispetto agli altri Paesi industrializzati nel campo delle telecomunicazioni e della telematica. Manca tuttora un qualcosa di simile a quel processo che ha portato alla creazione del “circolo virtuoso” che ha permesso la nascita negli Stati Uniti (ma in parte anche in alcuni Paesi europei e asiatici) di una struttura economica basata sulle tecnologie digitali.